lunedì 13 luglio 2009

Come finirà la guerra tra gli USA e l'UBS!


Con una procedura alquanto inusuale il Governo degli Stati Uniti d’America ha chiesto al giudice che sta indagando sull’evasione fiscale organizzata dal colosso extracomunitario UBS, You & US, una causa che vede un ex dirigente della UBS come attivo collaboratore di giustizia e che ha provocato la richiesta ufficiale da parte del fisco americano di poter ottenere una lista di 52 mila contribuenti infedeli che avrebbero utilizzato i servizi della banca elvetica per sottrarre svariati miliardi di dollari all’imposizione fiscale.

Nel documento, le autorità federali chiedono di posporre al 3 agosto prossimo l’audizione in aula dei rappresentanti del fisco statunitense prevista per oggi, motivando la richiesta con la necessità di disporre di maggiore tempo per raggiungere un’intesa tra i due governi, intesa necessaria visto che entrambi gli Stati hanno minacciato di procedere a procedure di sequestro miliardarie, a danno della UBS negli Usa e di disponibilità delle banche statunitensi operanti in Svizzera da parte del governo di Berna.

Mentre ancora nulla si sa della decisione del giudice di Miami, questo episodio si inserisce nella più ampia azione di contrasto messa in atto dai governi dei maggiori paesi industrializzati nei confronti dello sport più in voga tra i ricchi di tutto il mondo, uno sport largamente favorito non solo dai cosiddetti paradisi fiscali, ma anche da paesi come la Svizzera, l’Austria, Hong Kong, e Singapore, mentre non si contano le nazioni che cercano di attrarre imprese straniere mediante pratiche di vero e proprio dumping fiscale.

In questa azione di contrasto non si va, peraltro molto per il sottile, come è stato ben dimostrato dall’azione dei servizi segreti della Germania che hanno pagato svariati milioni di euro per ottenere da un ex dipendente di una banca del principato del Liechtenstein una lunga lista di clienti stranieri che avevano omesso di segnalare l’esportazione dei rispettivi capitali, un’operazione che ha consentito al fisco tedesco di rientrare in possesso di imposte per miliardi di euro, nonché di spedire in carcere una discreta quantità di evasori, con l’aggiunta di una distribuzione di liste di presunti evasori non tedeschi ai rispettivi governi!

Ma Frau Merkel non si è limitata a benedire l’operato delle sue barbe finte, ma ha anche intrapreso ben poco diplomatiche visite in paesi sospettati di dilettarsi nelle stesse pratiche, quali, a solo titolo di esempio, il principato di Monaco, e sta, d’intesa con Nicolas Sarkozy, esercitando una ferma pressione nei confronti di quei paesi che si trovano ad avere all’interno dei rispettivi territori entità sovrane in odore di essere dei terminali del riciclaggio internazionale del denaro frutto di attività di criminalità economica o di criminalità più o meno organizzata, un pressing che ha iniziato a dare i suoi primi frutti con la decisione britannica di riappropriarsi di due statarelli, con la scoperta a ripetizione di scandali nei dintorni di San Marino, anche se ancora nessuno osa ficcare il naso nelle misteriosissime attività dell’Istituto per le Opere di Religione insediato nel territorio della Città del Vaticano.

Ma Frau Merkel e Messieur Sarkozy, così come tutti i loro colleghi dell’Unione europea, sanno benissimo che la maggior parte delle grandi banche basate nei loro paesi sono presenti in forze nei paradisi fiscali, così come sono perfettamente consapevoli che la maggior parte degli evasori non ha avuto spesso neanche l’incomodo di recarsi di persona nei luoghi, a volte esotici, dove riposa il loro denaro!