mercoledì 24 dicembre 2008

Il primo suicidio aumenta le analogie tra la prima e la seconda tempesta perfetta!


Mentre continuano a non essere del tutto chiari i contorni e le reali dimensioni dello scandalo legato all’ex presidente del Nasdaq, Bernard L. Madoff, si è tolta ieri la vita un finanziere francese, René-Thierry Magon de Villehuchet, che aveva perso un miliardo di dollari dei suoi clienti inghiottito, come pare sia accaduto ad altri 50 miliardi di dollari, nello schema di Ponzi messo in atto quasi un secolo dopo dal broker statunitense.

Il sessantacinquenne finanziere, discendente da una nobile famiglia francese, era stato presidente d amministratore delegato del Credit Lyonnais USA e, secondo le agenzie di stampa statunitensi, avrebbe sfruttato le sue molto altolocate amicizie al di qua e al di là dell’oceano Atlantico per farsi affidare ingenti somme da gestire, parte delle quali erano state affidate al fondo di Madoff che aveva garantito per anni ritorni molto elevati e pressoché costanti sul capitale investito, ritorni, purtroppo, in larga parte derivanti dalla progressiva dilapidazione delle somme investite stesse.

Lasciando che i morti seppelliscano i morti, non credo sia superfluo ricordare che la più grave macchia del passato professionale dell’attuale presidente della Banca Centrale Europea, Jean Claude Trichet, è proprio legata alla sua esperienza quale numero uno del Credit Lyonnais, per la quale ha subito un processo dal quale è uscito sostanzialmente indenne ma che ha incrinato la sua fama di banchiere, forse spingendolo a risciacquare i panni nel fiume Meno che, come è a tutti noto, bagna la città di Francoforte e a dare avvio a quel processo di germanizzazione che lo pone molto più vicino alle posizioni di Frau Merkel che a quelle del conterraneo e bellicoso presidente francese, Nicolas Sarkozy.

Non si tratta, come è più che evidente, delle più che legittime scelte personali di Trichet, quanto dell’evidenza che questo progressivo allontanamento dalla sua patria di origine sta influenzando in modo sempre più netto gli orientamenti in materia di politica monetaria della BCE, già di per sé molto orientata a muoversi nel solco di quella perseguita per decenni dalla Bundesbank, un orientamento neotemplare che gioca un ruolo per niente secondario nel mancato coordinamento dei piani di salvataggio francesi e britannici da un lato e di quello tedesco dall’altro, una situazione che sta suscitando il massimo allarme ai piani alti della Commissione dell’Unione Europea che, proprio ieri, ha ritenuto fosse venuto il momento di benedire ufficialmente i piani di salvataggio delle banche approvati dai singoli governi e che sprona quotidianamente i leaders del vecchio continente a passare dalle parole e dalle cifre stanziate sulla carta ai fatti!

Le tensioni tra i partners europei non sono del tutto estranee agli stop and go che stanno subendo le operazioni di salvataggio decise a tavolino dai governi, come è ben dimostrato da quello che sta accadendo in Belgio, dove il governo è stato costretto a dimettersi per il sospetto di aver cercato di influenzare il giudizio dei magistrati sul ricorso dei piccoli azionisti di Fortis che ritengono, a torto o a ragione, di essere stati danneggiati dall’acquisizione da parte di BNP Paribas delle attività al dettaglio della banca in Belgio e Lussemburgo, decisione presa senza l’indizione di una assemblea straordinaria che avrebbe dovuto ratificarla.

La giornata di ieri non è stata soltanto funestata dalla tragica scelta personale del finanziere francese, ma anche da notizie veramente non positive provenienti dal meltdown immobiliare statunitense in corso, con un ulteriore crollo delle vendite di case esistenti che segnano in novembre una flessione che sfiora il 9 per cento e porta il dato annualizzato da 4,91 a 4,49 milioni di case, mentre il prezzo mediano (un’altra delle stranezze statistiche d’oltreoceano) crolla del 13 per cento e si porta a 181 mila dollari per una casa indipendente dagli oltre 200 mila del mese precedente, la più forte flessione degli ultimi quarant’anni, da quando, cioè, esiste l’indice dell’associazione dei costruttori di case e mentre sono crollate del 17 per cento su base annua le vendite totali di case giunte ad un minimo di 332 mila unità.

Nel frattempo, il governo statunitense ha confermato il calo dello 0,5 per cento del prodotto interno lordo nel terzo trimestre, ma con un netto peggioramento delle componenti interne, il che lascia presagire che nell’ultimo trimestre di questo davvero orribile 2008 si dovrebbe registrare una flessione del 6–6,5 per cento, anche se mi trovo costretto a ricordare che esiste un indice molto più attendibile ed autorevole che rivela che la flessione della ricchezza prodotta all’interno degli Stati Uniti d’America è in atto sin dall’ultimo trimestre del 2007 e che quello che verrà archiviato a fine anno sarà il quinto trimestre consecutivo in rosso.

Non bastassero lo squagliamento progressivo del settore finanziario e di quello immobiliare, prosegue pressoché senza soste il crollo delle quotazioni delle due principali case automobilistiche a stelle e strisce, General Motors e Ford, mentre Chrysler rappresenta un discorso a parte in quanto è nelle mani delle voraci e disperate locuste di Cerberus, una tendenza di recente benedetta dall’alquanto impietoso report di una banca europea, anche se extracomunitaria, che ha sostanzialmente definito da buttare le azioni di General Motors, gettando nello sconforto i già disperati possessori delle stesse.

Qualche tempo fa, ho titolato una puntata del Diario della crisi finanziaria chiedendomi se poteva accadere negli Stati Uniti d’America quello che è avvenuto in passato in Gran Bretagna e, cioè la perdita di un settore automobilistico autoctono, un’eventualità in sé non drammatica ma che accelererebbe quel processo di terziarizzazione dell’economia a stelle e strisce che non credo sia del tutto gradito all’establishment di quel paese.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.