lunedì 30 giugno 2008

Quello che era meglio per l'Alitalia e per l'Italia!


Nel mese di dicembre dello scorso anno, ho dedicato una puntata speciale del Diario della crisi finanziaria a quella che sembrava ai più la soluzione migliore (in verità l’unica presentata al termine di una gara pubblica lunghissima e non priva di colpi di scena) per risolvere i problemi della ex compagnia di bandiera italiana in crisi di liquidità e di prospettive, una soluzione che prevedeva la vendita di Alitalia al colosso francese Air France, il tutto sulla base di un piano industriale presentato che appariva credibile, anche se, come tutte le cose della vita, certamente perfettibile nel corso del previsto confronto sindacale che avrebbe cercato certamente di strappare condizioni migliorative rispetto a quelle inizialmente illustrate dal CEO della compagnia francese, Cyril Spinetta.

Sempre in quella puntata, forse la più ripresa in assoluto da altri siti, sottolineavo la determinazione ed il coraggio del Consiglio di Amministrazione di Alitalia che, non limitandosi a svolgere il ruolo di passacarte, aveva lungamente esaminato ed approvato l’offerta francese, così come l’atteggiamento una volta tanto decisionista dell’allora Governo Prodi che aveva, a sua volta, prontamente espresso la propria approvazione, dando così il via libera al confronto tra Air France e le nove organizzazioni sindacali presenti in Alitalia.

Volutamente, non sono intervenuto sui successivi miglioramenti al piano originario presentati da Spinetta nei mesi successivi, miglioramenti legati all’evolversi della trattativa e miranti ad eliminare alcune asperità previste con ogni probabilità in chiave di tattica negoziale dagli offerenti, ma che si prevedeva, altrettanto probabilmente, sin dall’inizio di rimuovere per giungere all’approvazione di massima, in quanto giudizi di merito sulla trattativa allora in corso esulavano del tutto dai motivi che mi avevano spinto ad esprimere una valutazione positiva della possibile soluzione degli annosi problemi che avevano spinto l’Alitalia fino sull’orlo del burrone.

Come tutti sappiamo, l’intervento a gamba tesa in piena campagna elettorale del leader maximo del centrodestra, Silvio Berlusconi, contribuì in larga misura al fallimento del difficile negoziato in corso, spingendo, infine, Air France a ritirare la sua offerta ed il capo azienda di Alitalia, Maurizio Prato, a presentare le sue dimissioni irrevocabili, con il conseguente aggravamento della crisi di Alitalia che ha prodotto la decisione, su base bipartisan, di avallare un prestito ponte di 300 milioni di euro in favore di Alitalia che è già stato giudicato aiuto di Stato dalla Commissione di Bruxelles con un dispositivo, però, che non prevede la restituzione immediata del prestito e concede alcuni mesi per trovare una soluzione alternativa al certo fallimento della compagnia aerea.

Quello che vi è di certo e di nuovo è che la fantomatica cordata di imprenditori italiani ansiosi di mettere mano al portafoglio per conservare in mani italiane il controllo di Alitalia, evocata con forza da Berlusconi nel mese di marzo, non si è, ad oggi, ancora materializzata, né vi è per il momento nemmeno un nome di azienda tricolore certamente presente al suo interno, mentre è tristemente certo che il nuovo numero uno della compagnia aerea ha ottenuto l’approvazione da parte dell’assemblea di un bilancio che presenta una perdita di poco inferiore ai 500 milioni di euro, ben sapendo, sia lui che coloro che hanno partecipato al voto, che i conti del primo semestre 2008 che si chiudono oggi e le prospettive per il secondo semestre che domani si apre sono ancora peggiori di quelli del pur orribile 2007.

Dimenticavo, vi è un’altra novità ed è rappresentata dal cambiamento della precedente procedura di vendita e dall’affidamento, per un periodo di sessanta giorni che stanno oramai volgendo al termine, del ruolo di Advisor della operazione a Banca Intesa-San Paolo, o per meglio dire, al suo Chief Executive Officier, Corrado Passera, che si è visto premiato per i silenzi alquanto eloquenti che lo hanno caratterizzato rispetto alle ripetute dichiarazioni del candidato premier Berlusconi che attribuivano al gruppo creditizio da lui guidato un ruolo attivo nella costituzione della fantomatica cordata, ad onta del ritiro dalla gara dell’unico acquirente rimasto in lizza quel Carlo Toto di Air One, assistito proprio da Intesa-San Paolo.

Malgrado le insistenti indiscrezioni sui sempre più frequenti mal di testa del Presidente del Consiglio di Sorveglianza, il Prof. Avv. Giovanni Bazoli, un malessere del quale il banchiere bresciano notoriamente soffre da sempre, ma che si sarebbero intensificati da quando il gruppo che ha creato con ostinazione e determinazione è sembrato sfuggire al suo controllo, in gran parte a causa dei comportamenti dell’ex enfante prodige della finanza per lungo tempo a lui disciplinatamente sottoposto, ma che è apparso ai più folgorato sulla via di Arcore, quasi come accade duemila anni orsono al Santo che dà il nome ad una delle componenti principali del gruppo avvenne, pare altrettanto improvvisamente, sulla via di Damasco, Passera si è alacremente messo al lavoro sul difficile dossier ed è in procinto di presentare il tanto atteso piano industriale della compagnia aerea basata in Via della Magliana in Roma.

Pur non essendo mio costume commentare un piano industriale prima della sua presentazione, non posso, tuttavia, ignorare le concomitanti, particolareggiate ed omogenee informazioni fornite dalle agenzie di stampa e dall’intero circuito mediatico in questi giorni, indiscrezioni troppo verosimili per non essere in qualche modo ispirate da persone a conoscenza dello stato di avanzamento dei lavori del piano e, altrettanto verosimilmente volte, a preparare il terreno in vista dell’impatto che il documento avrà sui dipendenti di Alitalia, sui sindacati e sull’intera opinione pubblica, in particolare su quanti fra gli appartenenti alle tre categorie citate ha ritenuto, sin dall’inizio, che per la compagnia aerea ed i suoi dipendenti le previsioni sarebbero state significativamente peggiori di quelle illustrate nei mesi scorsi dal pugnace ma leale Spinetta.

Sarebbe ingiusto nei confronti di Corrado Passera e dei suoi più stretti collaboratori, da settimane impegnati a tempo pieno nell’immane fatica di trovare la quadratura del cerchio, impresa ben più difficile di quella rappresentata dal risolvere un koan zen (anche detto problema insolubile se ci si basa solo sulla mente), non ricordare il peggioramento dello scenario delle compagnie aeree di tutto il mondo legate, essenzialmente, ad un incremento del prezzo del greggio che sfiora l’80 per cento rispetto a quando Air France ha presentato la sua offerta vincolante, o, per aggiungerne solo una, il forte calo dei ricavi di Alitalia legato al crollo delle prenotazioni a loro volta legate al clima di incertezza che circonda le sorti della compagnia aerea.

Ma, forse, il problema sta proprio nel fatto che è stato un errore fatale, per altro commesso da molti, non stringere i tempi della trattativa con Air France ed attendere che maturassero condizioni ben più difficili legate al peggioramento ulteriore dei conti aziendali (largamente prevedibile) ed al vero e proprio boom del prezzo del greggio che ha tra le sue cause la crescita esponenziale dell’operatività in derivati delle banche globali dirette concorrenti di Intesa-San Paolo, che, secondo i maligni, starebbero cercando di mettere così una pezza alle perdite derivanti dalla crisi finanziaria in corso.
*
Ricordo che il diario della crisi è presente anche sul mio blog http://www.diariodellacrisi.blogspot.com/ e che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/