giovedì 24 marzo 2016

Cosa sta accadendo alle banche venete?


Mi sono già occupato, nella seconda puntata sulla vigilanza europea sulle banche italiane, delle vicende della Banca Popolare di Vicenza, costretta da una lettera intimatoria della BCE a prevedere la trasformazione in società per azioni, la quotazione in borsa e un congruo aumento di capitale, ma il problema riguarda anche un'altra popolare presente sul territorio veneto, Veneto Banca, che ha tutta una serie di somiglianze con la banca un tempo guidata dal viticoltore Zonin, nonché il piccolo particolare che, insieme, hanno perso negli ultimi anni la bella cifra di 4 miliardi di euro all'incirca.

Quando hanno conferito un valore alle loro azioni, ovviamente non quotate nei listini principali, le due banche, come ricorda Stefano Righi sul Corriere della Sera, si sono rivolte a professionisti esterni che hanno stilato una perizia di parte, in questi due casi assolutamente di parte, sul valore della banca, valore che poi ha raggiunto nel tempo i 62,5 euro nel caso della Popolare di Vicenza e i 40,75 euro nel caso di Veneto Banca, portando la capitalizzazione massima della prima a 6,3 miliardi di euro e quella della seconda a 5,08 miliardi di euro.

Il tempo, che in questo caso è stato ben poco galantuomo, ha visto il valore delle azioni delle due banche squagliarsi letteralmente e rimanere inchiodato ai rispetti valori del diritto di recesso attribuiti all'atto dell'assegnazione a 6,3 euro per la Popolare di Vicenza e ai 7,3 euro per Veneto Banca, valori che le due banche ricorrendo allo stesso escamotage giuridico non riconoscono ai possessori delle stesse nonostante sia inferiore del 90 per cento nel caso della Banca di Vicenza e dell'82 per cento circa nel caso di Veneto Banca, ma, se ha ragione Stefano Righi, il valore vero delle azioni, quando approderanno in Piazza Affari, non si discosterà molto dal valore di un euro, centesimo in più centesimo in meno e la frittata sarà stata davvero fatta con buona pace dei risparmiatori che ci hanno creduto.

Come ricordavo all'inizio, ho scritto diversi articoli sulla occhiuta vigilanza europea svolta dalle donne e dagli uomini della BCE, ma credo che quello che è accaduto nelle ricche province del Veneto, sotto una vigilanza della Banca d'Italia che è eufemistico definire assente, è qualcosa di gravissimo e che fa il paio con il doloroso caso delle quattro banche medie recentemente dissolte, ovviamente tutte trasformate in una new bank dopo che azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre la soglia dei 100 mila euro hanno perso terzi e capitale, e fa dire che ben venga una vigilanza terza che non guarda in faccia a nessuno e non è per di più ingessata da leggi e disposizioni che facevano arrivare Banca d'Italia sempre in ritardo sugli avvenimenti.

I banchieri si lamentano spesso della reputazione di cui godono presso l'opinione pubblica, ma casi come quello dell'Euribor taroccato, l'anatocismo che rischia sempre di uscire dalla porta e rientrare dalla finestra, l'appoggio tolto alle aziende affidate al primo stormir di fronde e via discorrendo fanno dire questa lack of reputation se la sono cercata.

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