martedì 8 settembre 2009

I 'dottori' del G20 decidono di non staccare la spina!


A mercati statunitensi fermi, l’Asia e l’Europa hanno salutato con buoni rialzi la saggia decisione dei ministri economici e dei banchieri centrali del G20, riuniti a Londra in preparazione del summit dei capi di Stato e di governo del G20 che si terrà a Pittsburg, di dichiarare del tutto prematuro il ritiro dei piani di stimolo delle economie dei paesi più industrializzati del pianeta, una scelta che la dice lunga sul reale stato della congiuntura sia al di qua che al di là dell’Oceano Atlantico, non più in caduta rovinosa, ma, fatte poche eccezioni, ancora neppure in grado di porsi sul tratto orizzontale che unisce le due parti verticali di quella lettera U che, almeno secondo Nouriel Roubini e importantissimi gestori dei più grandi fondi globali, dovrebbe rappresentare al meglio l’evoluzione della tempesta perfetta, in luogo della V tanto cara agli ottimisti a ogni costo.

In realtà, i ministri e i banchieri centrali hanno detto, e neanche troppo tra le righe, che le economie dei rispettivi paesi assomigliano a un malato che non potrebbe sopravvivere senza le terapie cui viene sottoposto nella speranza di tenerlo in vita, il che vuol dire che, senza gli stimoli, i tassi di interesse a livelli minimi e le iniezioni di liquidità, le cose nel secondo trimestre dell’anno in corso sarebbero andate molto, ma molto peggio, ipotecando così anche i trimestri a venire, un’analisi molto condivisibile e che chiarisce fuori da ogni dubbio perché quello attuale viene definito il rally dell’orso, una corsa verso l’alto dei listini che ha anticipato molto di più di quello che le performance aziendali avrebbero giustificato.

Non a caso, i commenti a caldo alla decisione sono incentrati sul fatto che sarà molto difficile, d’ora in avanti, assistere a rialzi davvero significativi, almeno sino a che non saranno sotto gli occhi di tutti segnali davvero inequivocabili di ripresa, un’ipotesi che sembra molto difficile possa concretizzarsi a breve, almeno non sino a quando la domanda effettiva continuerà a languire e l’offerta di credito continuerà a restringersi.

Questo spiega anche la ripresa della polemica al calor bianco tra i responsabili dei dicasteri dell’economia nei confronti dei banchieri, rei di non fare la loro parte in questa situazione di assoluta emergenza, una polemica non solo limitata al per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, ma messa nero su bianco in una lettera sottoscritta da Giulio e un discreto numero di suoi colleghi, letteralmente infuriati per la titubanza dei banchieri a rischiare, ma, e forse soprattutto, a utilizzare a sostegno di famiglie e imprese quel mare di liquidità messa a loro disposizione dalle autorità monetarie!

Come ricorderanno i più attenti tra i lettori del Diario della crisi finanziaria, la questione non è tanto legata alla entità delle risorse in campo, certamente multiple di quelle utilizzate dopo la crisi del 1929, quanto al fatto che queste ingentissime risorse non sono state condizionate in termini stringenti, né vi è stato uno sforzo significativo volto a rinegoziare prestiti e mutui, mentre si è giunti all’assurdo di procedure esecutive nei confronti dei debitori morosi addirittura più costose di quanto si riesce a recuperare escutendo le garanzie.

Mentre è vero, come ricordavo nella puntata di ieri, che non vi è paragone tra l’attuale fase del la tempesta perfetta e quella vissuta dodici mesi orsono o nel marzo di quest’anno, ma il problema, come ben ha ricordato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è rappresentato dai contraccolpi derivanti dalle decine di milioni di disoccupati in più a livello mondiale e dallo stillicidio di chiusure di imprese di ogni settore.