giovedì 15 dicembre 2016

L'ago acuminato della Yellen farà scoppiare le bolle a stelle e strisce?


Il Federal Open Market Committee della Federal Reserve statunitense presieduto con piglio una volta tanto deciso da Janet Yellen ha deliberato ieri, e credo proprio all'unanimità, di alzare il tasso di rifinanziamento allo 0,50 per cento dallo 0,25 precedente e il tasso ufficiale di sconto presso la riserva federale allo 0,75 per cento dallo 0,50 in vigore dal dicembre del 2015, si tratta del secondo aumento dall'inizio della crisi finanziaria ed è accompagnato da previsioni al rialzo della crescita a stelle e strisce per l'anno in corso e per quello successivo e da previsioni al ribasso del tasso di disoccupazione, di per sé a livelli già infimi e vicini alla cosiddetta disoccupazione frizionale che la teoria economica colloca a valori intorno al 4 per cento.

Nonostante abbia reclamato a gran voce una politica monetaria più incisiva nel corso della di per sé infuocata campagna elettore per le presidenziali, Donald Trump ha poco da essere felice perché nel comunicato si parla di ulteriori aumenti dei tassi nel 2017, che in quanto ad anno di disgrazia promette di competere con l'anno in corso, che, a questi ritmi di aumento, porterebbero i tassi  all''1,25-1,50, per poi assestarsi al 3-3,25 a fine corsa nel 2018, anno in cui scade anche la presidenza della Yellen che, a quel punto potrebbe giustamente dire a sé stessa: mission accccomplished! con buona pace delle prospettive di crescita fantasmagoriche del prodotto interno lordo statunitense promesse a gran voce dall'improvvido Donald.

Il problema è che il mercato finanziario, almeno nella sua componente più speculativa che poi è quella largamente maggioritaria almeno al di là dell'Oceano Atlantico, sa fare bene di conto, quel livello del tre per cento per il tasso di rifinanziamento lo introietta sin da subito, l'impatto sulle tre bolle più rigonfie: l'azionario americano con i suoi record a ripetizione e quella mitica soglia di 20 mila punti per il Dow Jones distante solo pochissime decine di punti; il mercato immobiliare e quello delle materie prime energetiche drogato dal recente accordo tra paesi OPEC e alcuni paesi esterni a questa molto potente organizzazione, ebbene tutte e tre queste bolle e/o bollicine rischiano di scoppiare contemporaneamente con effetti che si riprodurranno istantaneamente sulle altre bolle sparse nell'orbe terraqueo, Repubblica Popolare Cinese ovviamente e totalmente inclusa, in particolare per la gigantesca e molto marcescente bolla del credito che rischia di propagarsi immediatamente al molto assistito dalla politica e dal credito apparato industriale cinese, per altro apertamente minacciato dai muri che si stanno elevando e non solo negli Stati Uniti d'America di Donald Trump!

Il bello è che questa dell'inasprirsi della politica monetaria a stelle e strisce non è uno di quei cigni neri di cui da un po' di tempo si favoleggia, ai miei tempi si chiamavano wild cards, perché se c'è una cosa che si può rimproverare alla Yellen e ai suoi compagni della Fed è quella di avere ritardato all'inverosimile l'inevitabile di fronte ad una crescita statunitense oramai del tutto evidente e un mercato del lavoro del tutto effervescente, testimoniato ampiamente dal Non Farm Payrolls e dai Jobless Claims, tutte cose di cui da ora in poi vi renderanno edotti giornalisti, analisti e commentatori a un tanto al chilo!

1 commento:

Anonimo ha detto...

La crescita degli USA è una favoletta: guardando il grafico dei food stamps non si direbbe che l'economia USA stia rialzando la testa visto che a parte i servizi (malpagati) e l'industria bellica le altre industrie USA sono morte e cioè quasi nulla di R&D e tanto buyback delle loro azioni per pagare i profitti azionari.
Se fosse vero...Trump non avrebbe vinto le elezioni, gli operai ed i contadini sarebbero tranquilli e la classe media esisterebbe ancora e tutti vivrebbero felici e contenti!