lunedì 22 giugno 2009

Quanto 'soffrono' le banche più o meno globali nella tempesta perfetta?


Il brusco capovolgimento meteorologico che ha guastato la celebrazione del solstizio d’estate nel Belpaese dal quale scrivo si intona molto bene con le secchiate d’acqua gelata che stanno spegnendo progressivamente gli entusiasmi alquanto sospetti che hanno prodotto, in buona parte a partire dal nulla, la corsa dell’orso o il rimbalzo del coniglio morto, un fine corsa largamente annunciato da quanti hanno cercato di spiegare che le disavventure delle principali entità protagoniste del mercato finanziario globale difficilmente sarebbero terminate a fronte di un tasso medio di disoccupazione ufficiale che a livello mondiale già oscilla intorno al 10 per cento (quello reale è, purtroppo, molto più elevato), di un livello della produzione industriale tra il 10 e il 20 per cento inferiore ai massimi segnati nella prima metà del 2007, di un meltdown immobiliare statunitense che dovrebbe toccare una flessione dei prezzi di poco inferiore al 50 per cento entro i prossimi 24 mesi, prima di tornare, nel 2012, a livelli simili, per difetto, a quelli alquanto depressi toccati nel maggio dell’ennesimo anno di disgrazia 2009, non fosse altro che per il lapalissiano fatto che questi fenomeni si tradurranno ineluttabilmente in un aumento delle sofferenze bancarie superiore a quello previsto nello scenario peggiore dei recenti stress tests effettivamente eseguiti sulle 19 principali entità operanti nel mercato finanziario a stelle e strisce e di quelli simulati per le banche operanti altrove.

L’altra faccia della medaglia, ahimé altrettanto sgradevole della prima, riguarda i conti dei prossimi 12-16 trimestri delle aziende non finanziarie presenti e operanti nei cinque continenti, conti che, in particolare sotto il non secondario profilo della redditività netta, non potranno che essere pesantemente influenzati dalla flessione della propensione al consumo e dalla contestuale crescita del suo complemento a cento rappresentato dalla propensione al risparmio legata al crescente onere rappresentato dal servizio del debito privato, una ricomposizione oramai sotto gli occhi di tutti e che avviene, peraltro, mentre è in corso un fenomeno drammatico di crowding out tra titoli rappresentativi del debito pubblico e quelli rappresentativi del debito delle aziende finanziarie e non finanziarie, il tutto mentre è in corso una feroce competizione per il piazzamento degli stessi titoli pubblici che prevede un turn over annuo cifrabile in migliaia di miliardi di dollari per non meno di un triennio, una competizione che non può che provocare un ulteriore innalzamento dei già elevati differenziali attualmente esistenti tra i diversi emittenti sovrani.

La giusta attenzione ai livelli crescenti del tasso di insolvenza presente nel mercato immobiliare, sia nel comparto residenziale che in quello relativo agli immobili destinati a scopi diversi, ha distolto gli analisti dalla vera e propria impennata registrata nell’amplissimo settore del credito al consumo, sia con riferimento ai prestiti finalizzati all’acquisto di beni durevoli e semidurevoli, sia con riferimento a quello non finalizzato e alimentato dal costante zip zip della carte di credito, in particolare di quello alimentato dalle cosiddette carte di credito revolving, una disattenzione che sta venendo meno anche grazie alla scoperta che il tasso di insolvenza dei debitori della specie facenti capo al colosso Bank of America è oramai giunto al livello stratosferico del 12,5 per cento, mentre, pur segnalando valori percentuali più contenuti, è in crescita esponenziale nella maggior parte delle concorrenti della banca gestita da Kenneth Lewis.

Il numero odierno del supplemento finanziario del quotidiano La Repubblica mette in risalto il fortissimo fenomeno di concentrazione dell’indebitamento delle imprese italiane a carico dei due principali gruppi creditizi, un fenomeno che va di pari passo con quello relativo alla rilevantissima quota di Intesa-San Paolo e di Unicredit Group sui crediti erogati nei paesi dell’Europa dell’Est!