lunedì 15 settembre 2008

Tre giorni e tre notti non sono bastati per trovare un cavaliere bianco per Lehman Brothers!


Sin dal settembre del 2007, da quando, cioè, ho iniziato questa avventura editoriale, assisto allo spettacolo alquanto indecoroso delle sceneggiate che puntualmente si verificano in week end roventi nei quali si susseguono riunioni altrettanto roventi tra persone spesso in pieno conflitto di interessi, a partire da un ministro del Tesoro statunitense che sino al giorno precedente era l’assoluto ed incontrastato numero uno della potente e molto preveggente Goldman Sachs, che nel chiuso di stanze più o meno blindate devono decidere chi e come salvare, operando scelte delle quali non saranno mai chiamati a rispondere davanti ad un tribunale, né ordinario, né, come occorrerebbe per i responsabili del disastro attuale nel mercato finanziario globale, davanti ad un’assise speciale e da una giuria assolutamente non formata da quelli che giustamente Giulio Tremonti ha definito i topi messi a guardia del formaggio.

Peraltro, è proprio da riunioni di guardie e ladri allegramente mischiati assieme come queste che sono nate tutta una serie di decisioni che hanno smaccatamente favorito gli interessi dei responsabili del disastro e non hanno assunto una, dico una, misura che affrontasse efficacemente il problema dei mutuatari colpiti da innalzamenti della rata del mutuo di livello tale da rendere incapienti anche redditi di medio ed alto livello, proposta che pure era venuta da una donna la vertice di un organismo federale competente sulla questione, scegliendo, invece, di emanare, in via assolutamente bipartisan, uno provvedimento che prevede la restituzione fiscale di somme che vanno dai 600 per i singoli ai 1.200 dollari per le coppie, che sono cadute a pioggia sui contribuenti americani, a prescindere dal fatto che fossero o meno nella peste come chi ha perso la casa, il lavoro, o, come spesso è accaduto, entrambi!

Non so assolutamente se la notizia della soluzione trovata per evitare il fallimento di Lehman Brothers arriverà in tempo per tranquillizzare i mercati asiatici che stanno per aprire mentro sto scrivendo questa puntata del diario, né se sarà proprio la terza banca britannica, la Barclays, ha fare la parte del leone nel banchetto che sta per consumarsi sulle spoglie del semiaffondato vascello al cui timone è ancora ostinatamente legato il comandante Richard Fuld Jr., ma sono certo che le decine di banchieri, esponenti del Tesoro, della Federal Reserve, della Securities and Exchange Commission, della FDIC e chi più ne ha ne metta si sono letteralmente sbranati in questi tre giorni di meeting ininterrotto tenutosi presso la sede newyorkese della Fed, non riuscendo, almeno per una volta, a strappare il sostegno pubblico al salvataggio della quarta banca di investimenti statunitense, come è, invece, avvenuto nel caso dell’orso di Stearns e per le tanto amate Fannie e Freddie.

Quello che stupisce realmente è che nessuna Investment Banks o Commercial Banks statunitense si sia fatta avanti senza il sostegno dello Zio Sam, mentre sembrerebbe sia stato manifestato un timido interesse da parte di un’importante banca della nazione su cui regna Sua Maestà britannica, quella stessa banca che rimase clamorosamente, e forse molto fortunatamente, a bocca asciutta nel tentato take over nei confronti di ABN AMRO e che non ha ritenuto di impicciarsi nel disastro della conterranea Northern Rock, la banca che ha provocato il primo assalto agli sportelli britannici degli ultimi 166 anni del Regno Unito e che, dopo un’asta infinita e del tutto infruttuosa, è stata “temporaneamente” nazionalizzata, un crack bancario che avrebbe potuto tranquillamente essere evitato se il Cancelliere dello Scacchiere (in carica da pochi mesi), il Governatore della Bank of England ed il presidente dell’organismo che vigila sul mercato creditizio (FSE) non avessero fatto a gara nel collezionare una serie di errori uno più incredibile dell’altro, restando, peraltro, tutti bellamente al loro lautamente retribuito posto.

L’aspetto più esilarante della peraltro tristissima vicenda della banca fondata quasi 160 anni orsono dai tre fratelli Lehman è rappresentato dal fatto che, una volta tanto, Fuld e gli altri top manager hanno detto la verità in un’estemporanea conference call, il cui testo è reperibile sui siti specializzati e che ho avuto modo leggere integralmente soltanto stamane; ma non solo hanno detto quella che molto presumibilmente è la verità, ma devo anche dire che le misure da loro prese erano anche, a mio modestissimo parere, quelle giuste, al punto di passare quasi indenni al vaglio degli interlocutori telefonici che erano poi la creme de la creme degli analisti finanziari delle banche globali, gente abituata a trovare il classico pelo nell’uovo e che è talmente al corrente delle magagne di casa propria che difficilmente si farebbe infinocchiare da trucchi e trucchetti rappresentativi escogitati da altri.

Ma, come ho avuto più volte modo di ricordare, quello che conta nel mercato finanziario globale non è tanto il valore di una cosa o di una strategia, ma quello che ne pensano quelle mandrie impazzite degli operatori e degli investitori, gente che ha ormai da tempo decretato che Lehman non può farcela ed opera in modo tale da fare sì che la sua sia quella che si definisce una selfulfilling prophecy!

Alla fine di questa maratona di 72 ore che manderà probabilmente a ramengo i pochi matrimoni ancora in piedi di burocrati e banchieri sommersi dalle alte ondate di questa tempesta perfetta che non smette di imperversare da tredici mesi, anche il secondo dossier sul tavolo di Henry Paulson potrebbe essere in un modo o nell'altro archiviato, dopo il primo che era quello intestato alle nazionalizzate Fannie e Freddie, ma temo proprio che il terzo fascicolo di cui a così tanta distanza non riesco a leggere l’intestazione sia in realtà un erto faldone che contiene i nomi di Washington Mutual, la più grande cassa di risparmio statunitense, dell’AIG, la maggiore compagnia di assicurazione a stelle e strisce, di Morgan Stanley e Merrill Lynch, per non parlare poi delle due capofila delle monoliner, MBIA ed Ambac, una lista che, fermandomi solo alle protagoniste assolute dei rispettivi mercati, è certamente aggiornata per difetto piuttosto che per eccesso.

Il messaggio che il duo Paulson-Bernspan, quest’ultimo supportato ieri dal suo Maestro Alan Greenspan, suonerà come una campana a morto a Wall Street, perché i due hanno, una volta tanto, mantenuto la promessa di non salvare più a spese dei contribuenti quelli che per Bernspan sono amici, ma per Paulson sono anche ex colleghi e concorrenti, così come non voglio pensare agli scongiuri che stanno facendo in queste ore i partners di Goldman Sachs, gente che si trova in una situazione peggiore di quella dei dipendenti delle altre Investment Banks o delle altre banche più o meno globali, in quanto sanno tutti benissimo che per loro l’ex capo Henry sarà costretto a non muovere un dito, a meno che non voglia passare dalla graticola dei giornali e degli altri media alle poco confortevoli pareti di una cella sita in un qualche carcere federale.

Apprendo mentre sto terminando di scrivere che Barclays si è chiamata fuori dall’eventuale salvataggio di Lehman, che Bank of America preferirebbe occuparsi di Merrill Lynch, che vi è stata una drammatica conference call domenicale tra i vertici di Lehman ed i suoi dipendenti, che i dealers ed i traders statunitensi inizieranno domani a lavorare all'alba, mentre il plotone di banchieri e funzionari governativi continuano ad oltranza la loro ricerca di una possibile soluzione che potrebbe prevedere una cintura di sicurezza di liquidità per evitare che Fuld chieda la protezione della legge fallimentare!
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.