sabato 14 giugno 2008

Il lunedì più caldo di Lehman Brothers!


Una vera e propria raffica di downgrades, stavolta decisa all’unisono dalle tre principali agenzie del mondo, ha colpito Lehman Brothers, la più piccola ma molto blasonata delle superstiti quattro Investment Banks statunitensi, con un riferimento esplicito nei comunicati stampa con i quali le agenzie hanno illustrato le motivazioni dei loro una volta tanto tempestivi verdetti alla brusca rimozione di Erin Callan dall’incarico di Chief Financial Officer ricoperto per soli sei mesi e del Chief Operating Officer, Joseph Gregory, entrambi mantenuti nell’ambito della banca di investimenti, mediante il ripristino delle precedenti attribuzioni, Erin all’investment banking e Joseph nuovamente nell’impegnativo ruolo di Global Head della Equity Division.

Evidentemente, né Moody’s, né Standard & Poor’s, né tanto meno la più severa ed attenta Fitch’s hanno compreso, ed io con loro, i motivi alla base di una decisione che, oltre a decapitare brutalmente il vertice di Lehman, con l’eccezione del disponente i provvedimenti, il molto discusso e discutibile Richard Fuld che assomma, peraltro, le cariche di Chairman e CEO, una decisione lo ripeto per i più distratti presa dopo la defaticante performance della Callan, esibitasi in una lunghissima conference call con le maggiori banche di investimento e con quelle più o meno globali ed a tre giorni lavorativi dalla presentazione della prima trimestrale in rosso (profondo) da parte della banca da quando, nel 1984 è stata ammessa alla quotazione a Wall Street.

Così come gli analisti delle agenzie, una volta tanto tornati all’antica fama di severità, devono avere compreso le ragioni degli arraffazzonati rimpiazzi decise dall’ineffabile Fuld, che ha pescato all’interno nominando Chief Financial Officer Ian Lowitt (sino ad ieri vice della Callan) e, in qualità di COO, Herbert McDade, del quale ignoro il precedente incarico ricoperto sempre in Lehman, ma quello che è certo è che non devono avere troppo apprezzato che siano state allontanate le due persone che maggiormente si sono impegnate in un’operazione di trasparenza e di una radicale pulizia del bilancio della malconcia Investment Banks, mediante un alleggerimento delle posizioni di tale entità da non poter non avere visto il pieno coinvolgimento dello stesso numero uno della banca.

Ai qualificati analisti intervenuti con domande tutt’altro che innocue alla citata conference call resterà forse per sempre la curiosità su quell’ulteriore disvelamento di dettagli non proprio secondari che Erin, quasi recitasse un salvifico mantra, rinviava quasi ossessivamente alla conference call prevista per lunedì in coda alla presentazione ufficiale dei conti del secondo semestre, cifre e dettagli che molto difficilmente il suo secondo ed attuale sostituto Lowitt sarà in grado o potrà fornire, situazione più che prevedibile e che ha indotto gran parte degli analisti delle maggiori entità operanti nel mercato finanziario globale ad anticiparsi nel lavoro e ad abbassare i ratings su Lehman ancora prima delle citate decisioni delle tre agenzie, con lo spiacevole corollario che gli arretramenti effettuati si accompagnano all’annuncio di ulteriori non proprio positive decisioni già a partire dalla serata newyorkese di lunedì 16.

Avendo da tempo deciso di non consentire commenti alle puntate quotidiane del Diario della crisi finanziaria, non sarò tenuto a rispondere alle obiezioni del distratto di turno che potrebbe obiettarmi che, dopo aver perso sino al 72 per cento del valore dai massimi delle ultime 52 settimane, l’azione di Lehman Bros ha vissuto ieri un rally, prima del triplice downgrade, che la ha spinta verso l’alto al non disprezzabile ritmo del 13 per cento, ma mi permetto comunque di suggerire la possibilità di un’azione concomitante di massicci buy back ed altrettanto ingenti e prevedibilissime operazioni di ricopertura da quanti stanno operando massicciamente e dichiaratamente allo scoperto, nonché il dimezzato volume di scambi rispetto a quello registrato nelle due sedute precedenti.

Così come confermo che non vi è Investment Bank o divisione di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali dove non si stia passando ai raggi X il lungo testo che trascrive l’ampia e dettagliata introduzione di Erin e, soprattutto, la parte relativa alle domande e le risposte con gli analisti molto agguerriti e preparati allo specifico impegno e dotati, peraltro, di dettagliate informazioni provenienti dai loro reparti impegnati in fatiche molto similari a quelle di Erin Callan e di Joseph Gregory (non a caso, gran parte delle obiezioni partivano proprio dalla relativa esiguità delle perdite realtive alla maxi svendita effettuata in fretta e furia di ben 130 miliardi di dollari di attività in precedenza detenute da Lehman, cifre poco credibili alla luce degli oneri sopportati dai diretti concorrenti, ad esempio la extracomunitaria UBS, per operazioni similari anche se di entità molto, ma molto più modesta).

La mia pluridecennale esperienza di commentatore di crisi finanziarie assolutamente non comparabili con la tempesta perfetta attualmente e virulentemente in corso mi consente di ricordare che non è stato raro osservare, ad esempio nel 1987 e nel 1998, uno sprazzo di rally seguire due sedute pessime di borsa e precedere una o più sedute ancora peggiori di quelle che hanno preceduto il cosiddetto recupero e, purtroppo, come me, ancora meglio lo ricordano quanti erano a quei tempi coinvolti non come economista o giornalista, ma bensì come operatori che, molto spesso, rischiavano del proprio.

Sono veramente stupefatto per il low profile informativo che sta accompagnando la riunione dei ministri finanziari e dei governatori delle banche centrali dei paesi del G8, impegnati in Giappone con all’ordine del giorno in realtà un solo argomento: cosa fare rispetto all’impazzimento del prezzo del petrolio, ma, soprattutto, cosa fare per dare una regolata a quel mercato dei futures che sembra ormai del tutto fuori controllo.

I preoccupatissimi ministri e governatori hanno, in realtà, deciso di affidare al Fondo Monetario Internazionale, attualmente diretto dal francese Dominique Strauss Kahn, di proporre in tempi record una stretta sui depositi a garanzia dei contratti derivati sul petrolio e le altre materie prime, derrate alimentari ovviamente incluse, e di mettersi a disposizioni di quanti stanno attivamente indagando sulle diverse ipotesi di reato eventualmente commessi dagli a volte molto improbabili raiders, spesso facenti capo a fondi di investimento e fondi pensione, su tutti quello degli insegnanti della California, che, assieme ai soliti noti delle Investment Banks e delle banche più o meno globali, stanno operando su volumi quotidiani quindici volte superiori al sottostante fisico del greggio.

Anche in questo caso mi permetto di rivolgere un sommesso ed amichevole suggerimento ai vertici dei fondi pensione e di investimento attualmente impegnati in questo gioco pericolosissimo al solo scopo di recuperare parte dei quasi 700 miliardi di dollari che, alla fine della fiera, perderanno a causa della tempesta perfetta: prendete i soldi guadagnati e scappate a gambe levate prima che sia troppo tardi!
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/