martedì 13 gennaio 2009

Ma qual'è il male oscuro di Citigroup!


Mentre sembra sia veramente solo questione di ore per l’annuncio della joint venture tra Citigroup e Morgan Stanley nell’un tempo lucrosissimo settore del wealth management, prosegue lo squagliamento del valore dell’azione del colosso creditizio dai piedi di argilla da pochi giorni orfano di Robert Rubin e sempre più nelle mani del giovane Chief Executive Officer di origine indiana, Vikram Pandit, mentre sono ancora avvolti nel mistero i motivi per i quali è stata affidata la presidenza a Sir Win Bischoff, un cittadino britannico lungamente impegnato nei possedimenti europei di Citi che, a sua volta, appare in procinto di essere sostituito dall’ex CEO di Time Warner, Richard Parsons.

Al trend declinante di Citi corrisponde una serie di significativi rialzi dell’azione di Morgan Stanley, forse per la semplice ragione che è a tutti chiaro che l’operazione in corso di definizione rappresenta solo la prima tappa dell’uscita in via definitiva dall’attività di wealth management da parte di una Citigroup troppo intenta a leccarsi le ferite e a rifocalizzarsi sulle attività retail per continuare ad occuparsi dell’investment banking e della gestione dei patrimoni dei ricchi di tutto il pianeta, attività che svolgeva in un numero di paesi pressappoco similare a quello vantato dal colosso extracomunitario UBS.

Dopo un’iniezione di capitali pubblici effettuata in due riprese sotto la forma della sottoscrizione di azioni privilegiate, più altri cinque miliardi versati a non ricordo nemmeno più quale titolo, nonché decine di miliardi di dollari provenienti da vecchi e nuovi azionisti, per non parlare poi dei poco meno di 400 miliardi di titoli più o meno tossici della finanza strutturata dei quali si è fatta gentilmente carico la Federal Reserve, vedere l’azione ritestare verso il basso la soglia dei 6 dollari non può che indurre cattivi pensieri negli analisti, negli operatori e negli investitori/risparmiatori, né contribuiscono a risollevare il morale dei dipendenti superstiti di Citi titoli di articoli quali quello che vede Vikram Pandit alla stregua di un dead man walking!

L’apertura di Wall Street non ha potuto non risentire della nuova esternazione del presidente eletto, Barack Obama, che, non pago di essersi unito al coro di altri presidenti già in carica nel definire del tutto irresponsabile il comportamento tenuto negli anni passati dalla maggior parte dei top manager americani e stranieri così come la distrazione dei regolatori e dei politici, ha voluto anche far sapere che dispone di qualche idea personale su come utilizzare i residui 350 miliardi di dollari del TARP, lasciando chiaramente intendere che si tratta di idee ben diverse da quelle dell’attuale ministro del Tesoro, l’ex investment banker che risponde al nome di Hank Paulson che ha approfittato della prima tranche a sua disposizione per salvare la ‘sua’ Goldman Sachs e le altre principali protagoniste del settore bancario a stelle e strisce, destinando a queste la magna pars delle risorse stanziate e lasciando le briciole alle altre 200 banche beneficiate.

Non del tutto a caso, il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Kahn, ha trovato l’occasione di dichiarare che il già stratosferico conto finale di 1.400 miliardi di dollari di perdite riferito alle principali entità protagoniste del mercato finanziario globale necessiterà di una significativa, anche se per il momento non quantificata, revisione al rialzo, anche perché, e questo lo aggiungo io, neanche i megagalattici piani di intervento governativi, né tanto meno l’iperattivismo delle banche centrali, sono riusciti nel non nascosto intento di indurre i sempre più svogliati investitori a tornare ad acquistare i titoli della finanza più o meno strutturata o le Commercial Papers essenziali per le esigenze delle corporations statunitensi di ogni ordine e grado.

Così come non stupisce che da ambienti vicini, se non del tutto interni, alle tre big del settore automobilistico a stelle e strisce si levino voci sempre più preoccupate sullo stato finanziario delle stesse, quasi a voler attirare l’attenzione del giovane presidente eletto, ipotecando così almeno una parte dei fondi che potrebbero essere sottratti alle sempre più voraci banche, un grido quasi disperato, in quanto i numeri uno di General motors, Chrysler e Ford sanno benissimo che, una volta insediato, Obama ha tutta l’intenzione di procedere alla nomina dell’anziano ma lucidissimo Paul Volker ad una posizione che gli attribuirà poteri di vita e di morte proprio su quei top manager e sulle aziende dagli stessi così malvestite in questi ultimi anni.

Chiedo scusa ai miei lettori per averli informati su una data errata per la prevista riunione delle fondazioni azioniste di Unicredit Group, in quanto la riunione si è già svolta in data lunedì 12 del corrente mese e, secondo quanto ha voluto dichiare il presidente della fondazione Cassa di risparmio di Torino, tal Comba, né lui, né i presidenti delle fondazioni Cariverona e Carimonte avrebbero affrontato la delicata questione del presidente e dell’amministratore delegato del gruppo creditizio, al momento Rampl e Profumo, ma si sarebbero limitati ad affrontare la questione della governance dello stesso, una dichiarazione che suona tanto come la classica ‘excusatio non petita, accusatio manifesta’, ma che avrebbe avuto molto, ma molto più peso se a pronunciarla fosse stato il presidente della Fondazione veronese, Paolo Biasi, l’uomo che Il Sole 24 Ore vede come il maggior sostenitore delle più volte smentite nozze tra Mediobanca e Unicredit, anche perché oramai il livello del patrimonio investito nelle due banche è soltanto di poco inferiore a quello della Fondazione senese nel Monte dei Paschi di Siena, come è stato ricordato loro dal per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, nelle due missive inviate ai rispettivi rappresentanti legali!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.