domenica 31 agosto 2008

La brillante pensata di Corrado Passera su Alitalia rischia di essere copiata da Lehman Brothers e da altre banche globali!


La trovata di Corrado Passera sulla tecnicamente fallita Alitalia rischia proprio di fare scuola anche al di là dell’Oceano Atlantico, almeno se le notizie fatte sapientemente filtrare da Richard Flud, l’ultimo manager rimasto coraggiosamente sulla tolda di comando del piccolo ma antico vascello dell’investment banking statunitense che risponde al nome di Lehman Brothers troveranno nei prossimi giorni le più che prevedibili conferme.

Quale è stata la brillante pensata dell’ex enfante prodige della finanza italiana, un ex Mc Kinsey, ex top manager del Nuovo Banco Ambrosiano, ex numero uno operativo di Poste Italiane e, the last but not the least, Chief Executive Officer di Intesa già prima che questa si mangiasse in un boccone solo il solido San Paolo-IMI? Quella di dividere la compagnia di bandiera italiana in due, lasciando i debiti e le obbligazioni di ogni genere ad una bad company perfidamente affidata alle cure commissariali di un ex avversario di Berlusconi, l’ottimo Augusto Fantozzi, che, in realtà, essendo in quota Dini, è forse rientrato nelle grazie del mago di Arcore, mentre le attività in bonis di Alitalia verranno vendute, ad un prezzo di affezione e rigorosamente deciso dagli acquirenti, alla cordata dei comandanti di volo coraggiosi ancora una volta guidati da quel Colaninno Senior che già l’allora capo della merchant bank di Palazzo Chigi, l’unica, secondo il saggio e molto severo Guido Rossi a non parlare inglese, Massimo D’Alema ebbe ad etichettare come guida dei capitani coraggiosi all’epoca della prima scalata Telecom.

Non se se, come dicono autorevoli commentatori, questa sia la prima applicazione di una teoria economica, quella dell’economia sociale di mercato, tanto cara al per la terza volta ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, o se si tratti della solita patacca all’italiana, metodologia non studiata nei prestigiosi corsi post laurea del Mit, di Yale, di Harvard, di Princeton, di Oxford e di Cambridge né alla London School of Economics, ma che rappresenta forse più efficacemente l’ultima applicazione di metodi che trovarono buona espressione nei casi storici del capitalismo familiare italiano, seguace del mercato a parole ma molto vorace nell’approfittare della munificità dello Stato, via IRI, EFIM, EGAM, Cassa del Mezzogiorno, GEPI e chi più ne ha ne metta.

Apprezzo molto, come tutti i critici dell’economia neoliberista e mercatista, gli sforzi compiuti da Eugenio Scalfari, Massimo Giannini, Tito Boeri e gli svariati bocconiani doc che si sono pronunciati su questo presunto miracolo passeriano, cercando, bontà loro di trovare qualcosa da salvare in un qualcosa che forse solo la fervida mente di Enrico Cuccia, teorizzatore della pubblicizzazione delle perdite e della privatizzazione dei profitti o di quella splendida corbelleria che voleva che le azioni si pesassero e non si contassero (applicabile al mercato della Vucciria ma non ad un’economia che pretende di appartenere a pieno titolo al novero dei paesi maggiormente industrializzati, così come fecero a suo tempo di fronte alle operazioni messe in piedi dagli Agnelli per giungere al prezzo di vendita del pacchetto di azioni Fiat in mano alla libica Lafico o quelle più recenti per mantenere all’IFI-IFIL il controllo della Fiat, passando per i vari marchingegni escogitati in questi decenni per salvare il salvabile, costi quel che costi, poco importa se in spregio dei sacrosanti diritti dei creditori che mandano in bestia me almeno quanto vi mandano Guido Rossi!

So bene affermando queste cose di vivere in un Paese che spesso mette alla berlina chi denuncia le manomissioni delle più elementari regole del diritto italiano, di quello comunitario e di quello statunitense che, pur non applicabile da noi, rappresenta pure il quadro di regole della più grande nazione dell’occidente capitalistico, anche perché se ciò non fosse vero non si capirebbe lo sforzo di produzione di eccezioni a leggi preesistenti in cui si è prodotto un Consiglio dei Ministri riunito in fretta e furia alla fine del mese di Agosto, emanando un decreto legge che sarà materia di attento studio a Roma come a Bruxelles, così come sarà attentamente scrutinato dai nutriti studi legali delle principali compagnie aeree concorrenti della compagnia di bandierina Alitalia felicemente risanata.

Avendo scritto la puntata sinora di maggiore successo sia su questo blog che sui numerosi siti che hanno deciso di pubblicarla, dall’eloquente titolo “Quel che è meglio per Alitalia e per l’Italia”, non ritengo opportuno tornare sugli indubbi vantaggi presenti nel piano a suo tempo presentato da Air France, se non per dire che, da quello che emerge dal piano di Passera e Micciché, tra le due proposte non c’è davvero partita e che trovo offensiva per l’intelligenza ed il buon senso la comparazione berlusconiana tra i danni del piano presentato dall’Advisor Intesa-San Paolo ed il fallimento, perché il confronto andrebbe doverosamente fatto con la proposta francese che pagava un qualcosa per la compagnia, si accollava tutte le obbligazioni ed i debiti di varia natura e prevedeva meno di un terzo degli esuberi previsti dal nuovo piano.

Ma forse è meglio passare alla folgorazione, ammesso che abbia avuto il tempo di studiare la brillante soluzione passeriana del busillis Alitalia, che ha colto Richard Flud per risolvere gli altrettanto se non maggiori guai della sua Lehman e cioè quella di affibbiare ad una neonata bad company quanto di cattivo esiste in pancia alla banca d’investimento, che resterebbe così pulita, pulita per la delizia dei suoi molto arrabbiati azionisti che riceverebbero sì e no il 10-15 per cento di quella montagna di titoli, ma potrebbero, come ha suggerito l’ex Chief Economist Allen Sinai, ripartire daccapo con una banca certamente più piccola, ma altrettanto sicuramente più profittevole e sana di quanto lo sia ora.

Mutatis mutandis, si tratta più o meno della soluzione progettata dagli gnomi alla guida dell’extracomunitaria UBS, così come di quella che permise l’avvio dell’avventura del Nuovo Banco Ambrosiano cui contribuì brillantemente l’allora più giovane Passera, sotto la guida, ma guarda un po’, anche quella volta del sempre tormentato Professor Avvocato Giovanni Bazoli, così come di quelle perentoriamente ordinate, ma non eseguite, da un probabile scalatore alle due maggiori ma molto disastrate compagnie di assicurazione monoline, MBIA ed Ambac, così come sono certo che tante entità protagoniste del sempre più inquieto mercato finanziario globale seguiranno a breve soluzioni più o meno similari a quella partorita dalla fervida e certamente brillante mente di Corrado Passera e dei suoi più stretti collaboratori.

Apprendo dal Financial Times che Merrill Lynch avrebbe bruciato in pochi mesi un quarto circa dei 56 miliardi di dollari di profitti conseguiti in 36 anni, anche se mi preme avvertire i miei lettori che credo seriamente che nei prossimi mesi possa azzerarli completamente, se basta!

Trovo, peraltro, molto opportuna la dichiarazione, una volta tanto accomunante le nove sigle sindacali nove che ambiscono a rappresentare gli “attuali” dipendenti di Alitalia, sulla priorità di un attento esame del piano industriale, rispetto alla dolorosa individuazione quantitiva e qualitativa degli esuberi, un’affermazione in sé lapalissiana ma forse per Passera ed i suoi più stretti collaboratori non del tutto usuale!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.