martedì 5 maggio 2009

Cosa c'è dietro il nuovo scandalo di San Marino?


Almeno stavolta non c’è stato il silenzio assordante dei media sulla seconda parte dell’operazione Re Nero del sostituto procuratore della Repubblica, Fabio di Vizio nei confronti dei vizi e vizietti del sistema bancario sanmarinese, già colpito al cuore nel dicembre del 2007 la Banca Assett portando in carcere l’intero gruppo dirigente, così come quello della controllata banca monosportello romagnola, mentre venivano indagati per vari reati una trentina di imprenditori italiani che avevano scelto di utilizzare la stessa Assett come lavanderia di una rilevante quantità di denaro dalla provenienza quanto meno incerta.

Stavolta, nel mirino del magistrato di Forlì e del folto numero di funzionari della Banca d’Italia sono finiti i vertici al completo della potentissima Cassa di Risparmio San Marino, dal presidente, Gilberto Ghiotti, all’amministratore delegato, Mario Fantini, entrambi spediti difilato in carcere, mentre hanno ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari il direttore generale, Luca Simoni, il consigliere di amministrazione Paola Stanzani e Gianluca Ghini, direttore di Carifin Sa.

Ma la il gruppo dirigente della Cassa di Risparmio sanmarinese era presente pressoché al completo anche al vertice della controllata società di credito al consumo Delta, con sede a Bologna e con un organico di tutto rispetto per una entità operante in questo lucrosissimo settore che ha conosciuto negli ultimi anni tassi di crescita davvero esponenziali, una trasposizione di top manager che vedeva l’amministratore delegato di Carisp svolgere il ruolo di presidente di Delta, la consigliera Stanzani quello di amministratore delegato e il direttore di Carifin Sa quello di consigliere di amministrazione.

Insomma, come nota l’inviato del quotidiano La Repubblica, Luciano Nigro, “un intreccio di cariche e di interessi (basta aprire il sito del gruppo per scoprire che l’azionista tutt’altro che occulto è la Cassa sanmarinese) quanto sospetto visto che un’ispezione della Banca d’Italia su Delta, conclusa nel febbraio 2009, ha portato alla sospensione delle autorizzazioni a operare come gruppo bancario. Un intervento senza precedenti motivato dal fatto che la cassa del Titano ha un’influenza determinante sulla gestione e il controllo del gruppo bolognese. Influenza al di fuori delle regole, poiché non sono consentite le operazioni bank to bank con la Repubblica di San Marino che gode di un segreto bancario più impenetrabile di quello svizzero e di una legislazione che non prevede il reato di evasione fiscale”.

Come accade sempre più di sovente, Milena Gabannelli, autrice della bellissima trasmissione televisiva Report non casualmente piazzata nei palinsesti della terza rete della RAI nell’alquanto sonnolenta domenica sera, ha bagnato ancora una volta il anso ai colleghi della carta stampata, in quanto è riuscita a intervistare prima dell’ondata di arresti e perquisizioni proprio al presidente di Delta e amministratore delegato di Carisp, Mario Fantini, il quale, evidentemente disorientato dalla pesante iniziativa dell’istituto governato da Mario Draghi, pur ammettendo il controllo della società di credito al consumo italiana, sosteneva che il gruppo di dirigenti che ne detiene il 40 per cento delle azioni gode della massima autonomia nelle deleghe (sic).

Non vorrei essere troppo malevolo, ma credo proprio che senza quella registrazione di Milena molto, ma molto difficilmente l’ennesimo scandalo bancario sanmarinese sarebbe uscito da quelle pagine locali dei quotidiani nella quale venne relegata, e senza troppa evidenza, l’operazione avvenuta sedici mesi orsono e che pure era stata preceduta dal sequestro molto anomalo di un imprenditore italiano cui vennero sottratti 500 mila euro che il malcapitato aveva prelevato proprio dalla banca monospetello romagnola controllata integralmente da Assett Bank, notizia riportata con risalto dai telegiornali pubblici e privati, omettendo il singolare particolare che vedeva il sequestrato non disporre di un conto corrente nella piccola banca, una circostanza che dice poco o nulla ai non addetti, ma che accese più di un campanello nella mente del magistrato di Forlì e negli ambienti della Guardia di Finanza e della Banca d’Italia che da tempo tenevano sotto controllo il paradiso fiscale posto nel cuore della Repubblica italiana, peraltro non il solo alla luce dell’altrettanta impermeabilità del segreto bancario vigente nella Città del Vaticano.

Non vi è dubbio, che la sterzata imposta da Francia e Germania sulla scottante questione dei paradisi fiscali nel corso dell’ultimo vertice del G20/G21, una virata che ha portato alla pubblicizzazione della lista nera e di quella grigia da parte dell’OCSE (anche se va detto che i quattro paesi presenti nella lista nera hanno ottenuto a tempo di record di essere trasferiti in quella grigia, avendo i rispettivi governi prontamente accettato di impegnarsi a fare i bravi in futuro) e che ha sostanzialmente benedetto le iniziative dei governi dei paesi maggiormente industrializzati volte a contrastare il massiccio deflusso di capitali verso questi confortevoli lidi, incluse le note operazioni di intelligence dei servizi segreti tedeschi che permisero di ottenere da un dipendente di una banca del principato del Liechetenstein una lunghissima lista di depositanti tedeschi e di altri paesi, con il corollario dell’invio delle liste relative ai cittadini francesi, italiani, spagnoli, britannici e via discorrendo ai rispettivi governi, spesso non del tutto lieti di trovarsi tra le mani una bella gatta da pelare!

Va detto che i giornali italiani, una volta tanto prodighi di notizie sul lato sanmarinese della vicenda, omettono di fornire qualsivoglia dettaglio sull’identità delle sedici banche italiane ispezionate, limitandosi a dire che la maggior parte delle sedi bancarie visitate sono situate in quel di Roma, né tanto meno alcun dettaglio viene fornito sull’identità dei banchieri coinvolti a vario titolo nell’indagine, una circostanza che appare ancor più grave alla luce del’attivismo delle donne e degli uomini alle dipendenze di Mario Draghi che avevano ‘scoperto’ che molti istituti di credito italiani non classificavano le banche e le finanziarie del Titano come banche straniere.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog