martedì 17 giugno 2008

Chi di leva ferisce di leva perisce!


Parafrasando un celebre film americano, verrebbe proprio di dire al Chairman e Chief Executive Officer di Lehman Brothers, Richard Fuld, peraltro l’unico sopravvissuto sulla tolda di comando del semiaffondato ed alquanto fragile vascello alle prese con gli alti marosi della tempesta perfetta in corso: Richard, tu sei il mio eroe!

Incurante degli autorevoli timori della vigilia e delle tante domande rimaste senza risposta nell’ultima conference call tenuta dalla bella e popolare tra i media, Erin Callan, bruscamente allontanata insieme al precedente Chief Operating Officer, Joseph Gregory, Fuld ha ieri dimostrato, infatti, di ben meritare la sua posizione di numero uno, ininterrottamente ricoperta da ben quattordici anni, ed ha preso sulle sue forti spalle tutta la responsabilità dei disastrosi dati del secondo trimestre di questo veramente orribile 2008, il primo in profondo rosso (anzi, per la verità, il primo in rosso) da quando Lehman ha ottenuto di essere quotata a Wall Street nel lontano 1994, quando Richard era già giunto alla massima e duplice posizione di comando della più piccola delle superstiti Big Four.

Non aggiungendo molto in termini di dettagli, se non che l’alleggerimento di ben 130 miliardi di dollari di attività non meglio specificate è relativo al solo secondo trimestre, mentre il saldo dal 2007 è di -147 miliardi, sempre di svalutati dollari, l’ineffabile Fuld ha semplicemente sorvolato sulle domande poste la scorsa settimana alla provata Callan, domande che miravano a sciogliere l’arcano di un entità tutto sommato modesta di perdite derivante da un volume così massiccio di alienazioni, a fronte di quanto è stato lasciato sul terreno, in analoghe anche se molto più modeste svendite, da parte, ad esempio, della extracomunitaria UBS e dalla svalutazione media del 15-20 per cento verificatasi in tutti i casi di inclusione di SIV e Conduit nei bilanci da parte di banche statunitensi e britanniche di rango.

Mentre aleggiavano ancora nell’aria le parole pronunciate ad inizio del mese dal miliardario david Einhorn, ribassista convinto nei confronti della banca di investimenti statunitense, uno che non ha esitato ad uscire allo scoperto su uno dei principali obiettivi delle sue ingenti scommesse e che ha trovato un folto seguito di imitatori, parole che tratteggiavano una preoccupante radiografia dei mali di Lehman che aveva anticipato solo di qualche giorno il dettagliato, anche se molto incompleto, quadro reso dalla oramai ex CFO della banca nella sua lunga conferenza telefonica, un quadro introdotto dall’altrettanto sfortunato ex Chief Operating Officer.

Pur avendo farfugliato qualcosa a proposito di alienazioni in dimensioni accuratamente non precisate di titoli della finanza strutturata della peggior specie, Fuld si è bellamente sottratto alle questioni più scottanti relative, ad esempio, allo stato attuale dell’outstanding dei titoli classificati nella terza fascia, quella introdotta con la forza dai regolatori e che sta ad indicare quelli a maggior rischio, né è riuscito a chiarire il mistero di come sia stato possibile liberarsi di 147 miliardi di dollari di assett al valore nominale con perdite complessive di appena 17 miliardi, solo una piccola parte dei quali spesata effettivamente nel secondo trimestre del 2008, anche se fare l’elenco delle domande poste dagli agguerriti analisti di Goldman Sachs, Citigroup, Merrill Lynch, UBS, Deutsche Bank e compagnia cantante occuperebbe troppo spazio rispetto a quello che da dieci mesi mi sono auto imposto.

Come spesso accade, gli operatori alquanto disperati operanti nel mercato finanziario statunitense ed in quello globale sembrano sempre più inclini a credere a quello che meno aggiunge turbamento e che richiede dosi meno massicce di ansiolitici ed antidepressivi, così hanno accolto con vero sollievo le favole propinate dall’ottimo zio Richard, passando a piè pari su quisquiglie e pinzillacchere quali il valore ampiamente negativo dei ricavi aziendali, crollati rispetto ai 3,5 miliardi del primo trimestre 2008 ed ai 5,5 miliardi del secondo trimestre del 2007, dati che pure qualche riflessione avrebbero dovuto suscitare nelle loro ansiose testoline, mentre sono stati più che lieti di dare ai loro clienti un bel segnale di buy sulle molto depresse azioni di Lehman Bros.

Non so quanto stia pesando l’effetto McDade, dal nome del bravo golfista e numero uno della divisione Fixed Income di Lehman, l’uomo chiamato alla carica più delicata, o, per usare un linguaggio meno polite, quella realmente più rognosa in una Investment Bank, così come in una divisione di Corporate & Investment Banking di una banca più o meno globale, forse anche grazie all’appellativo di Tiger Woods, conquistato sia sul green che nell’agone torrido della battaglia quotidiana sul mercato finanziario globale, uno di quelli che, come si suole dire, non sbagliano mai un colpo.

Mi dispiace per la fama sicuramente meritata di Herbert, ma credo proprio che il compito assegnatogli rappresenti una sorta di nemesi, anche perché i maggiori guai di Lehman dipendono proprio dagli effetti collaterali dei successi dai lui conseguiti nel suo precedente incarico e anche perché l’ottimo McDade ed il suo collega di cui nessuno ricorda il nome e che ha preso il posto sinora brillantemente ricoperto dalla Callan, prima o poi, dovranno fornirle quelle risposte rimaste sinistramente inevase, in gran parte grazie al colpo di teatro messo così brillantemente in scena nei giorni scorsi da Richard Fuld, un talento da regista veramente sprecato sul triste palcoscenico di Wall Street.

Come scrivevo già nei giorni scorsi, non ho certo la pretesa di essere nella testa di Einhorn o di uno qualsiasi dei suoi tanti compagni di cordata, ma credo proprio che ieri sia stata stappata l’ennesima bottiglia di champagne in uno degli esclusivi resort esotici nei quali i nuovi compagni della Tortuga amano trascorrere il loro tempo, tenendosi a debita distanza dalla nevrotica New York, anche perché, armeggiando con i loro molto sofisticati pallottolieri ed ai lor molto volenterosi informatori, si devono essere fatti un quadro molto preciso dello stato di salute, si fa tanto per dire, della loro vittima predestinata.

Già, perché uno degli errori fatali commessi da Erin è stato proprio quello disvelare l’entità delle munizioni difensive approntate presso il quartie generale di Lehman, quei 15 miliardi di cash ed i 45 miliardi complessivi ove si includano anche le linee assolutamente irrevocabili di cui si è dotata la banca, una barricata che dovrebbe essere del tutto inespugnabile ma che, ove nota, rappresenta un vero e proprio invito a nozze per dei raiders dotati dei mezzi e dell’esperienza di Einhorn e compagni, gente, sia detto solo per inciso, che sono diventati schifosamente più ricchi grazie alle scommesse già vinte, inclusa quella che ha ad oggetto una Lehman passata da settembre dai 65 dollari a quotazioni che oscillano tra i 20 ed i 30 dollari.

D’altra parte, mi permetto di ricordare sommessamente a Richard Fuld e ad Herbert McDade che è sempre vero che chi di leva finanziaria ferisce di leva finanziaria perisce!
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/