martedì 27 novembre 2007

La mossa di HSBC mette nei guai Citigroup


Ancora una volta, le brutte notizie vengono dall’Europa, dove, dopo un avvio positivo dei listini e, in particolare, delle azioni delle principali banche europee, positivamente condizionate dall’avvio a soluzione dell’acquisto della Northern Rock da parte del Gruppo Virgin, la situazione ha cominciato a farsi pesante dopo l’annuncio del colosso britannico e prima banca europea Hong Kong Shanghai Banking Corporation di aver trasferito sui suoi conti titoli per 45 miliardi di dollari facenti capo a due suoi SIV (Structured Investment Vehicles), iniettando 35 miliardi di dollari nelle due società.

La notizia ha fatto tremare i polsi degli operatori, anche il base al fatto che nei principali 30 SIV sono allocati titoli per ben 320 miliardi di dollari ed è evidente che difficilmente le banche che li hanno creati potranno esimersi dall’imitare l’oneroso bel gesto della rivale inglese e saranno quindi, a loro volta, costretti a prendere il possesso diretto di titoli che attualmente quotano anche il 20 per cento del loro valore nominale.

E’ altresì utile ricordare che, secondo un report di un analista facente capo al gruppo BNP Paribas, il totale dei titoli presso Conduit e SIV ammonterebbe, a livello globale, ad un valore nominale pari a 2.700 miliardi

D’altra parte, è proprio per realizzare soluzioni alternative a quella seguita da HSBC che sia negli Stati Uniti che, in questi giorni, in Europa si sta lavorando a creare dei fondi che si facciano carico della massa sterminata di titoli che sono in possesso diretto delle banche o sono allocati presso SIV e Conduit, per un ammontare complessivo che difficilmente è inferiore ai mille miliardi di dollari.

Così come desta preoccupazione la notizia che, secondo un organismo finanziario sovra nazionale, le perdite stimate sui soli credit default swap sarebbero nell’ordine di oltre 700 miliardi di dollari, mentre gli investitori impegnati nell’attività di carry trading stanno precipitosamente chiudendo le loro posizioni debitorie sullo yen, sia per l’apprezzamento della valuta giapponese già verificatosi che per le previsioni che vedono vicino il livello di 100 yen per dollaro.

Per tornare ai problemi della gente comune, è sempre di ieri la notizia che Citigroup, ancora alla ricerca di qualcuno che voglia prendersi la responsabilità di guidare il colosso creditizio fuori dalle secche in cui l’ha portato la gestione dissennata degli ultimi anni, ha intenzione di operare una bella sforbiciata agli organici, si parla di 45 mila licenziamenti e non si sa se la cifra include il taglio di 17 mila persone già annunciato in precedenza, senza al contempo annunciare una riduzione degli stipendi dei top manager e dei semplici manager o l’annullamento dei bonus e superbonus previsti per l’anno in corso.

Che la situazione stia entrando in una fase più acuta lo dimostra, peraltro, il fatto che, nonostante il fermo comunicato della Banca Centrale Europea in cui si esprimeva la volontà di fornire al mercato tutta la liquidità necessaria, anche ieri i tassi interbancari hanno percorso un altro gradino verso i massimi toccati alcune settimane orsono, cosa che non riguarda solo l’euribor ma sta avvenendo anche sui tassi interbancari sul dollaro e la sterlina inglese.

Restando ancora sul mercato del crediti in Europa, l’outing di HSBC ha spinto nettamente verso il basso l’intero comparto bancario europeo e, per quanto riguarda l’Italia, a farne maggiormente le spese è stata l’azione di Unicredit Group che tentava, da alcune sedute di riportarsi verso livelli più adeguati e che ieri ha lasciato 3,2 punti percentuali sul terreno.

L’acquisizione di Northern Rock da parte del gruppo guidato da Richard Branson presenta caratteristiche che non sono destinate a rendere felici né gli azionisti né la Bank of England, in quanto ai primi verrà offerto il prezzo nominale dell’azione pari a 25 pence, un quarto di quanto quotava oggi, mentre alla BoE, per il momento, Branson restituirà poco più di un terzo delle somme ricevute a titolo di finanziamento straordinario dalla banca per evitare l’onta del default.

Se le cose si sono messe oggi male per le banche europee, ancora peggio è quello che accadute alle banche statunitensi che, accomunate dal segno meno, presentano però sensibili differenze nell’entità della caduta che ha toccato anche le due cifre per Fannie Mae, Freddie Mac e per le poche banche specializzate nel settore dei mutui che ancora non hanno chiesto la protezione delle procedure fallimentari.

Per la prima volta, poi, anche nell’after trading, fase nella quale gli investitori istituzionali la fanno da padroni, è continuata, fatte salve poche eccezioni, la fase discendente dei titoli finanziari, mentre ieri è stata realmente la giornata dei Treasury Bonds, con la scadenza decennale salita al punto da portare il rendimento al livello del 3,86 per cento.

Stranamente, tarda il dato di ottobre sulle procedure di espropriazione delle case dei mutuatari in ritardo con le rate del mutuo, una procedura che, nei soli ultimi quattro mesi, ha riguardato oltre 600 mila famiglie ed oltre 400 mila abitazioni, anche se le previsioni sul dato sono poco ottimistiche.

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