mercoledì 24 settembre 2008

Bernspan e Paulson chiedono al Congresso di darsi una mossa!


Con un pressing senza precedenti sul Congresso sovrano del potere legislativo negli Stati Uniti d’America, la strana coppia composta da Benjamin Bernanke, in arte Bernspan, e l’ex (?) investment banker Hank Paulson, attualmente “prestato” alla massima carica del dicastero del Tesoro stanno cercando in ogni modo di vincere le resistenze bipartisan di deputati e senatori distolti da una campagna elettorale di asprezza mai vista per cercare di mettere una pezza al meldown della finanza statunitense e di quella globale provocato da una tempesta perfetta che non sembra in alcun modo volerne sapere di sparire dall’orizzonte dei maggiori protagonisti del disastro attualmente e virulentemente in corso.

E’ più che evidente la materia del contendere tra gli eletti dal popolo americano ed il duo più in voga da tredici mesi a questa parte, in quanto i due non vogliono assolutamente saperne di colorare di tinte sociali quello che anche ai bambini appare come il più spudorato tentativo di salvataggio di Wall Street, o meglio delle maggiori entità che vi hanno sede o vi operano da oriundi, un tentativo in sé alquanto disperato alla luce delle dimensioni colossali del problema dei problemi, che continua ad essere rappresentato da quella vera montagna di titoli della finanza strutturata che nessuno vuole più, e le risorse solo apparentemente enormi messe in campo.

E’ stato come al solito Hank a dire qualcosa che assomiglia molto alla verità in un testo preparato per l’audizione cui si è sottoposto ieri di fronte ai senatori della potentissima commissione bancaria del Senato a stelle e strisce, affermando che una supervisione da parte dei congressisti sul piano da 700 miliardi di dollari da lui proposto rischierebbe di allontanare le banche, le compagnie di assicurazione e tutti gli altri possessori di toxic assets a tonnellate, tutta gente che preferisce che sia il loro ex collega a fare il prezzo e non quei politicanti che sembrano essere improvvisamente dimentichi di quanto devono a Big Finance, come a Big Oil, a Big Pharma, a Big Tobacco e chi più ne ha ne metta e minacciano di voler mettere il naso in questioni per le quali non avrebbero la sensibilità, la competenza e la generosità che indubbiamente contraddistinguono l’uomo che ha retto con pugno di ferro in guanto di velluto la ancora potente e sempre preveggente Goldman Sachs.

Impegnati da almeno sei giorni a fare conti su conti, analisti, operatori ed investitori, iniziano a rendersi conto delle ben scarse possibilità che il nuovo mega financial bailout partorito dalla fervida mente di Paulson corre seriamente il rischio di tradursi in una clamorosa riedizione del flop del progetto elaborato sempre da lui nel settembre del 2007, quando, tra rulli di tamburo, fanfare e gli osanna degli innumerevoli analisti, commentatori e giornalisti del tutto embedded alle logiche del capitale finanziario, disse che bastavano i cento miliardi di dollari messi a disposizione dalle tre maggiori istituzioni finanziarie statunitensi per la realizzazione del Master Enhance Liquidity Conduit, prontamente ribattezzato il Conduit dei Conduit, che fece parlare di sé per tre mesi e poi scomparve all’improvviso nel nulla, così come dal nulla sono venute le tante idee del ministro del Tesoro statunitense.

Un mio lettore ha sollecitato una mia valutazione della ennesima mossa scomposta di Effe O Ixs, al secolo Christopher Cox, un politicante repubblicano premiato da Bush nientepopodimeno che con la presidenza della Securities and Exchange Commission, dorata poltrona sulla quale ha dormito sino allo scorso luglio, quando decise che la causa di tutti i mali erano quelle canaglie di ribassisti che, per di più, si ostinavano a vendere azioni che non possedevano, al che decise di vietare per un po’ le vendite allo scoperto, ma non le mosse speculative al rialzo, sulle principali entità protagoniste della scena finanziaria americana, diciannove dicasi diciannove, una decisione che rappresentò il classico calcio di rigore per i ribassisti che si trasformarono, del tutto al riparo da sorprese, in accaniti rialzisti, portando l’azione di una monoliner da tempo tecnicamente fallita ad una quotazione otto volte superiore a quel ignominioso minimo toccato a metà del mese di luglio, ma forti rialzi caratterizzarono anche le altre diciotto entità sulle quali era caduta la scelta insindacabile di Effe O Ixs.

Incurante delle feroci critiche piovutegli addosso da quei cacadubbi degli economisti di professione, dei leftist a stelle e strisce cui non va davvero mai bene niente, delle argomentazioni logiche di autorevoli commentatori di ogni orientamento, il soldato Cox ha deciso che era giunto il momento di tornare in campo e di riproporre la stessa misura con scadenza al 30 settembre, ma stavolta l’ha almeno fatta meno sporca, in quanto ha incluso nel novero delle società sulle quali è del tutto proibito sparare ben 780 compagnie appartenenti un po’ a tutti i settori produttivi, memore di quel from the mountains to the sea contenuto nell’inno nazionale che dicono canti ogni mattina dopo aver innalzato la bandiera a stelle e strisce sul palo posto nel giardino di casa sua.

Il bello sta nel fatto che, forse a differenza di quanto avveniva in quel di luglio, a vendere sono anche gli azionisti in carne ed ossa, spaventati ed anche un po’ disgustati da quella montagna di bugie che si vedono vomitare addosso da persone che non provano alcun imbarazzo nel mentire in modo così spudorato, come aveva ben previsto qualche settimana fa la migliore penna del quotidiano La Repubblica, Peppino Turani; azionisti, peraltro, che vendono in grave se non gravissima perdita, ma che hanno visto troppi loro amici e conoscenti restare con il classico pugno di mosche in mano per aver prestato fede alle rassicurazioni provenienti da Chairman, Chief Executive Officer, o da persone che ricoprivano entrambe le cariche per cumulare stipendi e stock options previste per le due cariche!

Ha un bel strillare Bernspan, dimentico delle buone maniere che dovrebbero caratterizzare un accademico della prestigiosa Università di Princeton, che, se non si approva il piano suo e di Paulson, sarà molto più difficile evitare la recessione prossima ventura, ma credo proprio che dovrebbe piuttosto spiegare dove erano il suo maestro Greenspan e lui quando le Investment Banks e le divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali emettevano a tutto spiano quelli che oggi è di moda definire titoli tossici, puntualmente gratificati della salvifica tripla A che consentiva anche a quei noiosi amministratori dei fondi pensione di poterli allegramente acquistare, dove erano quando si decise di abrogare la legge che dal 1933 aveva posto dei paletti che hanno impedito per oltre mezzo secolo che si ponessero le cause di una crisi finanziaria grave come è l’attuale tempesta perfetta?

So bene che né Bernspan, né Paulson risponderanno mai, ma credo proprio che da due sedute gli analisti, gli operatori e gli investitori stiano esprimendo il loro giudizio sulla bella pensata dei due uomini più potenti per quanto riguarda le vicende del mercato finanziario statunitense, un giudizio che è ben rappresentato dall’andamento dei tre principali indici di Wall Street e dalle quotazioni delle principali beneficiarie di Babbo Natale Hank e della Befana Bernspan, anche se non credo proprio che ciò basterà per indurli a decidere di levarsi di torno!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.