lunedì 25 ottobre 2010

Sarà la Cina a restare con il cerino acceso?

E dire che ci avevo quasi creduto al fatto che gli Stati Uniti d’America volessero cambiare le regole del commercio internazionale e che lo volessero fare rispolverando addirittura la vecchia idea di John Maynard Keynes di porre rigidi limiti quantitativi agli avanzi e ai disavanzi, puntando, pena severe sanzioni, a portarli addirittura a zero.

Ovviamente, la proposta di Timothy Geithner, ministro del Tesoro di Obama, ha ricevuto una sonora pernacchia, anzi il G20 ha partorito una proposta di combattere le svalutazioni competitive, quasi non si sapesse che il vicino di tavola di Tim, l’ineffabile Bernspan, sta praticando una cosa che si chiama quantitative easing, acquistando titoli di stato americani a breve e a lunga scadenza e lo fa stampando moneta a rotta di collo, una manovra che determina l’aumento del prezzo dei titoli e una correlativa riduzione dei rendimenti, così come dovrebbe portare a livelli ancora più bassi il valore del biglietto verde.

La reazione a tale manovra a stelle e strisce è stata un afflusso di capitali senza precedenti verso i paesi emergenti, un fenomeno ben testimoniato dall’innalzamento degli indici delle borse di quei paesi e dal balzo in avanti del cambio delle rispettive valute.

Pensate voi a come devono stare in questo le autorità monetarie della repubblica popolare cinese, sedute su una montagna di riserve convertibili pari a 2.650 miliardi di dollari, gran parte dei quali rappresentati proprio da depositi in dollari e da titoli del Tesoro statunitense suddivisi tra scadenze a breve e a lungo e lunghissimo termine, persone che in questo momento sono letteralmente terrorizzate dalla possibilità di una svalutazione verticale del dollaro che li porterebbe ad avere titoli che rendono sempre meno e ingenti perdite in conto capitale determinate dal cambio del dollaro rispetto alle altre due principali valute del mondo, euro e yen, una svalutazione in parte già avvenuta nei confronti della valuta nipponica e con ulteriori margini di deprezzamento nei confronti di quella europea.

Ma, come in ogni gioco complesso che si rispetti, non mancano le contromosse e banche centrali e singoli investitori stranieri stanno dando letteralmente l’assalto ai Treasury Bonds e ai Treasury Bills (con acquisti quantificabili in poco meno di 2.000 miliardi di dollari), contribuendo così a deprimerne i rendimenti e a rialzarne i corsi e producendo una controspinta sul valore del dollaro, determinando così una sorta di corsa al massacro nella quale qualcuno rischia di rimanere inevitabilmente con il cerino acceso e molti pensano che a trovarsi in quella triste condizione sarà proprio la Cina!