domenica 1 giugno 2008

Il ritorno al futuro dei retail bankers


Senza apparentemente rendersi conto delle conseguenze delle sue dichiarazioni, il presidente del cartello dei cartelli, L’Organizzazione dei paesi produttori di petrolio, ha ribadito che i prezzi attuali del petrolio non sono dovuti a fattori di mercato, anche alla luce dell’elementare considerazione che il non eccezionale divario tra domanda ed offerta registrato sino a qualche mese orsono è di fatto svanito, quanto al gioco della speculazione rampante di matrice in larga parte occidentale.

E’ da alcuni giorni che il cerchio si va stringendo attorno alle entità operanti nel mercato finanziario che da almeno nove mesi si stanno impegnando in scommesse gigantesche e, per lo più one way, sul prezzo del petrolio e delle altre materie prime, non disdegnando puntate anche sul rovente capitolo delle derrate alimentari, ma è solo da venerdì scorso che si è venuti a sapere (vedi la puntata di ieri) che la un tempo temutissima Commodities Futures Trading Commission (CFTC), ha reso noto di aver avviato da oltre sei mesi i suoi funzionari per verificare l’identikit dei tanti che stanno operando sui futures sulle commodities di ogni genere, ma in special modo sul petrolio e le altre materie prime energetiche, scommesse che si stanno rivelando come delle self-fulfilling prophecies e che sono caratterizzate dallo sgradevole corollario di mandare letteralmente alle stelle il prezzo del greggio e quello della benzina e del gasolio alla pompa.

Le dichiarazioni del presidente dell’OPEC agevolano il lavoro degli ispettori, in quanto non fanno che ribadire che, anche in conseguenza del duplice colpo rappresentato dal selvaggio innalzamento dei prezzi e dal rallentamento sempre più evidente all over the world, le compagnie dei paesi da lui rappresentati si chiamano fuori dalla caccia al colpevole, rafforzando così quel composito fronte accusatorio che vede negli investitori istituzionali, inclusi i potentissimi fondi pensione statunitensi, nonché i fondi di investimento e gli hedge funds, di stare disperatamente cercando di rifarsi delle immani perdite derivanti dagli effetti della tempesta perfetta facendo fortissime puntate al tavolo verde del casinò della finanza globale, prendendo posizione sul petrolio e le altre materie prime in un mercato dei derivati nel quale, anche prima del loro arrivo in massa, neppure l’uno per cento dei contratti arriva alla conclusione naturale con relativa fisica consegna della materia prima sottostante.

Non c’è che dire, come sostengo da lungo tempo, se esistesse uno studio legale statunitense quotato in borsa io ci scommetterei anche la camicia, in quanto, anche nella nazione più litigiosa al mondo, l’escalation prevista delle litigation giudiziarie avrà senza ombra di dubbio tassi di crescita esponenziali, in una sorta di scontro tutti contro tutti che risulterà ancora più cruento per l’ovvia considerazione che siamo in un anno elettorale e che tutti i candidati, da quelli che puntano alla presidenza a quelli che vorrebbero essere eletti come sceriffo di un paesino del Tennessee, non hanno problemi a decidere cosa dire nei loro più o meno infuocati discorsi, nei quali non manca mai l’attacco furioso al popolo di Wall Street accusato apertamente di avere provocato la rovina dei bravi e buoni abitanti di Main Street.

L’attesa degli analisti e degli operatori è ormai tutta per i dati sull’inflazione previsti nei primi giorni della prossima settimana, anche perché tutti ormai temono la trasformazione sempre più netta che sta avvenendo nell’amico Bernspan che minaccia sempre più di trasformarsi in Bernvolker, spinto come è a cercare di recuperare nel più breve tempo possibile la sua credibilità ed il suo onore di studioso che tutto vorrebbe meno che passare come il primo esperto di crisi finanziarie che si è fatto menare per il naso da quelle vecchie volpi dei banchieri di investimento e di quelli a capo delle banche più o meno globali che hanno finto di non sapere la verità sullo stato disastroso dei conti delle banche da loro guidate, o, peggio, che non sapevano neanche alla lontana quanto erano nei guai.

D’altro canto, non va sottovalutato il circolare sempre più frequentemente tra gli esperti di ogni ordine e rango della parola in assoluto più temuta da tutti, quella stagflazione che rappresenta senza ombra di dubbio il worst case scenario in quanto produrrebbe una spettacolare distruzione di potere di acquisto e di posto di lavoro ed aprirebbe le porte ad un successivo scenario recessivo di prolungata durata e di forte intensità.

Il moltiplicarsi dei guai delle Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali o di quelle CIB delle CIB rappresentate dalle superstiti quattro grandi investment banks statunitensi sta portando ad una pressoché generalizzata riscossa degli uomini legati al retail banking, una riscossa che porterà a grandi sconvolgimenti nella lotta senza quartiere per ascendere al rango di numero uno di queste entità, una lotta che vede al momento sicuri perdenti proprio quei capi del wholesale banking che sembravano destinati a togliere sempre più ruolo e spazio ai banchieri impegnati in attività più tradizionali.

Riservandomi di tornare più dettagliatamente sulle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, vorrei solo esprimere un relativo grado di sconcerto per quella che i media leggeranno come una sorta di scampato pericolo per le banche italiane, anche se, ovviamente, condito da molte cautele che sono quasi d’obbligo per chi riveste il ruolo di presidente del Financial Stability Forum e che, in tale veste, sarà chiamato a trasformare, dopo la scontata approvazione prevista per metà luglio da parte dei sette grandi del pianeta, in decisioni operative le 65 raccomandazioni contenute nel suo ormai notissimo rapporto sulle cause della crisi finanziaria e sui rimedi da adottare per evitare il peggio e perché un’altra tempesta non abbia a ripresentarsi in un futuro prossimo venturo.
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/