L’allarme svalutazioni proveniente dal colosso creditizio Citigroup rappresenta solo la ciliegina sulla torta di una pessima settimana che si è aperta con la orribile trimestrale presentata dal numero uno di una Lehman Brothers reduce dalla decapitazione pressoché in diretta del resto del suo stato maggiore, passando per una sostanziale tenuta, non scevra di sinistri scricchiolii, dei conti della potente e molto preveggente Goldman Sachs, a sua volta seguita dal vero e proprio meltdown di utili ma, soprattutto di ricavi per Morgan Stanley, mentre occorrerà attendere la fine del mese per avere un quadro esatto dello stato di salute di Merrill Lynch, l’ultima delle Investment Banks statunitensi a rilasciare i propri risultati, una banca con pochi margini di manovra e di possibile reattività, avendo già sostituito il vertice e richiesto il richiedibile al mercato in termini di ricapitalizzazione.
Archiviata la seduta di ieri con un mini rimbalzo dei tre principali indici azionari, anche Wall Street inizia ad evidenziare le fatiche della fase, con un Dow Jones Industrials che occhieggia in modo sempre più convinto alla soglia psicologica dei 12 mila punti, con una possibile rottura verso il basso che aprirebbe, secondo alcuni analisti in vena di pessimismo non scevro di ragioni, ad una discesa in tempi rapidi verso quella che si presenta come la linea Maginot della tempesta perfetta e che va a coincidere con la diga dei 10 mila punti, una soglia che sembrava lontanissima soltanto nell’ottobre dell’anno scorso, quando, portandosi alquanto inopinatamente al suo massimo storico, si sprecavano gli analisti ed i guru che vedevano a portata di mano lo sfondamento della linea dei 15 mila punti.
Come ho avuto modo di segnalare ripetutamente in questi dieci mesi, la crisi finanziaria in corso non presenta soltanto caratteristiche molto diverse dai sussulti che hanno scosso il mercato negli ultimi venticinque anni, ma assume connotati estremamente preoccupanti ove si prende in esame la vera e propria deriva deontologica intervenuta in molti dei mestieri di quella che qualcuno ha definito l’industria finanziaria globale, una deriva che, secondo le prime evidenze emerse dall’intenso lavoro investigativo in corso negli Stati Uniti d’America, ha assunto in più di un caso caratteristiche che non è esagerato definire criminali e foriere di danni concreti per centinaia di migliaia di spesso inconsapevoli cittadini americani che hanno perso la casa, il lavoro o, non di rado, ambedue.
Non ha destato, quindi, in me alcuno stupore lo notizia dell’ampia pesca di personaggi impegnati a vario titolo nell’un tempo fiorente mercato del mortgage, donne ed uomini finiti nell’ampia rete gettata, su iniziativa di una miriade di procuratori distrettuali, in particolare in quel di Brooklin (New York), dal Federal Bureau of Investigations in mesi di duro e paziente lavoro e che ha già portato, dal 1° marzo di questo orribile 2008, all’incriminazione di 407 persone, 173 delle quali sono state già condannate.
Così come non stupisce che i finalmente solerti investigatori abbiano proceduto ieri all’arresto in diretta dei due principali manager dei due hedge funds facenti capo alla defunta Bear Stearns, ad un anno esatto dal default di questi due organismi con un conto finale di 1,6 miliardi di perdite a carico degli investitori, default preceduto da una molto interessante conference call dei due manager svoltasi a pochi giorni dal disastro e nella quale i due, che nel frattempo si erano liberati, zitti, zitti in mezzo al mercato, delle quote in loro possesso, rassicuravano con grande convinzione sulla solidità dei fondi da loro gestiti, tutto questo mentre l’ineffabile numero uno di Bear, James Cayne, passava il suo tempo lavorativo lontano dal quartier generale, locali angusti cui preferiva, secondo quanto è emerso dalle indagini, i campi da golf o i tavoli da gioco.
Se vestissi i panni dei vertici delle variegate entità impegnate nel rutilante mercato finanziario statunitense, vera colonna del più ampio mercato finanziario globale, inizierei a preoccuparmi per il lodevole attivismo di procuratori, agenti investigativi, funzionari della Sec, della Fed, delle ribollenti commissioni del Senato e della Camera dei Rappresentanti del popolo degli USA, soprattutto perché siamo perfettamente in tempo per un bel po’ di processi ad ampio risalto mediatico da celebrare nella fase più calda dell’anno elettorale che vedrà in autunno l’elezione del nuovo Presidente, il rinnovo parziale del Senato e quello integrale della Camera, nonché quelle relative ai Governatori degli Stati, delle Contee e di uno sterminato numero di municipalità, con relativa ed altrettanto brutale applicazione di uno spoil system che consente a chi vince di fare veramente quello che gli pare rispetto ai responsabili delle entità pubbliche e semi pubbliche esistenti a livello locale.
D’altra parte, se è vero come purtroppo è vero che uno dei tratti distintivi della pressoché costante ascesa del mercato finanziario globale successiva alla deregolamentazione, alla finanziarizzazione ed alla globalizzazione è stata quella di una altrettanto crescente avidità delle milioni di persone a vario livello impegnate nell’industria finanziaria globale, c’è poco da stupirsi nello scoprire il livello di vera e propria spregiudicatezza che ha caratterizzato comportamenti che, certamente non di rado, hanno fatto strame delle poche regole rimaste a regolare quello che Nicolas Sarkozy, presiedente francese ma anche ottimo avvocato di affari, giunse a definire un sistema letteralmente impazzito.
Solo alla luce di tutto ciò è possibile comprendere l’apparente sordità della Banca Centrale Europea alle preoccupazioni diffuse a vari livelli sulle prospettive di sviluppo della ormai molto ampia area dell’Unione Europea, così come le seppur provvisorie conclusioni e relative 65 raccomandazioni esposte dal giovane e preparato Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nella sua veste di presidente del Financial Stability Forum, unico invitato alla recente riunione dei ministri economici del G8 svoltasi ad Osaka nei giorni nei quali al terremoto in corso sui mercati si accompagnavano a poche centinaia di chilometri e sempre sul suolo giapponese scosse pari a 7,2 gradi della scala Richter.
Così come credo proprio sia il caso di mettersi l’animo in pace in relazione alle intenzioni dei neotemplari che affollano il board dell’istituto con sede a Francoforte, molto brillantemente presieduto dal germanizzato Jean Paul Trichet, in quanto, come ricordavo nella puntata di ieri, gli eredi della Bundesbank molto difficilmente si accontenteranno di un episodico rialzo di 25 punti base, quando l’inflazione minaccia molto realisticamente di portarsi almeno al livello del 4 per cento, un livello che dovrà essere sovrastato di non meno di 100-125 punti base dal tasso di riferimento previsto per l’area dell’euro.
Non ho fatto alcun riferimento in questi giorni alla bocciatura, via referendum popolare, del Trattato di Lisbona verificatasi di recente in Irlanda ed alle conseguenze derivanti da tale decisione, anche perché vedo in tale avvenimento soltanto una delle mosse in corso nella pluridecennale battaglia che oppone gli atlantici e gli europeisti, una vittoria che potrebbe proprio rivelarsi pari a quella di Pirro.
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/