Il Congressional Budget Office ha diffuso oggi le sue stime sul deficit federale per l’anno fiscale in corso e per gli anni a seguire fino al 2015, stime ovviamente condizionate dallo scenario economico tutt’altro che favorevole, dal gigantesco sforzo teso a salvare le banche e a rivitalizzare l’economia e, in ultimo ma non certo per ultimo, dal livello elevatissimo del tasso di disoccupazione, stimato al 10,1 per cento nella media dell’anno fiscale in corso.
Le cifre sul deficit federale sono da fare tremare i polsi, con i 1.350 miliardi di dollari previsti per quest’anno e i 980 miliardi per quello prossimo, cifre che potrebbero migliorare solo se verrà mantenuto l’impegno elettorale di Obama di eliminare gli sgravi fiscali sui più ricchi voluti a suo tempo da George W. Bush.
Nel frattempo, vi è stata molta delusione per il calo dei prezzi delle case misurati dall’indice Standard & Poor’s/ Case Shiller, un calo dello 0,2 per cento che fa seguito ad una flessione dello 0,1 per cento relativa al mese precedente, ma l’indagine rivela anche che in quattro delle aree considerate i prezzi si pongono al minimo degli ultimi quattro anni.
Come avevo previsto nell’ultima puntata pubblicata alla fine dello scorso anno, i mercati azionari statunitensi, ma un po’ quelli di tutto il mondo, hanno innestato una decisa retromarcia, con l’indice Dow Jones prossimo a testare verso il basso il livello psicologico dei 10.000 punti, dopo che soltanto poco tempo fa sembrava destinato a testare verso l’alto quello degli 11.000 punti, mentre lo Standard & Poor’s 500 si sta riavvicinando pericolosamente al livello dei 1.000 punti, smentendo clamorosamente gli analisti che vedevano sino a poco tempo fa possibile il raggiungimento della soglia dei 1.500 punti.
So bene che molti attribuiscono questa inversione di tendenza alla proposta di Obama di tassare le banche statunitensi, ma mi permetto sommessamente di dissentire, non fosse altro che un aggravio fiscale di 42 miliardi in undici anni rappresenta uno sforzo più che gestibile per il sistema bancario più potente del mondo.
Il problema è, invece rappresentato dalle tre domande senza risposta che riporto per comodità del lettore:
* Quale è la vera dimensione della montagna di titoli più o meno tossici della finanza strutturata ancora in circolazione e quale è l’esatta distribuzione degli stessi tra le diverse entità protagoniste del mercato finanziario globale?
* Quale è la vera situazione del mercato immobiliare? Una domanda che, anche alla luce del dato odierno sui prezzi delle case, non trova comode risposte.
* Cosa sta accadendo nel mercato obbligazionario dopo le pesanti tosature cui sono stati sottoposti i detentori di obbligazioni tradizionali emesse da entità o entrate in procedura fallimentare o in difficoltà nella restituzione, come nel caso della Dubai World, che ha chiesto una moratoria di sei mesi sulla restituzione sia degli interessi che dei bonds in scadenza?