venerdì 21 novembre 2008

E se gli Stati Uniti d'America restassero orfani dellle tre big del settore automobilistico?


E’ proprio vero che ad ogni giorno basta la sua pena, un adagio che trova quotidianamente applicazione sul molto travagliato mercato finanziario statunitense, vera costola del mercato finanziario globale, che anche ieri ha registrato una sfilza di dati molto negativi, quali l’ulteriore balzo in avanti dei delle nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, balzati a 542 mila, massimo degli ultimi sedici anni, il tracollo del leading indicator (-0,8 da +0,1), nonché l’ulteriore appesantimento del Philadelphia Fed Index, un indicatore molto seguito dagli uomini di Bernspan, insomma tutte ulteriori conferme del fatto che si è oramai immersi fino al collo in una recessione bella e buona, della quale non si conosce ancora la profondità e, soprattutto, la durata.

Nel frattempo, fonti vicine alla banca forse finora meno toccata dalla tempesta perfetta, la J.P. Morgan-Chase guidata da Jamie Dimon, rendono noto che sarebbe prossimo un taglio di almeno il dieci per cento degli addetti della divisione di Corporate & Investment Banking, il comparto operativo certamente più falcidiato dalla crisi finanziaria in corso, nonché quello che presenta, all over the world, l’età media più bassa degli addetti unita alle remunerazioni più elevate, in gran parte legate queste ultime all’infernale meccanismo dei bonus di fine anno, spesso multipli della retribuzione contrattuale.

Prosegue la telenovela infinita delle tre maggiori case automobilistiche statunitensi, con le audizioni infinite dei tre big delle case di Detroit sull’orlo del fallimento davanti ai senatori, anche se pare sia stata molto più efficace l’alquanto brutale testimonianza del capo del più potente sindacato del settore, uno speech molto diretto che è stato seguito pressoché in diretta dall’annuncio di un possibile compromesso favorito dalla frenetica attività dei senatori espressione degli Stati maggiormente coinvolti dalla crisi del settore automobilistico, che, in maniera del tutto bipartisan, sarebbero riusciti a trovare una soluzione capace di salvare i classici cavoli e le altrettanto mitiche capre e che sembra non dispiacere troppo neanche ad Hank Paulson (ieri fustigato in diretta dal suo quasi omonimo hedge under) e all’oramai ex presidente Bush.

La possibile accelerazione degli aiuti federali ha consentito un rimbalzo delle quotazioni delle azioni della Ford e della General Motors, in particolare di quelle di quest’ultima che avevano appena raggiunto un livello mai toccato dai tempi della Grande Depressione, un minimo che ha fatto il paio con quello di Citigroup che, nonostante l’annuncio di un arrotondamento della quota da parte del principe saudita Bin Al Whaleed, avevano toccato il ben infimo livello di 4 dollari e 60 centesimi per poi riguadagnare rapidamente l’area dei 5 dollari.

Ovviamente, il compromesso raggiunto è esattamente quello fortemente voluto dai repubblicani moderati, quelli più fondamentalisti chiedevano, infatti, a gran voce il fallimento delle Big Three, consistente nel dirottamento dei fondi del Dipartimento dell’Energia attribuiti dal Congresso per il finanziamento di misure volte ad una maggiore efficienza energetica e non per tappare i buchi di bilancio legati alle scelte davvero scellerate dei maggiori produttori mondiali di SUV, sigla che non ha nulla a che fare con quei SIV che sono costati a Citigroup altri 17 miliardi e spiccioli di dollari.
In questo quadro a tinte davvero fosche, risulta quasi esilarante l’ondivago comportamento dell’ormai mitico Effe O Ixs (al secolo Christopher Cox), un uomo che si è trovato alla guida della Securities and Exchange Coomission unicamente in virtù della sua fede repubblicana e dell’amicizia con Bush Jr., uno che continua a non accorgersi delle montagne russe su cui corrono da mesi le due maggiori compagnie monoliner, MBIA ed Ambac, che tra ieri e l’altro ieri hanno registrato variazioni in un senso ed in un altro per oltre il 100 per cento, dopo essere state nuovamente degradate dalle non proprio attente, né tantomeno particolarmente severe agenzie di rating, quelle, per intenderci, che hanno degradato Lehman Brothers solo dopo che l’alquanto disperato Dick Fuld si era già recato in tribunale per notificare il fallimento!

Prosegue, nel frattempo, il tiro al piattello degli operatori alle maggiori banche e compagnie di assicurazione dei quattro maggiori paesi europei, in una sorta di prefigurazione, anche molto rischiosa, del quadro che assumeranno i due settori al termine delle operazioni di risistemazione/concentrazione che verranno decisi nei prossimi giorni o nelle prossime settimane dai sanguigni Brown, che ha finalmente raggiunto Cameron nei sondaggi ed anche per questo non mollerà la preda, Sarkozy ed Angela Merkel, che è forse la più determinata e decisa del trio, un gioco molto pericoloso proprio perché ho l’impressione che si stia tirando troppo la corda, il che comporta il rischio che si determini la classica situazione nella quale l’operazione riesce brillantemente ma si è costretti a constatare che il paziente è già bello che morto.

Mentre nei tre maggiori paesi europei sono in corso le grandi manovre attorno alle banche ed alle compagnie di assicurazione, in Italia siamo ancora a carissimo amico, quasi la tempesta perfetta non ci riguardasse e si continuasse a credere nella favola della impermeabilità delle banche e degli altri soggetti del mercato finanziario italiano ai guai che stanno vivendo i nostri maggiori partners europei, o almeno questo è quanto verrebbe da credere leggendo le dichiarazioni del presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, un personaggio che insiste nel credere che può essere lui a dettare l’agenda di Berlusconi alias Tremonti.

Peccato che la partita in gioco nel nostro paese sia molto più complicata di quanto si lasci intendere nei pressi di palazzo Altieri, sede dell’ABI, la cui distanza da Palazzo Grazioli, residenza romana del premier, appare in questi giorni passate dalle decine di metri effettive a quella misurabile in anni luce, con i banchieri che si ostinano a credere che il governo darà loro qualche decina di miliardi di euro a titolo subordinato e perpetuo, evitando molto accuratamente di porre qualsivoglia condizione in cambio del suo soccorso!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.