lunedì 4 aprile 2016

La borsa boccia il sistema bancario italiano


Le statistiche a volte sono davvero impietose e ci dicono che le banche italiane quotate a Piazza Affari hanno perso nel primo trimestre di questo anno di disgrazia 2016 il 32 per cento del proprio valore, quindi, in soli tre mesi, un terzo circa della capitalizzazione di borsa delle nostre banche primarie è andato in fumo e, in questo caso, non vale l'ironia di Trilussa sulle statistiche, perché i ribassi sono abbastanza equamente distribuiti sulle banche di cui mi sono occupato in questo periodo nel Diario della crisi finanziaria.

Ma il problema vero è dato dal fatto che se in questi tre mesi l'andamento delle quotazioni è stato sostanzialmente one way, non è andata di certo meglio nel 2015, anno in cui si è registrato, per la maggior parte delle banche quotate l'abbandono di massimi di periodo che già a dicembre segnalavano cali notevoli delle quotazioni e questo in un anno che ha visto il listino generale crescere di un robusto 15 per cento, variazione positiva che è stata la più alta tra quelle registrate nello stesso periodo dagli altri listini europei.

Procediamo in ordine di importanza, rispetto ai massimi del 2015, Unicredit, primo gruppo bancario italiano ha perso il 53 per cento, mentre un po' meglio ha fatto Intesa San Paolo che perso "solo" il 35 per cento, mentre la terza classificata nella graduatoria dei gruppi bancari, Banca del Monte dei Paschi di Siena (e lo rimarrà, salvo stravolgimenti anche dopo la fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, almeno per il totale attivo) ha lasciato sul terreno nel breve volgere di dodici mesi l'81 per cento del valore di borsa e, quindi, della capitalizzazione.

Venendo un po' più in basso nella graduatoria, il Banco Popolare, promesso sposo della più piccola Banca Popolare di Milano, ha perso il 65 per cento della propria capitalizzazione, mentre la sposa limita le perdite al 42 per cento, ma peggio ha fatto UBI che, nel breve volgere di 12 mesi, è passata da un valore dell'azione di 15 euro ai 3,24 di venerdì.

Ma il discorso si davvero drammatico per gli azionisti delle due banche di medio grandi dimensioni non quotate, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca che, in assenza di una presenza dell'azione nei mercati regolamentati, hanno visto scendere, senza possibilità di vendere, il valore dell'azione da valori superiore ai 60 euro ai 6,3 e 7,3 euro, rispettivamente, del valore di un diritto di riscatto che le rispettive banche impediscono loro di esercitare e che si apprestano a vedere, in sede di prossima quotazione, scendere ancora il valore delle rispettive azioni a valori oscillanti intorno all'euro!

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