domenica 3 maggio 2009

Sta per abbattersi la scure sui compensi di Chairman e CEO? (seconda e ultima parte)



La contraddizione tra i compensi complessivi ed effettivi dei top manager e lo stato davvero disastroso dei conti aziendali, quelli veri non quelli imbellettati dalle nuove norme contabili approvate in fretta e furia dall’apposito ente federale, ha suscitato l’ira e lo sdegno della stragrande maggioranza della popolazione, nonché una vera e propria tempesta sul web prima e sui media più tradizionali successivamente, ha anche provocato momenti di tensione nelle aule giudiziarie e nel corso delle già di per sé tumultuose audizioni dei banchieri, degli assicuratori e dei regolatori di entrambi i settori nelle aule del Senato e della Camera dei Rappresentanti, luoghi di solito molto austeri, ma nei quali in questi ultimi tempi si sono visti sia gli eletti dal popolo americano che donne e uomini non appartenenti alle istituzioni aggredire verbalmente quelli che, al di là delle effettive responsabilità personali, vengono ritenuti gli untori di questa nuova peste del Terzo Millennio, una situazione non certo gradevole che credo sinceramente abbia indotto più di uno di questi potenti della finanza a porsi domande tutt’altro che comode!

Ben più seria, invece, è stata la reazione della gente comune in importanti paesi europei quali la Gran Bretagna e la Francia, in particolare a opera delle donne e degli uomini sotto minaccia concreta di perdere la casa di abitazione o il posto di lavoro, nei confronti dei banchieri, degli industriali, spesso rappresentati da dirigenti non sempre di alto rango, reazioni che sono giunte sino ai sequestri di persona verificatisi di sovente in Francia e che sono stati apertamente tollerati persino da un duro come il presidente della repubblica, Nicolas Sarkozy, che ha solo suggerito di non esagerare in questa forma di protesta, ma che non ha mostrato alcuna voglia di condannare queste forme estrema di protesta spesso volte contro le decisioni prese presso i quartier generali di aziende multinazionali che pensano di affrontare le ricadute della tempesta perfetta sciabolando sul costo del lavoro e sui livelli dell’occupazione nei paesi diversi da quello in cui ha sede l’azienda stessa.

Dopo la compatta protesta nei confronti della vera o presunta perdita di posti di lavoro britannici dovuta alla vittoria di un appalto da parte di un’azienda italiana e l’assalto alla villa del ex presidente della Royal Bank of Scotland, sono state molto poche le multinazionali che hanno ‘osato’ esibirsi in prove di forza muscolari con la trade unions e, soprattutto, con i lavoratori dalle stesse rappresentati, ma forti segnali di resistenza vengono anche dalla terra iberica e dal Belpaese, due realtà nazionali solitamente molto tranquille, ma nelle quali sta montando un vento di protesta che preoccupa e non poco i rispettivi governi nazionali che tutto vogliono meno che gettare nuova benzina sul fuoco e che, comunque, non gradiscono molto questa evidente disparità nei tagli all’occupazione da parte delle case madri straniere delle aziende operanti sui rispettivi territori!

Ma quello che preoccupa maggiormente i vertici delle aziende più o meno globali è l’attivismo della SEC guidata dalla brava Mary Shapiro che contesta il trucchetto della spalmatura su più anni delle stock options, attualmente rappresentate con un quarto del proprio ammontare, quello relativo all’anno di competenza e non la somma prevista nei quattro anni.

Anche se non si tratta dell’unico trucco rappresentativo utilizzato dalle banche e dalle corporations di maggiori dimensioni, è evidente che quello della spalmatura su più annualità di una parte tutt’altro che secondaria dei compensi dei top manager è certamente quello più significativo e che non del tutto a caso era stato totalmente ignorato dal sonnolento Effe O Ixs, al secolo Christopher Cox ma del quale faccio da tempo lo spelling come se fosse Fox, un sodale di vecchia data del clan Bush che era stato compensato della sua fedeltà nominandolo nientepopodimeno che capo della Securities & Exchange Commission, una nomina che rese felici quanti temevano il rigore dell’entità che vigila sui mercati borsistici americani rispetto alle omologhe straniere e che hanno immediatamente capito che, con una ‘volpe’ del genere posta a guardia del pollaio, c’era veramente poco da preoccuparsi, anche perché in fondo questa era la mission lui affidata, un compito che non si può certo dire che non abbia portato a compimento.

Non so proprio che Larry Summers e gli altri rappresentanti in seno alla nuova amministrazione in nome e per conto di Big Business, Big Finance, Big Oil, Big Pharma e i lobbisti di ogni ordine e specie consentiranno alla bella e brava Mary di smascherare questa come le tante altre magagne rappresentative, ma è certo che si sta avvicinando, per Obama, l’ora della verità in relazione alle sue intenzioni di voltare pagina rispetto a quella che ho più volte definito l’anomala autonomia dei top manager aziendali nei confronti di quelli che, almeno sulla carta dovrebbero essere i loro padroni: gli azionisti!

Non voglio assolutamente sottovalutare la questione legata ai livelli in molti casi scandalosi raggiunti negli ultimi anni dai compensi effettivi ricevuti dai vertici aziendali e dai manager di vario livello, un fenomeno diffuso sia nella finanza che altrove, ma credo proprio che la questione dell’appropriazione, anche indebita, del potere aziendale da parte dei top manager rappresenti un problema non solo gravissimo ma anche maggiormente in grado di spiegare quanto è avvenuto negli ultimi venticinque anni, non tanto e non solo la tempesta perfetta virulentemente in corso, ma anche la vera e propria spoliazione delle aziende acquisite attraverso le tecniche del merger & acquisition, in particolare quando il take over è stato di carattere ostile.

Per chiunque creda nell’esigenza di giungere a forme quanto meno accettabili di democrazia economica, questo stato di cose esistenti al di qua e al di là dell’Oceano Atlantico rappresenta il vero ostacolo da abbattere, anche perché credo che non vi sarà mai un’occasione migliore di questa per farlo!

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog