lunedì 15 dicembre 2008

L'affaire Madoff colpisce anche le banche italiane!


Come era facilmente prevedibile, la truffa da almeno 50 miliardi di dollari escogitata con non troppa originalità da uno dei maggiori broker di Wall Street, nonché ex presidente del Nasdaq, Bernard L. Madoff, rischia di avere conseguenze pesanti sui clienti ‘istituzionali’ che avevano ben pensato di affidare somme che vanno dalle decine di milioni di dollari sino ai 2,5 miliardi di euro del Banco di Santander guidato dal solitamente accorto Don Emilio Botin, passando per le perdite molto elevate di Unicredit Group e quelle non meglio precisate del Banco Popolare da poco affidato alle cure di un banchiere di lungo corso di scuola Comit quale Saviotti a causa delle improvvise dimissioni del consigliere delegato Fabio Innocenzi.

Sembra quasi un’amara ironia della sorte che, schivati pressoché indenni gli altissimi marosi della tempesta perfetta, la corazzata di Don Emilio si sia andata ad incagliare sulla riproduzione più classica del cosiddetto schema di Ponzi, dal nome di un immigrato italiano negli Stati Uniti d’America all’inizio del secolo scorso che rovinò 40 mila investitori intrappolati nella classica catena di Sant’Antonio, un meccanismo piramidale che, almeno sino all’inevitabile epilogo, consente di pagare rendimenti elevatissimi ai primi sottoscrittori utilizzando le stesse somme da questi versate al truffatore di turno.

A quanto pare, lo schema utilizzato assumeva le vesti di un hedge fund con sede nelle molto compiacenti Cayman Islands, per la precisione un hedge di hedge, un organismo che non è soggetto ad alcuna vigilanza, né tanto meno al rispetto di alcuna regola, situazione alquanto anomale ed assurda ma che è stata benedetta dal Financial Stability Forum anche allora presieduto dal Governatore della Banca d’Italia, ex direttore generale del Tesoro nonché alto esponente della potente e molto preveggente Goldman Sachs, Mario Draghi, un organismo che raggruppa il meglio del meglio dei cervelli dele principali banche centrali e che, nel giugno del 2007, poche settimane prima dello scoppio della tempesta perfetta, stabilì, al termine di una lunga istruttoria, che non vi era bisogno di regolamentare gli hedge funds, confidando, non si sa bene su quali basi, sulla capacità di questi organismi di autoregolamentarsi.

L’unica consolazione in questa allucinante vicenda che non contribuirà certo ad accrescere la fiducia degli invetitori/risparmiatori nei vari organismi di controllo e sui regolatori delle diverse entità operanti in quel casinò a cielo aperto che è oramai diventato il mercato finanziario globale è rappresentata dal fatto che, una volta tanto, a restare impigliati nella rete tesa dal certamente abile Madoff non sono gli appartenenti al parco buoi ma il fior fiore delle istituzioni finanziarie statunitensi, europee ed asiatiche, entità gestite dagli stessi responsabili della proliferazione dei prodotti più o meno tossici elaborati dai ben pagati apprendisti stregoni in forza alle fabbriche prodotto delle Investment Banks e delle divisioni di Corporate & Investment banking delle banche più o meno globali.

Non potevano mancare nel ben selezionato mazzo un congruo numero di banche italiane di primo livello che pur non investendo la stessa cospicua cifra di Unicredit o quelle ancora da definire del Banco Popolare, hanno creduto nelle taumaturgiche doti di Madoff per importi che variano da decine a centinaia di milioni di euro ed i cui massimi esponenti dovranno ora vedersela con il poco paziente per la terza volta ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che, come ho scritto più volte, stava solo aspettando il pretesto per passare dalle minacce neanche troppo velate ai fatti nei confronti di quei banchieri che non ha mai troppo amato e sono certo che stavolta sarà perfettamente in grado di vincere le resistenze del premier e del suo più fidato consigliere, Gianni Letta, che, un po’ per celia ed un po’ per non morire, sembravano ostili al progetto di Tremonti di mettere mani e piedi nei maggiori gruppi bancari italiani.

Sono molto curioso di sapere cosa diranno ora gli esegeti della diversità del sistema bancario italiano rispetto ai comportamenti delle ‘spregiudicate’ ed azzardose banche straniere, di fronte all’evidenza di una similarità di comportamento che vede accomunati i top manager di banche e compagnie di assicurazione basate al di là dell’oceano Atlantico con quelli basati altrove, Belpaese pienamente e tristemente incluso, una similitudine che si era già vista con le polizze che avevano come controparte la fallita Lehman Brothers e che hanno massicciamente riguardato anche i risparmiatori italiani, generando le più disparate risposte da parte delle entità che le avevano collocate presso la propria clientela!

D’altra parte, l’acquisizione della Banca Popolare Italiana un tempo gestita dal furbetto del quartierino Fiorani da parte della Popolare di Verona e Novara non ha certo portato fortuna al gruppo creditizio poi ribattezzato Banco Popolare, passato per gravi infortuni quali quello di Banca Italease di cui continua ad essere socio di riferimento e che, sotto la gestione di Massimo Faenza, ha prodotto danni economici e reputazionali gravissimi alle banche azioniste e che continua, dopo il brusco voltafaccia degli acquirenti tedeschi avvenuto qualche giorno fa, a restare una patata bollente tra le mani di Carlo Fratta Pasini e del nuovo consigliere delegato Saviotti, una situazione che viene ben riflessa dall’andamento della quotazione dell’azione che dai 22 euro dei tempi d’oro viene ora trattata nell’area dei quattro euro, una performance certamente molto peggiore di quella registrata dall’indice settoriale che pure non è stato di certo brillante nell’ultimo anno e mezzo.

Sempre parlando di patate bollenti, non lo è certamente da meno quella che è toccata all’oramai ex direttore generale di Intesa-San Paolo, Pietro Modiano, chiamato a sbrogliare la matassa rappresentata dalla Carlo Tassara di Romain Zaleski, un vero e proprio crocevia di partecipazioni strategiche per le banche italiane.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.