giovedì 17 gennaio 2008

Chi brinda e chi piange a Wall Street


La più che prevedibile tenuta dei conti di J.P. Morgan-Chase nel quarto trimestre 2007, con una flessione degli utili cifrabile in poco più di un terzo nei confronti dello stesso periodo del 2006, svalutazioni per appena 1,3 miliardi di dollari e accantonamenti per 2,54 miliardi in gran parte legati al credito al consumo, rappresenta la rivincita di un modo più tradizionale di fare banca rispetto a quello dominante tra i principali e inguaiati concorrenti, banche e finanziarie che ormai più che credito facevano da intermediari tra clienti sempre meno conosciuti e investitori a caccia di alti rendimenti.

Non è, quindi un caso se, anche un po’ zavorrata dai dati dell’ultimo trimestre, la banca che ha visto confluire le fortune dei nipotini del mitico Pierpoint Morgan e quelle della casata Rockfeller ha archiviato un’annata record sia sotto il profilo degli utili che sul fronte dei ricavi (la banca ha registrato utili per 15,4 miliardi di dollari, ricavi per 71,4 miliardi e un dividendo per azione pari a 4,38 dollari).

La chiave esplicativa della maggior tenuta dell’entità erede delle due storiche banche statunitensi è data dalla sua nota ritrosia nell’impegnarsi nella versione spinta del processo di cartolarizzazione dei crediti e relativa esternalizzazione dei rischi, grazie ad un approccio che privilegia il mantenimento di crediti e ricavi nell’ambito delle ampie mura domestiche e questo, forse, anche per l’esperienza tramandata da John Pierpoint Morgan che ancora viene ricordato come l’uomo che salvò la borsa di Wall Street e mise di fatto fine alla tempesta perfetta del 1907, anche se poi subì l'amarezza di un'indagine del Congresso volta a stabilire le sue responsabilità in quelle drammatiche vicende per l'allora a cerbo mercato finanziario statunitense non ancora vigilato da una banca centrale, in quanto la Federal Reserve fu istituita solo successivamente.

La consapevolezza che quella di J.P. Morgan-Chase rappresenta solo una parentesi della tempesta perfetta ha impedito al mercato di brindare e, infatti, ieri si è archiviata la sesta seduta negativa a Wall Street su sole undici giornate di contrattazione dall’inizio dell’anno, una serie negativa che ha già determinato l'annullamento dei guadagni conseguiti dagli indici nell'intero 2007, anche se si sono registrate variazioni meno negative di quelle registrate il giorno precedente.

Le maggiori preoccupazioni, oltre che da un tasso di crescita dei prezzi al consumo che si colloca, nel 2007, ai massimi degli ultimi 17 anni (+4,1 per cento), vengono dal fronte delle assicurazioni monoline statunitensi, le compagnie prevalentemente impegnate nel fornire garanzie alle emissioni obbligazionarie, con i due colossi MBIA e Ambac che presentano flessioni record delle rispettive azioni, flessioni che si collocano all’82 per cento per la prima e all’87 per la seconda rispetto ai massimi delle ultime 52 settimane, mentre ieri Ambac ha lasciato sul terreno poco meno del 40 per cento del valore segnalato il giorno precedente, mentre MBIA è riuscita a non andare oltre una flessione del 16,5 per cento.

La cosa grave è rappresentata dal fatto che il progressivo liquefarsi dei due colossi assicurativi avviene dopo continue iniezioni di liquidità e che, proprio ieri, entrambe le entità avevano annunciato piani realizzati o in corso di realizzazione che dovrebbero consentire loro di evitare l’onta del downgrade da parte delle principali società di rating, eventualità che, sempre ieri, Fitch ha escluso, almeno con riferimento a MBIA.

Il dato relativo al CPI statunitense ricordato sopra e il livello altrettanto record dei prezzi alla produzione non impediranno a Ben Bernanke e soci di abbassare, forse in modo ancora più aggressivo che in precedenza, i tassi di interesse ufficiali, anche se prevedo che il massimo dell’aggressività riguarderà il tasso ufficiale di sconto più di quello sui Fed Funds, anche perché l’attenzione della banca centrale statunitense è certamente più rivolta ai guai delle banche che a quelli che affliggono i cittadini alle prese con le rate del mutuo a tasso variabile e con gli impegni legati alle altre forme di credito al consumo.

Ai lettori distratti che potrebbero puntare la loro attenzione sul dato relativo ai prezzi al consumo ex food ed ex energy, un dato molto più basso del CPI complessivo, ricordo quello che ebbe a dire qualche mese orsono un premio Nobel per l'economia su questa distinzione tanto cara al governo Usa ed a larga parte degli analisti, una distinzione, a suo avviso, assolutamente sciocca, in quanto la genete ha la amledetta abitudine di utilizzare l'automobile più o meno sprecona e non ha ancora perso il vizio di mangiare, anche perché memore di quello che accadde a chi, nella celebre favola, ci provò.

Come ho anticipato più volte, gli unici a non aver subito le conseguenze dell’attuale crisi finanziaria sono i top manager e i manager, almeno quelli che hanno ancora un posto, in quanto la stagione dei bonus è andata benissimo a Wall Street, si vedano, soltanto a titolo di esempio, i 6661 mila dollari medi erogati dalla previdente e preveggente Goldman Sachs (ovviamente, la distribuzione è molto meno equa di quanto indichi il dato medio, in quanto si va dai 65-70 milioni di dollari attribuiti all'attuale numero uno Blankfein alle poche migliaia di dollari dell'ultimo addetto), mentre flessioni marginali si registrano per i 350 mila addetti della City londinese, che hanno comunque percepito in media bonus in sterline pari all'equivalente di qualcosa più di 27 mila euro.

Pur in presenza di un sensibile arretramento dell’euro, lo yen giapponese continua a dare segni di grande forza, il che consente alla valuta giapponese di tornare a livelli non visti da molto tempo nei confronti delle altre due principali valute e anche di quella sterlina non riesce a recuperare significativamente terreno dopo la netta flessione in corso ormai da tempo e che non è certo rafforzata dalla ormai certa previsione di un nuovo taglio dei tassi di interesse e da una situazione come quella della disastrata Northern Rock che fa ormai il paio solo con la vituperata questione della monnezza campana.
Apprendo con vero piacere che, in luogo di una notte dei lunghi coltelli, l'incontro svoltosi a Milano tra Alessandro Profumo e il duo dei presidenti siciliani, l'alquanto scredito Totò Cuffaro e il preseidente della Fondazione Banco di Sicilia, tal Puglisi, ponendo le premesse per un rinnovo della convenzione ed il connesso mantenimento dei quattro posti in CdA equamente divisi tra Fondazione e regione Sicilia, anche se resta aperta la questione della testa di Salvatore Mancuso, reo di aver violato le regole di governanca della capogruppo, anche se sembra essere in salvo il neo direttore generale, Giuseppe Lopes, mentre, come aveva peraltro proposto lo stesso Mancuso, all'altro direttore generale, il piemontese Roberto Bertola, ancdrebbe la carica di amministratore delegato.
In conclusione, si è lasciato spazio a quella saggezza e a quella moderazione che è stata la caratteristica distintiva del lungo e faticoso, peraltro non concluso, processo di concentrazione dell'industria bancaria italiana.

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