lunedì 19 gennaio 2009

Ma sta a vedere che Berlusconi, attraverso Tremonti, vuole mettere di nuovo le banche nelle mani del Governo?


La visita che Alessandro Profumo e altri top manager di Unicredit Group hanno fatto in un paese arabo provvidenzialmente dotato di un ricco fondo governativo alla ricerca di buone occasioni sui sempre più turbolenti mercati finanziari occidentali è stata ufficialmente motivata dalla ricerca di compratori per alcuni assets in vendita scampati ai saldi di fine anno che hanno consentito al gruppo creditizio milanese di mettere una pezza ai non proprio brillanti conti dell’esercizio 2008 che, come è noto, non darà luogo ad alcuna distribuzione di dividendo, con buona pace degli azionisti, fondazioni in testa, chiamati a mettere le mani al portafoglio per garantire il successo dell’aumento di capitale per complessivi 3,3 miliardi di euro appena approvato dalla Consob.

Non sono, tuttavia, mancati articoli di stampa da parte dei soliti giornalisti sospettosi che hanno voluto vedere in questa trasferta all’estero di Profumo e compagni la ricerca di soci disponibili a rintuzzare le paventate pretese dei presidenti delle fondazioni bancarie azioniste di Unicredit che vorrebbero, almeno stando alla attenta ricostruzione de Il Sole 24 Ore, un merger tra Mediobanca e l’istituto di Piazza Cordusio, un’operazione che porterebbe anche a un radicale ricambio dei vertici aziendali, ipotesi ovviamente ben poco gradita al presidente tedesco Rampl e all’ex enfante prodige della finanza italiana che non ha alcuna intenzione di anticipare di qualche anno l’addio alle armi da lui unilateralmente fissato al compimento del sessantesimo anno d’età.

Non so assolutamente se tali indiscrezioni e ricostruzioni rispondano al vero, anche perché è certo che i fondi governativi, siano essi arabi, cinesi o di qualsivoglia altra origine, dopo le scottature ricevute correndo in soccorso delle principali banche statunitensi e svizzere, appaiono molto restii a mettere mano al portafoglio prima che si sia raggiunto davvero il fondo dell’apparentemente inarrestabile meltdown azionario delle banche e delle compagnie di assicurazione, situazione che dovrà essere testimoniata da un sensibile e duraturo rialzo, non certo da qualche sporadica e molto episodica fiammata.

Nel frattempo, continuano le consultazioni tra i principali azionisti sia dell’istituto di Piazzetta Cuccia che di quello con sede a Piazza Cordusio, consultazione che, con ogni probabilità, sono destinate a durare a lungo, anche perché è a tutti chiaro che il principale protagonista del nuovo e per ora del tutto ipotetico scenario, il presidente della Fondazione Cariverona, Paolo Biasi, ha un piede anche nella principale partecipata di Mediobanca: le Assicurazioni Generali, una compagnia attorno alla quale si sono combattute molte guerre palesi e moltissimi conflitti più o meno clandestini che non hanno mai prodotto un chiaro vincitore.

Ma il matrimonio più smentito del secolo rischierebbe anche di mettere in discussione il fragile equilibrio esistente nella variegata compagine azionaria del gruppo editoriale Rizzoli-Corriere della Sera, da tempo oggetto delle brame di quel Partito del Nord che punta a porre sotto il suo controllo quell’intreccio industriale-bancario-assicurativo-editoriale a suo tempo definito Galassia del Nord, eliminando così l’unico elemento di disturbo, a causa della sua indubbia matrice laica, nei confronti del progetto che punta a realizzare un nuovo blocco di potere che potrebbe perpetuarsi per almeno un decennio, se non di più, ove la sua sponda politico parlamentare fosse in grado di portare a termine quel radicale programma di riforme costituzionali enunciate a suo tempo in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera gestito da tal Tassan Din per conto del duo Gelli-Ortolani, programma oggi ripreso e attualizzato dal Premier, Silvio Berlusconi.

Sconfitti precedenti tentativi di assalto affidati a improbabili personaggi del calibro di Stefano Ricucci, l’odontotecnico laziale trasformatosi misteriosamente in costruttore che passerà forse alla storia per l’espressione ‘furbetti del quartierino’ con cui definì sé stesso e i suoi compari quando, oltre alla sua personale e sfortunata avventura nel settore editoriale, tentarono di sottrarre due banche italiane dalle mani di due grandi gruppi creditizi europei che da tempo ne erano azioniste di riferimento, Berlusconi ha capito che la via migliore per rendere il suo potere più o meno coesistente con la durata della sua vita passa per il controllo dei maggiori gruppi creditizi, snodo essenziale per garantire alle imprese amiche quel flusso di finanziamenti necessario per realizzare quelle opere, più o meno grandi, che il governo da lui presieduto può garantire loro.

Acquisito, grazie all’operazione CAI-Alitalia, al ridimensionamento di Giovanni Bazoli e alla brusca estromissione di un direttore generale marito di una esponente di primo piano del Governo Prodi, il controllo del gruppo Intesa-San Paolo, basterebbe favorire e condizionare il matrimonio tra Mediobanca e Unicredit, indurre alcune aggregazioni tra le banche popolari, costringere il Monte dei Paschi di Siena ad aggregare un’altra banca di livello nazionale e una compagnia di assicurazione per raggiungere l’obiettivo di controllare una quota tra il 70 e l’80 per cento dell’offerta di credito alle imprese e alle famiglie, più o meno la stessa quota che era appannaggio delle banche direttamente o indirettamente controllate dal Governo negli anni Ottanta, con la differenza tutt’altro che secondaria che il potere politico è di fatto concentrato nelle mani di una sola persona, circostanza che porterebbe ad un allargamento a macchia d’olio di quel gruppo di imprenditori che ha già capito da che parte spira il vento del Nord e ha già conseguentemente ed effettivamente giurato fedeltà al nuovo Capo.

Avendo riferito della lettera circolare inviata alle fondazioni bancarie dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, mi corre l’obbligo di riferire che oltre alla domanda relativa all’assorbimento più o meno eccessivo del patrimonio in una o più banche, fa anche domande molto indiscrete sui conti, sui rischi e sull’esistenza o meno di un saldo attivo della gestione, domande delle quali conosce già anche le risposte!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.