venerdì 18 novembre 2016

La Federal Reserve attacca Donald Trump


Come ho scritto in diverse puntate dl Diario della crisi finanziaria, il programma di Donald Trump per la conquista della casa Bianca, vittoria acquisita stracciando letteralmente "Billary" Clinton nella drammatica notte elettorale andata in scena tra l'8 e il 9 di questo mese, consentono anche l'acquisizione della doppia maggioranza nei due rami del Congresso statunitense, è composto di molte parti che sono pura propaganda e che saranno realizzati solo in minima parte o non lo saranno affatto, punti quali il muro con il Messico che si trasformerà in una vigilanza rafforzata del confine con quell'importante Stato membro del NAFTA, l'espulsione di milioni di lavoratori immigrati clandestini che si tradurrà in un giro di vite sui controlli interni, l'aumento della sicurezza interna che verrà appaltato ai militari suoi supporter, l'attacco alla globalizzazione via revisione dei trattati e revisione degli accordi internazionali in materia che dovrà scontrarsi con i robustissimi interessi delle multinazionali a stelle e strisce che dalla situazione attuale traggono profitti per migliaia di miliardi di dollari e via discorrendo per un qualcosa che somiglia tanto alla montagna che partorì il classico topolino!

Ma, nella costituency di Donald J Trump, c'è un punto che non sarà soggetto a revisione, se non in aspetti puramente parziali e formali, ed è quello dello smantellamento delle poche barriere erette nel 2010 dopo il completo disastro dell'industria finanziaria a stelle e strisce e di quella più o meno globale costituita da entità colossali con base in altri Paesi industrializzati, quali Germania, Francia e Regno Unito, ma anche Belgio, Olanda e Giappone, per non parlare che di quelli principali, uno smantellamento che passa per l'abrogazione totale del Dodd-Frank Act, uno smantellamento fortemente voluto da quelle stesse J.P. Morgan Chase e dalla potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, che si fidano però talmente poco l'una dell'altra che stanno ferocemente litigando su quale di loro esprimerà il nome del Segretario di Stato al Tesoro prossimo venturo, una querelle nelle quale, almeno al momento, sembra avvantaggiata Goldman.

Sulla questione è però intervenuta pesantemente la Presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, sì quella stessa donna che Donald dà  chiaramente a vedere di non amare (a proposito, in tutte le nomine di cui si è parlato finora ho sentito solo nomi di uomini bianchi, anglosassoni e protestanti), che ha ammonito fortemente il Congresso, e lo ha fatto intervenendo alla Camera dei Rappresentanti, dal toccare i delicati equilibri del provvedimento del 2010, facendo capire tra le righe che si tratta peraltro di cautele minimali rispetto ai termini del gigantesco problema rappresentato dal proliferare pressoché incontrollato della finanza più o meno strutturata, un problema che i provvedimenti approvati negli Stati Uniti d'America e in quel di Basilea non hanno affrontato radicalmente, tanto che, ad esempio, un parziale sgonfiamento della montagna di derivati e titoli tossici del colosso dai piedi di argilla Deutsche Bank è avvenuto solo per meccanismi di mercato e cioè la chiusura di posizioni da parte delle controparti di contratti derivati per un nozionale di 30 miliardi di euro circa (ma ne residuano ancora 42 mila e i titoli tossici pare che siano bellamente intatti).

Ovviamente, la Jellen sa benissimo che questo sgonfiamento più o meno ordinato delle posizioni di Deutsche può avvenire perché siamo in una situazione relativamente di calma e se non si ripetono situazioni come quelle che ha visto dieci grandi hedge funds chiudere d'un botto e tutti insieme le posizioni con la banca basata a Francoforte o l'eventuale panico tra i clienti retail, così come sa che le norme della legge del 2010 vanno implementate e non certo abolite con il risultato di tornare al Far West precedente il 2007.

Tutti coloro che seguono la Fed sanno che la banca centrale statunitense avrebbe dovuto fare due aumenti minimo dei tassi in questo anno di disgrazia 2016 dopo quello effettuato alla fine dello scorso anno e che è da questo zoccolo di 50 basis point aggiuntivi e mancanti che si riparte, il che significa che a giugno prossimo si potrà toccare anche il livello di1,25-1,50, a meno che la Fed non intraveda rischi nella politica e economica e fiscale di Trump e, quindi, decisa di procedere più speditamente|

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La vicenda che vede coinvolti Viktor Massiah e altri esponenti dell'Unione di Banche Italiane, UBI, uno dei cinque più grandi gruppi creditizi italiani per un'inchiesta per nomine ai vertici aggiustate e per ostacolo all'attività di Vigilanza, in questo caso quella della BCE e che ha portato alla chiusura delle indagini richiede un approfondimento che farò nel più breve tempo possibile, dedicando una puntata a questa che è la banca sinora meno chiacchierata dell'augusto quintetto di testa del sistema bancario italiano.

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Come largamente anticipato da questo blog, i titoli di Stato italiano sono sotto attacco con i rendimenti del decennale raddoppiati rispetto ai minimi e lo spread oramai in vista della soglia dei 200 basis point e non si sa se la BCE stia intervenendo oppure no.

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