giovedì 9 aprile 2009

Geithner la fa grossa e propone di salvare, sempre con i soldi dei contribuenti, anche quattro compagnie di assicurazione!


Quando ho letto la notizia ieri stentavo a crederci, anche se questi venti mesi di tempesta perfetta mi hanno davvero abituato a tutto, ma non sarei mai giunto a immaginare che il nuovo ministro del Tesoro nominato dal nuovo presidente degli Stati Uniti d’America giungesse alla sfacciataggine di prevedere l’utilizzo di quel che resta dei 700 miliardi di dollari previsti dal TARP per iniettare fondi pubblici anche in favore delle maggiori compagnie di assicurazione statunitensi, compagnie del calibro di Metlife, Prudential e altre due comprimarie, compagnie che, molto probabilmente, sono esposte come controparte nel disastro dei Credit Default Swaps in analogia con il comportamento di AIG che, a causa della sua folle esposizione sui CDS, ha reso necessaria la nazionalizzazione e il salvataggio a spese dei contribuenti americani, un salvataggio che come ho ripetutamente scritto era volto a non lasciare fallire le principali banche statunitensi e un bel po’ di banche europee e asiatiche a carattere più o meno globale.

Mentre si sono perse le tracce dell’indagine disposta dal nuovo sceriffo di New York, Andrew Cuomo, sulla sospetta celerità con la quale la nazionalizzata AIG ha rimborsato la potente e molto preveggente Goldman Sachs e oltre venti altre banche basate sulle due sponde dell’Oceano Atlantico, questa nuova mossa di Timothy Geithner non ha neanche l’alibi di muoversi sul solco di quelle messe in atto dall’ex (?) investment banker Hank Paulson, l’ex ministro del Tesoro del quale si sono perse le tracce dopo che ha lasciato il palazzo che ospita quel dicastero in quel di Washington, District of Columbia!

Ma non si arriva dove è arrivato Tim se non si ha almeno una motivazione adatta ai facili palati dei giornalisti alquanto embedded alle truppe corazzate di Big Finance, una motivazione che è, in realtà, poco più di una foglia di fico e che consiste nel fatto che, in analogia con quanto è accaduto in autunno per le Investment Banks, queste quattro compagnie di assicurazione hanno acquisito lo status di holding bancarie in quanto hanno acquisito, forse solo a tale scopo, qualcuna delle banche finite sotto le cure della Federal Deposit Insurance Corporation, banche che devono essere proprio di piccole se non infime dimensioni, perché tutte quelle grandissime, grandi e medie risultano essere state acquisite dalle principali banche statunitensi o, nel caso di Indymac, da un private equità controllato da George Soros e Michael Dell, mentre l’unica holding assicurativa a vantare partecipazioni in grandi banche risulta essere la Berkshire guidata dal leone di Omaha,Warren Buffet, che, guarda caso, non rientra nell’elenco reso noto da ambienti del Tesoro statunitense.

Insomma, quella a cui stiamo assistendo è la più strana forma di ritorno alla regulation mai vista, anche perché, dal passaggio dal mark to market al mark to fantasy, dalla trasformazione gattopardesca delle due sole investment banks sopravvissute alla scomparsa delle altre tre in commercial banks (una trasformazione avvenuta senza che si dotassero di filiali e agenzie, nonché di cassieri), per non parlare del tentativo di porre le perdite derivanti dai titoli più o meno tossici della finanza strutturata quasi integralmente sulle spalle dei già disperati contribuenti a stelle e strisce, stiamo assistendo, in realtà, ad una deregulation forse ancora più selvaggia di quella che ha preso le mosse a metà degli anni Ottanta per vivere il suo momento di maggior splendore negli otto anni nei quali l’inquilino della Casa Bianca si chiamava Bill Clinton e i suoi ministri del Tesoro più attivi sono stati Robert Rubin, poi premiato con un incarico strapagato in Citigroup e quel Larry Summers che ha ricevuto milioni di dollari da importanti hedge funds statunitensi!

Penso proprio che stavolta Geithner l’abbia fatta talmente grossa che difficilmente la sua dorata ciambella riuscirà con il classico buco, una sensazione che sembra condivisa anche dagli operatori e dagli investitori, in quanto, dopo una clamorosa fiammata iniziale, le quotazioni delle compagnie in odore di beneficio statale sono tornate più o meno ai livelli del giorno precedente, non fosse altro che per le difficoltà tecniche e politiche del possibile salvataggio, nonché per il fatto che la stessa ipotesi ha chiarito ai più che molto probabilmente sono nei guai molto, ma molto più di quanto si ritenesse in precedenza.

Lasciando l’America agli americani, vorrei volgere l’attenzione alle conseguenze sull’Unione europea del molto surreale vertice del G20/G21 da poco svoltosi a Londra, un summit che ha visto la ricomposizione della posizione statunitense e di quella britannica, nonché lo scoperto tentativo di Obama di dettare l’agenda europea, nonché di redigere la lista dei paesi membri prossimi venturi, Turchia in testa, una mossa talmente spudorata, per quanto ben supportata da molti paesi membri, da suscitare le ire del focoso presidente francese, Nicolas Sarkozy, nonché il gelo della cancelliera tedesca, Angela Merkel, due che di ulteriori e alquanto anomali apparentamenti non vogliono neanche sentirne parlare, anche se si rendono entrambi conto che gli allargamenti precedenti del club europeo sono in sé la premessa degli ulteriori allargamenti previsti e che potrebbero prevedere anche l’inclusione della Repubblica Russa e di qualcuna delle repubbliche partorite dalla dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche!

Il voltafaccia di Gordon Brown ha gettato nella costernazione sia la Francia che la Germania, mentre l’unico a essere davvero felice degli sviluppi sembra essere il per la terza volta presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, uno che, fosse per lui, non vorrebbe intorno al tavolo solo Putin o Erdogan, ma anche il presidente kazako, il Colonnello Muammar Gheddafi, mentre farebbe fare un po’ di anticamera all’Iran e alla Siria, mentre quello che non riesce proprio a mandare giù è l’esclusione dello Stato di Israele, anche se si rende conto che, a questo mondo, non è sempre possibile ottenere tutto.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog