lunedì 30 gennaio 2017

Le conseguenze economiche di Donald Trump


Quando ho come tutti ascoltato le boutade di Donald Trump nel corso della lunghissima e alquanto sanguinosa campagna elettorale per le presidenziali statunitensi, ho pensato che buona parte di quelle affermazioni si sarebbero dissolte quando, come purtroppo avevo previsto qualche mese prima dell'epilogo, il nostro sarebbe approdato alla Casa Bianca e si sarebbe dovuto misurare con gli effetti delle misure da lui propugnate a voce alta nei comizi, situazioni in cui andava alla grande a differenza di quanto è avvenuto nei tre confronti diretti che hanno visto, seppur di diversa misura prevalere Billary Clinton, cosa che era avvenuta anche nei confronti con gli altri candidati repubblicani alla nomination.

Vorrei tentare di spiegare il motivo principale che ha determinato la vittoria in tre stati chiave, tradizionalmente democratici e iper sindacalizzati, ma che, a causa della globalizzazione, hanno visto chiudere numerosi stabilimenti con la conseguente perdita di posti di lavoro ben retribuiti sostituiti, nel corso dell'era Obama, da posti precari e mal retribuiti, un duro colpo alla classe media che si è assottigliata in favore del lumpenproletariat arrabbiato con Washington e tutto quello che gli grava attorno e che vedeva in Billay (unione dei due nomi di Bill e Hillary) una delle protagoniste della deregolamentazione, della finanziarizzazione e della delocalizzazione di parte di quell'industria automobilistica americana che ha visto nei bassi salari messicani una scorciatoia per uscire da una crisi che avevano evitato soltanto grazie ai forti aiuti statali dell'era Obama, una crisi per uscire dalla quale non bastavano le forti concessioni fatte dall'onnipotente sindacato del settore, concessioni che non consentivano comunque alle tre Big dell'auto a restare competitive nel mercato statunitense e in quello globale.

Fatta questa premessa, devo dire che mi ero sbagliato sulla moderazione insita nella carica, perché Donald è sembrato sin da subito la cerimonia di inaugurazione del quadriennio alla Casa Bianca come un toro davanti al quale qualcuno dei suoi collaboratori sventola un drappo rosso, ragione per la quale ha immediatamente emanato un decreto presidenziale per l'edificazione del muro con il Messico con annesse ritorsioni nei confronti delle merci di quel paese che verosimilmente verranno gravate di un 20 per cento di dazi, cosa che colpirà più di tutte le migliaia di aziende statunitensi insediatesi in quel grande e popoloso paese che, ad una amplissima presenza di regolari affianca irregolari stimati in undici milioni di persone e per le quali ultime si prepara una dura stagione di rimpatri (anche questa presenza, come quella di tutti gli irregolari, è vista come il fumo negli occhi dalla aristocrazia operai a stelle e strisce e dal sottoproletariato di quel grande e potente paese).

Ma di decreti Donald ne ha scritti tanti e tanti ne ha nella sua inesauribile penna e riguardano i diritti civili, il sostegno all'industria petrolifera e delle altre materie prime energetiche, l'uscita dal non ancora avviato TTIP, la prossima impugnazione del NAFTA, del libero scambio con i paesi dell'Asia e dei trattati con l'Unione europea (anche in questi casi è previsto un effetto boomerang pazzesco per le imprese americane stabilitisi in queste aree del mondo) e per tutti si parla di una misura di dazio del 20 per cento, misura che, se approvata, verrà praticata contro le merci USA dai paesi colpiti, per non parlare delle ritorsioni sul piano finanziario con i 2.500 miliardi di dollari in TBonds posseduti dai soli Cina e Giappone.

Dal punto di vista macroeconomico, la politica economica di Trump prevede gravi fiscali concentrati sulle imprese e una politica di lavori pubblici che unite insieme porteranno un forte incremento sia del deficit federale che del debito su cui già incombono le possibili ritorsioni di Cina e Giappone di cui parlavo di sopra, mentre non è chiaro quello che accadrà nell'area mediorientale, con particolare riferimento all'Arabia Saudita e ai paesi del Golfo.

Tornerò su questo argomento in seguito ma segnalo la precedente puntata sulla prossima abolizione della Dodd-Franck Act per gli effetti devastanti sulla stabilità e la sicurezza del sistema finanziario a stelle e strisce e di quello globale! 

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