mercoledì 16 aprile 2008

Anche le volpi, alla fine, finiscono in pellicceria!


Dopo la perdita non prevista subita da Wachovia Bank, la quarta banca commerciale statunitense ed il contestuale mega aumento di capitale misto per 7 miliardi di dollari (mentre la perdita nel primo trimestre si cifra in 393 milioni contro un utile di 1,2 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2007), ieri è stata la volta di Washington Mutual, la più grande saving and loans, a dover rendere noto il non brillante stato dei suoi conti, con la differenza che la banca si era già premurata di chiedere in anticipo al mercato altrettanti 7 miliardi di dollari al mercato e che gli stessi appaiono più congrui con la perdita da 1,1 miliardi segnalata nel primo trimestre ed i 3,5 miliardi di perdite legate essenzialmente a nuove svalutazioni effettuate sui propri assetts.

Sembra proprio che il duro monito lanciato, via media, dal ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, alle banche nel corso dei poco momenti pubblici di un week end essenzialmente trascorso tra una riunione a porte chiuse del G7, le assemblee dell’FMI e della Banca Mondiale, nonché una cena superblindata che gli esponenti del gotha bancario mondiale, ha iniziato da subito a dare i suoi frutti, in quanto l’ex numero uno di Goldman Sachs aveva detto perentoriamente ai suoi ex colleghi di non sperare in nuovi salvataggi a carico della Fed, ma di attrezzarsi per chiedere soldi agli attuali ed a potenziali azionisti e di fare a tempi da record una efficace operazione di pulizia dei bilanci, sopra e sotto la linea, nonché di sbrigarsi a dire la verità, ma proprio tutta la verità sulle posizioni assunte direttamente o attraverso SIV e Conduits.

Restando, quindi, in attesa dei prossimi concomitanti annunci di perdite e richieste di mega aumenti di capitale, almeno alla luce del fatto che, secondo i soliti analisti ben informati, due sole banche di investimento dovrebbero rendere note nei prossimi giorni ulteriori svalutazioni per 15 miliardi di dollari circa, lascio immaginare ai miei pochi ma attenti lettori l’effetto diluizione che sta avvenendo a carico degli attuali e poco felici azionisti, con i suoi inevitabili riflessi sulla maggiore spartizione della torta degli utili, quando e ove mai gli stessi riemergeranno.

Non va sottovalutato, poi, l’effetto sui conti aziendali derivanti dal fatto che, sempre più frequentemente, quella che viene offerta a dosi industriali al mercato non è soltanto carta di rischio come le azioni ordinarie, ma obbligazioni convertibili a certo e spesso lungo tempo data e che garantiscono quei rendimenti stellari indispensabili per attrarre i fondi governativi arabi ed orientali, fondi che da tempo spuntano rendimenti su questo tipo di investimenti che sono multipli del rendimento medio effettivo sui bond offerti, ad esempio, da Citigroup, passata dal 7,75 per cento medio a punte del 14 per cento già nella mega operazione con i fondi asiatici di qualche mese fa.

Se non ci fosse San Bernspan ad offrire, mediante le sue discariche ormai stracolme di titoli spazzatura scaricati quotidianamente dalle banche di investimento e da quelle globali per controvalori multimiliardari in dollari, temporanee soluzioni dei problemi a tassi assolutamente risibili e spesso al di sotto di quelli ufficiali, i conti economici delle Big Five (anche l’orso di Stearns ha dovuto presentare nei giorni scorsi i suoi orribili conti, prima che venga perfezionata l’acquisizione a prezzi di assoluto saldo da parte di J.P. Morgan-Chase) e delle banche più o meno globali sarebbero già abbondantemente scassati.

Ma la vera novità resa nota ieri dall’iperattivo Henry Paulson è rappresentata dall’emersione di un documento frutto dell’intenso lavoro, in senso autoriformatore, effettuato da esponenti dei due maggiori hedge funds mondiali con la fattiva collaborazione dei banchieri di affari attualmente prestati alla politica e stretti collaboratori dell’esperto ministro del Tesoro USA, un documento che anticipa le linee di riforma dell’attività, ma soprattutto dei controlli e della trasparenza, cui questi soggetti, tra i più refrattari ad ogni forma di vigilanza ed al condizionamento derivante da norme troppo stringenti, sarebbero, il condizionale in questo caso è veramente d’obbligo, disponibili ad accettare, timorosi come sono che, al prossimo giro di giostra, Draghi decida finalmente di ricordarsi anche di loro, alla luce dello scandaloso ma lucrosissimo ruolo che, ad esempio, questi stessi soggetti stanno svolgendo in quel vero e proprio aggiotaggio nel settore delle materie prime, petrolio e gas in primis.

Già, perché alle anime belle che fingono di stupirsi ad ogni record segnato dal prezzo del petrolio sui vari mercati, tutti indistintamente ancora basati su standard espressi rigorosamente nelle sempre più liquefacentesi valuta statunitense, vorrei sommessamente ricordare che le scommesse che vengono fatte a dosi sempre più massiccie sono altrettanto rigorosamente one way, con pochi se non nulli rischi per gli operatori e gli stessi hedge funds, anche se vorrei altrettanto sommessamente ricordare loro che anche indebitarsi in yen investendo in altre valute è sembrato per lungo, direi lunghissimo, tempo il classico calcio di rigore agli attualmente disperati carry traders.

Agli speculatori di ogni ordine e rango che certo sorriderebbero di fronte a questo warning proveniente da chi scrive, vorrei ricordare che il potentissimo capo della Securities and Exchange Commission, il Signor “Volpe”, ha dovuto sconsolatamente ammettere di fronte agli infuriati senatori statunitensi che nessuno dei modelli a loro disposizione prevedeva, ad esempio, che una banca che aveva a disposizione decine di miliardi di dollari di titoli di stato di prima qualità da dare in garanzia potesse ricevere un secco rifiuto dalle sue consorelle ed essere costretta a chiedere l’intervento della Fed, che a sua volta le ha chiesto l’estremo sacrificio ad accettare di essere comprata da una banca, altrettanto di investimento ma molto più solida, a d un prezzo che inizialmente era di meno della metà del valore del solo edificio nel quale si svolgevano le febbrili consultazioni e verifiche nel corso di quella drammatica notte.

Ogni riferimento al forzato e very cheap (anche nella versione quintuplicata a 10 dollari per azione, visto che, solo un anno prima, l’azione ne valeva quindici volte tanto) merger tra l’orso di Stearns e la banca dei nipotini di Pierpoin Morgan e dei Rockfeller è assolutamente voluto, così come credo che, mutatis mutandis, si tratta di un avvertimento a tutti quelli che credono di essere sempre più furbi del mercato, delle autorità di vigilanza e di quelle addette alle regolazione di un mercato che sembra popolato più da operazioni over the counter, spesso fatte out of the money, che altrettanto frequentemente vengono poste rigorosamente off balance sheet.da persone che sanno tutto delle technicalities ma che, e questo risulta sempre più evidente ogni giorno che passa, non conoscono la Storia.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL del 19 c.m. è disponibile nella sezione video (alla voce videoinformazione) del sito Free Lance International Press http://www.flipnews.org/