sabato 30 maggio 2009

Le troppe profezie autorealizzantesi della potente e ancor più preveggente Goldman Sachs!


Vorrei mettere insieme due informazioni diverse per spiegare il senso del titolo alquanto forte che ho deciso di dare a questa puntata del Diario della crisi finanziaria, la prima è riferita al bilancio del primo trimestre della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, il primo bilancio a cadenza naturale dopo che l’ex investment banks ha abbandonato il cosiddetto anno fiscale, e un rapporto previsivo diffuso qualche settimana orsono dagli analisti, ma sarebbe meglio dire veggenti, al soldo della sopra citata banca.

Come ho già avuto modo di rilevare, dall’esame dei dati relativi al primo quarto del 2009, emerge in qualche modo la vera natura dell’ex regina incontrastata dell’allora gruppo delle Big Five dell’investment banking, un qualcosa che è una sorta di ibrido tra un private equity e un gigantesco hedge fund, una caratteristica certamente anomala ma ben testimoniata dall’incontrovertibile fatto che ben tre quarti dei suoi proventi vengono da attività che non è esagerato definire scommesse e che hanno a oggetto praticamente di tutto, tassi di interesse, cambi, materie prime più o meno energetiche, derrate alimentari, metalli preziosi, indici azionari e, perché no, anche la probabilità che qualche entità concorrente possa tirare le cuoia prima del tempo, un’attività quest’ultima non limitata soltanto a quelle armi di distruzione di ricchezza che sono i Credit Default Swaps.

E’ utile tenere a mente questa particolarità di quello che indubbiamente è uno dei club più esclusivi del pianeta, prima di volgere l’attenzione al citato rapporto previsivo che un ispirato analista di Goldman ha dedicato alle prospettive a breve del prezzo del petrolio, un rapporto uscito quando il prezzo al barile non riusciva a schiodarsi da una oscillazione stretta intorno al livello di 50 dollari, un prezzo peraltro più elevato del minimo di 34 dollari toccato nell’autunno dell’anno scorso, ma davvero infimo rispetto al picco di 147 dollari toccato nel luglio di quell’anno, un picco toccato dopo che non vi era fondo di investimento, banca più o meno globale e singoli operatori che si esimesse dal prendere posizione sull’oro nero, posizioni che puntavano al raggiungimento di quella soglia di 200 dollari al barile prevista, guarda caso, proprio da un altro analista di Goldman.

Per fermare quella strampalata corsa al rialzo, dovette intervenire personalmente e alquanto inusualmente lo stesso sovrano dell’Arabia Saudita, un individuo solitamente misterioso e poco loquace, ma che ritenne fosse giunto il momento di esporsi in prima persona con un’intervista molto ampia e, ovviamente, diffusa dai maggiori quotidiani del globo, nella quale esprimeva tutta la sua contrarietà rispetto a un gioco speculativo che metteva in pericolo le strategie di lungo e lunghissimo periodo del suo paese e di quella stessa OPEC della quale i sauditi sono indubbiamente soci fondatori e di riferimento, un’intervista che confermava l’esattezza delle analisi fatte dal centro studi londinese guidato dallo sceicco Yamani, un altro membro della famiglia reale saudita che aveva ricoperto per un ventennio il ruolo di presidente del cartello petrolifero e che si era guadagnato sul campo la fama di falco nel corso delle due crisi petrolifere degli anni Settanta!

Così come non è del tutto un caso che, poco prima del nuovo rapporto di Goldman Sachs, lo stesso Yamani avesse sentito il bisogno di fare le proprie previsioni sul prezzo del petrolio per tutto il 2009, sostenendo che non vi era ragione alcuna, anche alla luce dei prevedibili crolli all over the world dei PIL e non vedendo alcuna ragione per la quale il prezzo al barile dovesse uscire, nel periodo considerato, dal range compreso tra i 45 e i 55 dollari al barile.

Quello che il raffinato sceicco saudita non poteva prevedere era la verticalità del crollo su base annualizzata del PIL americano, ma ancor più di quello tedesco e di quello giapponese, elementi allora non disponili,ma che non facevano che rafforzare la sua previsione di stabilità dei prezzi, forse aggiungendo al più qualche buona ragione per prevedere che il prezzo medio si sarebbe collocato sulla parte bassa della forchetta da lui stesso indicata.

Ma è a questo punto che i partners della potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs decidono che è giunta l’ora di riprendere il gioco sul petrolio esattamente dove l’avevano lasciato nella torrida estate del 2008, quando, dopo aver guadagnato a piene mani sul rialzo da essi stessi creato, avevano bruscamente girato le proprie posizioni e avevano iniziato a guadagnare sul più che prevedibile ribasso, rimettendo così al lavoro quegli stessi veggenti e quegli stessi indovini che affollano i centri studi di Goldman al fine di segnalare al mercato la buona novella del rialzo, non senza prima essersi dati da fare per accumulare le necessarie munizioni in termini di contratti derivati.

Quello che è davvero sorprendente è il silenzio degli economisti più o meno specializzati nel comparto energetico, che dovrebbero pur sapere che è alquanto improbabile una crescita del 30 per cento del prezzo di una materia prima certamente non insensibile al tracollo delle economie a livello planetario, così come stupisce che i ministri finanziari del G7 che l’anno scorso avevano tuonato contro la speculazione, all’epoca si distinse in particolar modo il per la terza volta ministro italiano dell’economia, Giulio Tremonti, non abbiano niente da ridire su un fenomeno che rischia di gelare sul nascere quei germogli di ripresa che, almeno al momento, sono tra gli unici a vedere.

Credo, tuttavia, che la tempistica scelta stavolta da Goldman e dai soggetti che le si sono messi in scia sia estremamente sbagliata, anche perché i governi dei paesi maggiormente industrializzati potrebbero decidere che è giunta l’ora di dare qualcuno in pasto alla platea infuriata dei contribuenti!

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog