venerdì 7 novembre 2008

Ma non è che in qualche cancelleria europea vi sia qualcuno che vagheggia un rimpasto tra i paesi dell'eurozona? (2)


Un altro fine settimana rovinato per Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia e presidente del Financial Stability Forum, e per Vittorio Grilli, Direttore Generale del ministero dell’Economia che, in compagnia di trentotto loro omologhi, saranno impegnati in Brasile nella preparazione della riunione dei capi stato e di governo del G20 che si terrà il prossimo week end a Washington, con la postazione statunitense che vedrà la compresenza della normale delegazione di fedelissimi dell’oramai ex presidente Bush e della squadra di emergenza per l’economia appena istituita dal neopresidente Barack Obama, un pacchetto di mischia nel quale sono stati chiamati Warren Buffett, Robert Rubin, il giovane presidente della Fed di New York e probabile neo ministro del Tesoro, Paul Volker ed altri non meglio specificati volenterosi, arruolati con il non facile compito di porre ordine in quel casinò a cielo aperto che è diventato il mondo della finanza più o meno strutturata e cercare di trovare il modo di far ripartire la domanda di consumi e modificare l’attuale normativa in materia di espropri immobiliari.

Secondo le prime indiscrezioni filtrate dal quartier generale di Obama e da ambienti democratici in quel di Washington D.C., oltre a rivedere i programmi di spesa di quanto resta del piano di salvataggio delle banche da 700 miliardi di dollari, sarebbe allo studio un mega intervento da 200 miliardi di dollari in due tranche da fare approvare in una riunione speciale del Congresso scaduto e che dovrebbe riverberare i suoi effetti tra dicembre di quest’anno ed il gennaio dell’anno prossimo, al fine di evitare che il prossimo Christmas Spending non si trasformi, e sarebbe la prima volta dal secondo dopoguerra mondiale, in un Christmas Saving, con i mall e i department stores silenziosi per l’assenza del solito rimbombo dello zip zip delle carte di credito azionate dalle voraci cicale a stelle e strisce.

A guardare l’andamento dei mercati azionari nelle ultime due sedute, sembra che si sia rotto il temporaneo incantesimo che ha preceduto l’Election Day, con gli investitori e gli operatori di nuovo alle prese con l’incubo della recessione oramai virulentemente in corso e mentre le banche, le cui quotazioni sono di nuovo spinte prepotentemente al ribasso come accadeva qualche settimana orsono, sembrano continuare a restare del tutto indifferenti di fronte alle inondazioni di liquidità quotidiane ed ai tagli dei tassi ufficiali da parte delle banche centrali dei paesi maggiormente industrializzati, incluso il taglio monstre effettuato ieri dalla Bank of England che, a differenza della Banca centrale Europea, non ha esitato a quasi dimezzare il livello dei tassi precedente, portandoli al di sotto di quel tasso di riferimento della BCE, a sua volta sceso di mezzo punto dal 3,75 al 3,25 per cento.

Non so se, come sostiene oggi l’extracomunitaria UBS, quella che si apre lunedì sarà una settimana davvero difficile per le banche italiane, orfane di quei massicci interventi della mano pubblica già avvenuti nella maggior parte dei paesi europei confrontabili, ma credo proprio che l’apparente inerzia del per la terza volta ministro dell’economia, Giulio Tremonti, stia letteralmente togliendo il sonno ai nostri banchieri, in particolare a quelli posti ai vertici dei primi tre, se non dei primi cinque, gruppi bancari italiani, che hanno, per altro, già visto esaurirsi il piccolo rimbalzo che aveva portato le quotazioni delle azioni delle loro banche un po’ lontano da quei minimi di tutti i tempi toccati, ad esempio, da Unicredit Group, da Intesa-San Paolo e dal Monte dei Paschi di Siena.

E’ del tutto evidente, infatti, che l’attendismo di Tremonti ha molto a che fare con il successo temporaneo del pressing dei banchieri sull’asse Berlusconi-Letta, anche perché, se è vero che il noto commercialista prestato alla politica non ha intenzione di acquisire azioni ordinarie delle banche, è altrettanto vero che non gli passa neanche per l’anticamera del cervello di “sprecare” risorse pubbliche in favore delle stesse banche senza ottenere quei cambi al vertice e precisi e stringenti impegni sui futuri comportamenti in materia di erogazione del credito alle imprese ed alle famiglie che, almeno stando alle sue dichiarazioni, sono per lui un must.

Tutto questo inizia ad essere chiaro a quegli azionisti di riferimento dei primi tre gruppi bancari italiani, fondazioni in primis, che molto probabilmente stanno intensamente interrogandosi sul da farsi e sulla convenienza di pagare lo scotto richiesto dal ministro, cosa che per alcuni di loro non rappresenta poi del tutto un problema, ma viene anzi vista come un’insperata opportunità!

Certo, le ultime esternazioni del premier italiano in quel di Mosca non aiutano certo a dissipare i dubbi che ponevo non più tardi di ieri sui reali motivi che sono alla base di quella triplicazione in tempi rapidissimi del cruciale differenziale tra il rendimento effettivo del BTP italiano e del Bund tedesco, che già veleggia a 130 punti base, un divario enorme per titoli emessi nella stessa valuta e da due paesi membri dell’UE.

E’, infatti, evidente la crescente insofferenza dei governi della Gran Bretagna, della Francia e della Germania per le sempre più evidenti anomalie presenti nel nostro paese, a partire dalla politica economica seguita dal nostro governo e da quella paziente costruzione di un blocco di potere economico del tutto alternativo a quello che ha calcato per decenni le scene sotto l’abile regia di Enrico Cuccia, un blocco di potere che rischierebbe di saldarsi definitivamente ove riuscisse il colpaccio di impadronirsi delle maggiori banche, una mossa che avrebbe il potere di attrarre nuovi consensi da parte di quelle innumerevoli aziende industriali di piccole e medie dimensioni che hanno un bisogno disperato del credito bancario.

Una controprova dell’esistenza di questo nuovo asse Londra-Parigi-Berlino e delle sue intenzioni potrebbe venire proprio dall’anello debole del nuovo blocco di potere, l’Alitalia, con un’offerta a sorpresa di qualche compagnia aerea, forse anglosassone, che verrebbe a rompere le uova nel paniere alla CAI di Colaninno!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.