Questo post è stato pubblicato l'8 novembre, il giorno della disfida totale tra Hillary Clinton, in arte Billary per il connubio strettissimo con il marito e presidente USA dal 1993 al 2000, e Donald Trump che ha poi vinto anche in Stati di tradizione democratica, riuscendo così a diventare, contro ogni previsione, il 45° presidente degli Stati Uniti d'America. In questo post c'è una previsione sul superamento del rendimento del BTP decennale della soglia psicologica del due per cento, superamento che avverniva nella realtà tre giorni dopo che la previsione è stata effettuata ma è diventata stabile in queste ultime settimane che hanno visto anche lo spread ballare pericolosamente intorno a tale soglia molto psicologica nonostante i ripetuti interventi della BCE, mentre quella sulla molto probabile vittoria di Trump, formulata dentro di me nel mese di agosto è rimasta nella tastiera perché la sola idea mi faceva, e mi fa, troppo male!
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In diverse puntate del Diario della crisi finanziaria ho parlato dei sondaggi molto articolati sui possibili esiti dell'oramai prossimo referendum costituzionale italiano che si terrà il 4 dicembre commissionati dalle più importanti banche globali con sede al di là e al di qua dell'Oceano Atlantico, mentre non so nulla di quello che stanno facendo in materia le più importanti banche asiatiche, anche se credo che si offrano di versare un obolo alla potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs piuttosto che alla J.P. Morgan di Jamie Dimon (la banca che, insieme a Deutsche, è considerata dal Dipartimento di Giustizia a stelle e strisce come la maggiore responsabile della Tempesta Perfetta e, più in particolare, della sua prima fase che va dall'estate del 2007 alla fine del 2009) per avere i risultati dei sondaggi da queste commissionati e che, secondo indiscrezioni di stampa, vedrebbero le possibilità di successo del fronte del No nettamente superiori a quelle del fronte del Sì con una percentuale che non indica l'esito elettorale, ma semplicemente le probabilità che questo sia appannaggio di un fronte piuttosto che dell'altro, successo che si verifica con la prevalenza sul fronte avversario anche per un voto, quindi, per capirci, dal 50 per cento più uno in su.
Questi sondaggi, o almeno le loro versioni di base, furono realizzati prima di tre fattori, a mio avviso fondamentali e che sono: la composizione molto "sociale" della Legge di Bilancio, la recrudescenza del tutto inattesa dei movimenti sismici nella area centrale del nostro Paese e che coinvolge quattro regioni e, ultimo ma non certo per importanza, il nuovo e molto più duro e determinato atteggiamento del Governo italiano nei confronti della Commissione europea, se non nei confronti dell'Unione europea in quanto tale.
Come ho scritto più volte, la mia fiducia nei sondaggi si è definitivamente infranta sullo scoglio delle elezioni europee del maggio 2014, tornata elettorale che frustrò le speranze dei socialisti europei che videro sfumare quella vittoria che pure era accreditato da tutti i pronostici, ma una incapacità dei sondaggi di fotografare le intenzioni di voto degli italiani rispetto a quell'appuntamento elettorale che fu realmente clamorosa, perché da un sostanziale pareggio intorno al 30 per cento tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, il crudo responso delle urne fu 41 per cento circa al PD e 21 per cento a M5S, un divario di venti punti percentuali che fu determinante nel quasi pareggio tra socialisti e popolari in Europa e che, purtroppo, non indusse alcuno tra i celebri sondaggisti nostrani a cambiare mestiere, né tantomeno tale scelta fecero i giornalisti che su quei numeri costruirono teorie e quant'altro!
E' dal 2007 che ripeto che i miei due fari nella Tempesta Perfetta sono stati George Soros e Warren Buffett, ma la mia guida spirituale è stata senza alcun dubbio il mai troppo compianto John Maynard Keynes, l'unico economista che trasformò i tragici eventi del 1929 e della Grande Depressione in un approccio teorico che, ove applicato correttamente, consente di evitare simili accadimenti e così è stato fino a che un coacervo di irresponsabilità e di avidità all'ennesima potenza ci hanno spinto alla più grave crisi di liquidità dal secondo dopoguerra mondiale.
Ma vi è una dura lezione che lo stesso Keynes pagò nel corso della sua vita, quando perse i risparmi suoi e gran parte di quelli della sua famiglia di origine speculando sul cross GBP/Dmark, cioè sterlina contro marco tedesco e lo fece basandosi su astrusi calcoli teorici, per poi scoprire a sue spese di non aver tenuto conto delle aspettative dei soggetti che determinavano quel rapporto di cambio e che gli stessi era individui in carne ed ossa con le loro aspettative più o meno razionali.
Dopo quella "scoperta" guadagnò quello che volle e, nel mio piccolo, ho cercato di seguire questa lezione investendo piccole somme sull'azionario statunitense e poi su un titolo rappresentativo di un indice giapponese e ne uscii molto bene sia sui prezzi che sul cambio, anche se decisi di non riprovarci mai più.
Ma è con questa lezione nella mente e nel cuore che, dopo la notizia di questi sondaggi sul voto italiano prossimo venturo fatti al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico che misi sotto osservazione il BTP italiano, ma non tanto sotto il profilo dello spread, ma sotto quello del rendimento del titolo stesso, e la mia attenzione crebbe quando, dopo gli attacchi della Germania e dei suoi vassalli, si è diffusa un attesa di una non proroga, o di una proroga di soli sei mesi con riduzione dell'importo già dal mese di gennaio di quel Quantitative Easing che forse non sarà stato all'altezza delle aspettative iniziali, ma che ha consentito a tutti i Paesi membri dell'Eurozona grandi risparmi in materia di interessi sul debito pubblico, ma tant'è che da questi due episodi il rendimento del decennale italiano, giunto nei momenti migliori del QE della BCE ad oscillare di poco sulla soglia psicologica dei 100 punti base nei confronti del Bund, lunedì di questa settimana ha cercato di sfondare la soglia dei 170 bp, dopo la quale si va dritti, dritti a testare la soglia dei 200 punti.
La lezione di Keynes afferma che quando ragione e dati fattuali vanno in una direzione e le aspettative più o meno razionali del mercato in un'altra è molto meglio accettare la situazione e prepararsi al peggio!