mercoledì 21 settembre 2016

Chi è Jens Weidmann e perché parla male di noi?


Sarà vero anche per altri paesi, ma le nomine degli alti burocrati in Germania sono strettamente legate alle appartenenze politiche e non fa certo eccezione a questa regola il non più così prestigioso incarico di presidente della Bundesbank, assegnato anni fa dalla cancelliera Angela Merkel al suo pupillo Jens Weidmann, la banca centrale tedesca che, come le altre 18 consorelle dei paesi dell'area dell'euro, ha dovuto cedere gran parte delle attribuzioni in favore della Banca Centrale Europea, dalla vigilanza alla politica monetaria fino alla stampa della moneta, una perdita di attribuzioni che brucia ancora di più perché, in base ad un patto non scritto, la Germania ha ottenuto che la sede della BCE fosse a Francoforte, sede peraltro del colosso creditizio dai piedi di argilla Deutsche Bank, ma ha dovuto rinunciare alla possibilità che il suo capo della Bundesbank possa aspirare a ricoprire il posto ricoperto all'inizio da un olandese, poi da un francese e infine da un italiano, Mario Draghi per l'appunto.

Negli scorsi anni, tuttavia, il presidente della Bundesbank, l'ascetico Weidmann, appunto, ha ottenuto la presidenza della Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede in quel di Basilea, e si sta dando molto da fare perché da questa venga individuata una soluzione a quella che per lui è diventata una vera e propria ossessione e che consiste nel fissare un limite del 25 per cento al possesso di titoli di Stato da parte delle banche, solo che, essendo un organismo che raggruppa le banche centrali di tutto il mondo, tale misura dovrebbe valere all over the world e questo non rende facile per il nostro ottenere quanto vuole.

Prima di entrare nel merito delle nuove accuse del presidente della Bundesbank alla politica monetaria perseguita da Mario Draghi e all'Italia, vediamo come ha operato negli ultimi decenni la banca centrale tedesca in materia di vigilanza e di prevenzione di possibili dissesti delle banche tedesche quando le stesse, fino al giugno del 2014, erano controllate dalla Bundesbank e vediamo come, oltre ai veri e propri disastri nel settore della landesbanken (banche regionali direttamente controllate dai rispettivi Land) e delle sparkassen (casse di risparmio) due comparti che hanno ricevuto sostanziosi finanziamenti pubblici ma che ancora, emblematico il caso della landesbank di Brema, continuano a traballare, mentre la vigilanza sulle due maggiori banche tedesche, Deutsche Bank e Commerzbank, è stata veramente lacunosa e le due banche globali si sono presentate all'appuntamento con gli alti marosi della prima fase della Tempesta Perfetta gonfie fino all'inverosimile di derivati, e quel che è peggio di titoli tossici  di categoria 3, considerati i peggiori e che in pochi mesi dopo lo scoppio della crisi nell'agosto del 2007 non facevano letteralmente più prezzo, ma il bello è che, quando si giunge a determinare i pesi di rischiosità dei vari assetts, la Germania ed altri paesi spingono per attribuire un peso molto modesto a derivati e titoli tossici e uno molto più alto ai Non Performing Loans, cosa che diviene vangelo nelle prassi operative del Consiglio di vigilanza presso la BCE presieduto dall'ineffabile Madame Nouy, come le banche italiane hanno appreso a proprie spese.

Non una parola né un provvedimento da parte della Bundesbank rispetto al fioccare di multe miliardarie a carico della Deutsche Bank, fino all'ultima richiesta da parte del Governo degli Stati Uniti d'America di una sanzione da 14 miliardi di dollari che, per chi non conoscesse il sistema statunitense, verrà sì ridotta ma che ha pendente la possibilità di giungere al ritiro della licenza all'esercizio del credito negli USA, un'eventualità insopportabile per una banca globale come Deutsche.

Ma di tutto questo Weidmann evidentemente non si preoccupa, perché la sua unica fissazione è contrastare il Quantitative Easing di Mario Draghi con accuse al limite del risibile che però rischiano di fare breccia nei cuori dei Governi dell'Europa del Nord che temono che la BCE si sia spinta troppo oltre nell'inondare il mercato di liquidità, tutto questo incurante del fatto che la Germania è la prima beneficiaria degli interventi di Draghi e compagni, e questo ha inciso sui tassi negativi cui è giunto il decennale, al punto che non ci sono praticamente più Bund da acquistare sul mercato, così come sostiene che la politica dei tassi a zero sia negativa per le banche dei loro paesi, non vedendo che il problema è quello del blocco di fatto del mercato dell'Euribor, basato sul semplice fatto che le banche non si fidano le une delle altre, e sopportano sensibili oneri proseguendo nella loro pratica di depositare overnight presso la BCE. gran parte delle somme ricevute dalla stessa.

Per quanto riguarda le accuse all'Italia siamo altrettanto al limite della provocazione, perché Weidmann sa benissimo che la flessibilità che l'Italia ha ottenuto è nei limiti delle regole e che ci sono paesi come la Spagna, il Portogallo, la Francia che non rispettano neppure la regola del 3 per cento del deficit sul PIL, così come sa che buona parte dell'incremento del debito è legato a impegni internazionali e alla scelta del ministro dell'Economia di mettere fieno in cascina approfittando dei tassi bassi, mentre la Germania da sei anni non rispetta la regola del 6 per cento come massimo avanzo commerciale consentito, e che, dopo un blando richiamo della Commissione, ora è arrivata addirittura a sfiorare l'otto per cento.

Ma c'è un argomento sul quale Weidmann, come il falco Schauble e la stessa Merkel si sono dimostrati molto comprensivi con l'Italia, ed è quella richiesta alla Commissione UE di valutare l'eccezionalità della situazione che si è aperta anche con la Brexit e che punta a non considerare aiuti di Stato eventuali interventi volti al rafforzamento delle banche, una richiesta che, se accolta, tornerebbe molto utile come precedente alla Germania nel caso di tracollo di Deutsche e/o di Commerz, due banche per le quali potrebbe servire un supporto finanziario nell'ordine delle centinaia di miliardi di euro!

P.S. Le dichiarazioni di ieri del ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, confermano le indiscrezioni che vedevano in una sua perentoria telefonata all'ex AD di MPS, Fabrizio Viola, le ragioni delle repentine dimissioni di quest'ultimo. In quanto poi al fatto che l'avvicendamento favorirebbe l'adozione di un nuovo piano industriale e la cessione delle sofferenze, temo che questo sia vero in quanto ci si avvicinerebbe di più alle indicazioni di J.P. Morgan respinte da Viola.

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