venerdì 6 marzo 2009

Per fortuna che alla fine è suonato il gong!


Mentre le autorità statunitensi stanno decidendo cosa fare nei confronti del colosso creditizio extracomunitario UBS che ha appena dichiarato di avere 47 mila clienti non in regola con il fisco a stelle e strisce, i mercati azionari europei e americani hanno vissuto ieri l’ennesima giornata di passione, con i bancari e i finanziari in generale a guidare la discesa, in alcuni casi davvero a rotta di collo, anche se ieri le azioni delle due maggiori case automobilistiche statunitensi sembravano fare a gara con quelli delle quattro banche commerciali, in un drammatico testa a testa in caduta libera, con flessioni a due cifre comprese tra il 10 e il 20 per cento e con volumi che non si vedevano da qualche tempo.

Chiunque si sia preso la briga, in questo anno e mezzo di tempesta perfetta, di osservare l’andamento delle maggiori banche commerciali a stelle e strisce, che poi sono in realtà delle vere e proprie banche universali, ognuna dotata di una gigantesca divisione di Corporate & Investment Banking, non ha potuto non notare l’alto grado di resistenza mostrato dalla banca dei nipotini di John Pierpoint Morgan e di Nelson Rockfeller, quella J.P. Morgan-Chase che appariva ai più come uno dei vascelli meglio equipaggiati nella un tempo ampia e potente flotta delle maggiori entità protagoniste del mercato finanziario globale, una tenuta che ha consentito all’azione di outperfomare ampiamente l’alquanto disastroso benchmark di settore, o almeno che le ha consentito di fare ciò fino alla disastrosa seduta di ieri che ha visto anche l’azione di questa banca andare giù come un sasso!

Non so quanto sullo squagliamento dell’indice del settore finanziario stiano pesando gli scandali a ripetizione che hanno tenuto desta l’attenzione delle donne e degli uomini americani, persone spesso già sull’orlo di una crisi di nervi per le preoccupazioni legate alla casa di abitazione e al lavoro, ma che sono rimasti letteralmente esterrefatti rispetto alle non proprio epiche gesta dell’ex presidente del nasdaq, Bernard L. Madoff e a quelle del suo emulo Stanford, due esponenti del mondo della grande finanza che godevano, almeno sino alle scoperte delle Securities and Exchange Commission delle vere e proprie frodi che i due avevano ordito ai danni anche di conoscenti, amici e familiari, comportamenti delittuosi accompagnati da uno stile di vita che definire sardapanalesco sarebbe un eufemismo.

Da cronista della crisi finanziaria, ho tenuto aggiornati i miei lettori sul proliferare di scandali finanziari di minori dimensioni, ma spesso caratterizzati da comportamenti anche peggiori di quelli messi in mostra da Madoff e Stanford, ma non posso esimermi dal notare che, mentre i due hanno almeno corso il rischio di trascorrere il resto della loro vita in una patria galera, le migliaia di top manager e manager delle principali entità protagoniste del mercato finanziario globale non hanno certo dato prova di comportamenti molto più onorevoli, anche perché, più si scava tra le macerie prodotte dagli alti marosi della tempesta perfetta, più emerge un quadro di ordinaria follia che presenta aspetti che veramente risultano incomprensibili se non alla luce di quanto scritto nel bel romanzo intitolato il falò delle vanità!

Che una giornata di tregenda quale è stata quella vissuta ieri dai mercati finanziari europei e statunitensi, come credo accadrà stamane in Asia, sia anche stata quella dello storico fondamento del muro del 2 per cento per i tassi di riferimento applicati dalla teutonica e neotemplare Banca Centrale Europea che non solo li ha portati all’1,5 per cento ma ha anche chiarito che vi è spazio per ulteriori tagli non può non fare sorgere qualche perplessità anche tra i commentatori e gli analisti più embedded alle logiche del capitalismo finanziario, anche perché anche la Bank of England non è voluta essere da meno, tagliando anche il suo infimo tasso ufficiale di un altro mezzo punto, portandolo dall’uno allo 0,5 per cento e annunciando al contempo il proprio impegno ad assicurare maggiore liquidità al mercato.

Per dare un’idea del mix di avidità e sconsideratezza che caratterizzano l’economia statunitense, ma anche quella globale, basti pensare che mentre aumentano le possibilità che il colosso automobilistico General Motors sia costretto a fare ricorso al Chapter 11 della ancora accomodante legge fallimentare a stelle e strisce, si viene a sapere che i compensi complessivi previsti per il numero uno di GM, Rick Wagoner, ascenderebbero alla stratosferica cifra di 14,5 milioni di dollari, una somma che anche al cambio attuale equivarrebbe a 11,5 milioni di euro che sono pur sempre pari a oltre 22 miliardi delle vecchie lire, una cifra che verrà vista come assolutamente scandalosa da quel 60 per cento di americani che preferirebbero che le tre maggiori case automobilistiche andassero in default e vorrebbero che i loro vertici e quelli delle maggiori istituzioni finanziarie statunitensi venissero giudicati da un tribunale più o meno dotato di poteri speciali!

Ne è servita a rasserenare gli animi degli operatori e dei risparmiatori/investitori la notizia che poco meno della metà dei mutuatari subprime sono in ritardo con il pagamento delle rate, mentre è stato parimenti reso noto che 5,4 milioni di mutuatari, pari al 12 per cento del totale dei debitori della specie, non riescono a fare fronte regolarmente ai propri impegni, una percentuale che spinge decisamente verso lo zero il valore dei CDO e degli altri titoli più o meno tossici che sono collateralizzati non solo ai mutui, ma anche al credito al consumo, alle micidiali carte di credito revolving e chi più ne ha ne metta, non dimenticando che quello dei debitori morosi è, almeno stando alle previsioni degli analisti più accreditati, è destinato a più che raddoppiare nel corso dell’anno in corso.

A giudicare dall’andamento delle quotazioni delle azioni dei maggiori gruppi creditizi europei, credo proprio che le cose non si mettano bene neanche da questa parte dell’Oceano Atlantico, un tratto di mare che si sta facendo progressivamente molto, ma molto più stretto!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ .