venerdì 22 aprile 2011

Oro, petrolio...

Dopo una virata alquanto brusca verso il basso, i prezzi del petrolio sono tornati a crescere riportandosi negli Stati Uniti intorno a 112 dollari al barile, mentre l’oro giallo è oramai stabilmente da qualche seduta nell’area dei 1.500 dollari l’oncia, una quotazione quest’ultima che la dice lunga sulle preferenze di quanti, e sono tanti, si sono bruciati le dita investendo nei vari titoli della finanza strutturata o in azioni a causa degli alti marosi della tempesta perfetta, in particolare nel periodo che va dall’autunno del 2007 alla primavera del 2009.

Sul petrolio aveva giocato un documento della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs che aveva reso noto che i livelli previsti dai suoi analisti erano stati superati, girando presumibilmente le posizioni a danno dei pesci piccoli che continuano a muoversi attorno alle corazzate della finanza, per poi rigirarsi nuovamente in un’ottica rialzista ricominciando a macinare profitti spesso a danno di quelli che avevano creduto ad una svolta effettiva del mercato.

Il problema resta sempre quello dello stato delle finanze pubbliche al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico, anche se anche il Giappone sotto questo profilo non se la passa gran che bene, un problema che è esploso in tutta la sua evidenza per alcuni paesi dell’area dell’euro e sta colpendo ora anche gli Stati Uniti, con Obama che sta iniziando la sua campagna elettorale proprio dal disastro dei conti pubblici e dalla sua diversa ricetta per uscire da questa situazione rispetto a quella con l’accetta propugnata dai repubblicani e dai tea parties.