domenica 8 marzo 2009

Mentre al di qua e al di là dell'Atlantico si nazionalizzano le banche, in Italia Bossi minaccia le ronde a casa dei banchieri!


Come più o meno tutti i fine settimana dal 9 agosto del 2007, la data ufficiale di avvio della tempesta perfetta in corso da diciannove mesi esatti, anche quello in corso si presenta gravido di notizie provenienti dal fronte caldissimo della grandi banche europee, destinatarie, a seconda dei casi, di nuovi provvedimenti di nazionalizzazione, di cessione a banche più grandi e straniere di banche precedentemente privatizzate, per giungere, come sta avvenendo nel nostro amato Paese, all’intervento prossimo venturo dei Prefetti (un tempo definiti di polizia) sui comportamenti più o meno aderenti alle richieste della società civile e alle minacce del leader della Lega Nord, Umberto Bossi, che paventa visite a casa, coperto da passamontagna, degli eventuali banchieri riottosi nei confronti dell’obbligo morale loro imposto dal Governo di sostenere famiglie e imprese.

Al di là del colorito linguaggio di Bossi, non vi è chi non ricordi come, in più di un’occasione, interviste televisive in prima serata comprese, il per la terza volta ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, abbia non solo utilizzato la frase citata da Bossi sulla finalità effettiva degli interventi del Governo sul sistema bancario italiano, che sarebbero volti a salvare famiglie e imprese e non le banche, ma abbia anche sostenuto come, nel deprecabile caso di default di qualche istituto di credito, non restassero ai banchieri coinvolti che due alternative: andare a casa o essere associati a qualche patria galera!

Come ho scritto fino alla nausea, Tremonti ha traccheggiato per oltre quattro mesi prima di licenziare finalmente il provvedimento che prevede la possibilità per il Tesoro dello Stato di sottoscrivere obbligazioni cui la stampa più o meno embedded attribuisce il suo nome, intessendo una sorta di tela di Penelope intessuta di fili alquanto malevoli e velenosi, e questo per il semplice motivo che, a metà di ottobre dell’anno scorso, l’intervento congiunto di Berlusconi e del plenipotenziario Gianni Letta non gli consentirono di scrivere il provvedimento come lui lo aveva pensato, né gli permisero di mandare a casa buona parte dei vertici dei principali gruppi creditizi, unica chance a sua disposizione a quel momento, in quanto, almeno per ora, per spedire qualcuno in galera occorrono ancora tre gradi di giudizio.

Ma Giulio sapeva benissimo che il tempo lavorava a suo favore e che, in particolare il gruppo che aveva puntato maggiormente, le cose sarebbero fatalmente andate come poi sono effettivamente andate, basti pensare che molte delle azioni di quei primi cinque gruppi creditizi che da soli pesano per oltre la metà dell’intero sistema stanno subendo in questi ultimi giorni l’onta di essere quotate a prezzi al di sotto di un euro, mentre altre rischiano seriamente di precipitarvi, e per fortuna che in Italia non vi è il limite dell’unità di conto come c’era (è stata, infatti, opportunamente eliminata dal consiglio direttivo del New York Stock Exchange) a Wall Street.

Mentre concordo pienamente con quei banchieri che sostengono che il valore della capitalizzazione di borsa è una cosa e quello del patrimonio più o meno di vigilanza è un’altra, crdo che sia sotto gli occhi di tutti l’importanza, non solo psicologica, del valore dell’azione, mentre, per quanto riguarda i patrimoni effettivi, rinvio i miei lettori alle considerazioni svolte nella puntata intitolata “I patrimoni di carta delle banche italiane”, nella quale, peraltro, mi limito a riprendere quanto emergerebbe in caso di stress test, per non parlare poi di quello che accadrebbe nella malaugurata ipotesi di default della banca o del gruppo bancario italiano o straniero eventualmente preso in esame.

Pur avendo limato il testo definitivo del provvedimento di qualche asperità, alla fine Tremonti è riuscito a vincere le resistenze reali provenienti dalla sua stessa maggioranza e quelle molto di maniera del ‘poliziotto buono’ Berlusconi, la strenua e sorda opposizione dei banchieri asserragliati a Piazza del Gesù e moralmente sostenuti dal Governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial Stability Forum, Mario Draghi, una alquanto orchestrata campagna di quella stampa che non è mai stata in grado di resistere alle sirene provenienti dal mondo della finanza, e ha promulgato un editto più da Sceriffo di Nottingham che da quel novello Robin Hood che sinceramente ritiene di essere, offrendo agli esausti e insonni banchieri italiani un’opportunità che, sarà un caso, ma nessuno ha ancora colto.

Nel precedente e defatigante week end, da non ricordo più quale capitale europea, il per la terza volta premier italiano, Silvio Berlusconi, persona accreditata dai più di grandi doti comunicative, ci ha comunicato, assumendo un’espressione sorridente e a tratti accattivante, che, per quanto a lui risultava, soltanto una delle grandi banche italiane avrebbe fatto ricorso ai cosiddetti Tremonti Bonds, senza ovviamente dire di quale si trattava, il che ha determinato, per tutta l’ottava di borsa successiva, una vera e propria grandinata di ordini di vendita che hanno ridotto a prefissi telefonici le quotazioni di alcuni dei primi cinque gruppi creditizi, concorrenti, peraltro, della ‘sua’ Banca Mediolanum, una performance che mi ha rimportato in un lampo alla mente quanto avveniva ai tempi del Governo di quel figliol prodigo di Lamberto Dini appena riaccolto nella casa del Padre!

Lasciando per un istante l’Italia e le ronde antibanchieri minacciate da Bossi, sento la necessità di dare conto che il Governo di Sua Maestà Britannica, Elisabetta II, ha appena provveduto a portare al 65 per cento la propria quota nella banca nata dalla fusione di HBOS e Lloyd’s TSB, la Lloyd’s Bank, mentre BNP Paribas e il Governo Belga hanno raggiunto, allo scadere della mezzanotte di venerdì scorso, il nuovo agreement che attribuisce alla banca parigina il 75 per cento della nazionalizzata Fortis Bank, mentre al Tesoro Belga continuerà a fare capo la residua quota del 25 per cento, un deal che sarà sottoposto al voto degli azionisti, anche al fine di evitare ricorsi da parte degli stessi.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .