giovedì 15 settembre 2016

Padoan e J.P. Morgan dietro l'uscita di Fabrizio Viola da MPS


In un lungo e ben informato articolo, il giornalista de La Stampa Gianluca Paolucci, appositamente inviato in questi giorni in quel di Siena, ha raccontato i retroscena di quello che è stato un vero e proprio licenziamento in tronco  dell'amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena, quel Fabrizio Viola che aveva preso le redini della banca senese letteralmente stremata dalla sciagurata acquisizione di Banca Antonveneta costata oltre nove miliardi di euro e che aveva portato in dote un pacco di miliardi di crediti già o poco dopo andati a male, una banca senese piena di scandali, dai derivati Santorini e Alexandria alla banda del 5 per cento guidata dall'allora capo della divisione finanza per non parlare della mai chiarite circostanze della tragica morte  del direttore centrale addetto alla comunicazione, David Rossi e che aveva proprio quest'anno riportato la banca all'utile e affrontato con estrema energia il nodo dei derivati citati sopra e ,messi in piedi per coprire il buco bilancio derivante da quelle scelte dell'allora presidente Mussari e del direttore generale Vigni, scelte per le quali i due insieme ad altri sono sotto processo.

Quello che emerge dal resoconto di Paolucci è che a determinare l'uscita di Viola è stata in buona sostanza una telefonata ultimativa del ministro dell'Economia, Piercarlo Padoan, nella quale quest'ultimo, forte anche della sua posizione di primo azionista di MPS con il 4 per cento delle azioni, senza preamboli o giri di parole, gli comunicava, a nome suo e del presidente del Consiglio, un caldo suggerimento a farsi da parte, in quanto gli investitori istituzionali per partecipare all'aumento di capitale di MPS avrebbero preteso un cambio al vertice esecutivo della banca, una richiesta che, a metà del guado di un aumento di capitale molto impegnativo e della cessione di sofferenze lorde per oltre 27 miliardi al Fondo Atlante, lasciava chiaramente capire, come è poi stato dimostrato dai fatti, che era già stata individuata una persona che di quel gradimento avrebbe invece goduto e che non avrebbe avuto difficoltà ad ottenere un colloquio con la vigilanza della Banca Centrale Europea, cosa avvenuta per il designato Morelli a tempo di record tale la preoccupazione della Nouy che andasse tutto a carte quarantotto, ma che aveva un vantaggio sugli eventuali, pochi se non pochissimi, competitors ed era quello non solo di aver lavorato fino al 2010 al Monte dei Paschi come responsabile della direzione finanziaria, quella che si occupa tra l'altro del controllo di gestione  e della redazione del bilancio, uscendone sbattendo la porta, ma, e forse soprattutto, di aver lavorato in  precedenza in J.P. Morgan Chase, mentre, dopo l'uscita da MPS, aveva assunto l'incarico di amministratore delegato di Bank of America Merrill Lynch in Italia. Il clima di accerchiamento è poi dimostrato dal fatto che poco dopo riceve una gelida telefonata del presidente di MPS, Tononi, un ex Goldman Sachs se di Goldman si può mai essere ex, che gli chiede, anche lui senza particolari giri di parole, di farsi da parte nel più breve tempo possibile.

E già, perché J.P. Morgan Chase in questa storia dell'aumento di capitale da cinque miliardi di euro chiesti al mercato da MPS ha un ruolo fondamentale e una visione molto diversa da quella di Fabrizio Viola e da quella di UBS, l'advisor della banca senese dal 2012, quindi dall'inizio dell'era Viola in quel di Siena, una visione molto diversa e che prevede, ad esempio, l'eliminazione del diritto di opzione in favore degli attuali azionisti, quindi il loro azzeramento, in più, come riporta Paolucci, chiede ma non ottiene che le commissioni per essa previste siano slegate dal risultato.

Nonostante sia stata battuta su tutta la linea, la potente banca globale con sede negli Stati Uniti sgomita a tal punto da indurre all'uscita nel luglio scorso della pur potente UBS e quindi procede praticamente da sola nel sondaggio delle entità finanziarie che potrebbero partecipare all'aumento, informando subito il Governo italiano che non ha riscontrato di fatto interesse e suggerendo che uno dei motivi potrebbe risiedere nella rigidità della posizione di Fabrizio Viola che non avrebbe accettato i suggerimenti della banca americana, un qualcosa che probabilmente ha spaventato Piercarlo Padoan e Matteo Renzi e li ha spinti ad accettare l'ulteriore suggerimento riguardante il possibile successore di Viola a Rocca Salimbeni, complice forse anche la recente visita in Italia del numero uno di J.P. Morgan Chase, Jamie Dixon, uno dei pochi banchieri a stelle e strisce sopravvissuti agli alti marosi della Tempesta Perfetta!

Ieri Marco Morelli è stato formalmente cooptato nel consiglio di amministrazione della banca di Rocca Salimbeni e, nominato amministratore delegato e direttore generale, mentre, dopo l'assolutamente irrituale colloquio svoltosi a Francoforte nei giorni scorsi, è in attesa del benestare formale della vigilanza a sorpresa, ma, al contempo, con un vero e proprio colpo di scena, sono arrivate le dimissioni irrevocabili del presidente Tononi che dovrebbe far posto a qualcuno maggiormente gradito dal Governo e da J.P. Morgan Chase.

Fabrizio Viola, nel frattempo, ha reso noto che resterà a disposizione fino al 15 ottobre per garantire un passaggio delle consegne sostanziale e non formale, mentre è stato reso noto che la buonuscita sarà di tre milioni di euro, una delle più basse ricevute da un ad di banche italiane di grandi dimensioni.

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