giovedì 20 dicembre 2012

Le banche italiane fuori dal guado?


In un rapporto (che doveva rimanere riservato) al Fondo Monetario Internazionale, l'Associazione Bancaria Italiana formula le previsioni per il biennio 2012-2013 per il sistema bancario italiano, previsioni che prevedono già da quest'anno un ritorno all'utile, 4 miliardi di euro dal profondo rosso del 2011, quando le perdite erano a quota 24 miliardi.

Ancora meglio dovrebbero andare le cose nel 2013 con utili pari a 6,5 miliardi di euro e un ulteriore calo del tasso di incremento delle sofferenze in discesa di circa 10 punti dal picco del 2011, mentre migliora l'andamento sia degli impieghi che della raccolta.

Tutto bene? No in quanto si tratta di livelli di redditività molto modesti e non lontani da quelli che evidenziava, prima della crisi, uno solo dei grandi gruppi creditizi, ma si sa le cose per l'economia non stanno andando bene e quindi L'ABI si deve accontentare.

Questo scenario semi roseo rischia di pesare sulle trattative in corso in ABI per individuare gli strumenti per favorire la fuoriuscita di decine di migliaia di addetti al settore, una sforbiciata ai costi che potrebbe dare nuovo slancio ai conti economici delle banche italiane.

lunedì 17 dicembre 2012

Cosa succede al Monte dei Paschi di Siena (2)


Ho visto che i miei lettori più affezionati hanno gradito molto la prima puntata sul Monte dei Paschi e ho deciso di dare un seguito approfittando della decisione dell'Unione europea di accettare, seppure solo temporaneamente, l'utilizzo dei Monti Bonds da parte dell'istituto senese che potrà così emettere obbligazioni, sottoscritte dal Tesoro, per 3,9 miliardi di euro.

L'UE ha sostanzialmente sancito che non si tratta di aiuti di Stato ma di una facilitazione finalizzata al piano di ristrutturazione della banca, tanto è vero che il Monte dei Paschi di Siena si è impegnato a fornire a Bruxelles il piano di ristrutturazione che verrà valutato con possibili osservazioni.

Dei 3,9 miliardi, due sono in sostituzione dei Tremonti Bonds ottenuti in passato dall'istituto senese mentre 1,9 miliardi di euro sono denaro fresco del quale la banca ha molto bisogno.

Dopo aver toccato l'onta dei diciannove centesimi per azione, ora il titolo è di due centesimi più alto, ma i problemi, come ben sanno Profumo e Viola, non finiscono qui e solo i prossimi mesi ci diranno se saranno risolti gli affanni della Fondazione che dovrà cedere quote della banca pena l'escussione del pegno nelle mani delle banche creditrici.

giovedì 13 dicembre 2012

Le mani di Draghi sulle banche (2)


Dopo un faticosissimo negoziato durato 17 ore, l'Ecofin ha stabilito che, a far tempo dal marzo 2014, la Banca Centrale Europea avrà la supervisione diretta sulle banche che hanno assett per almeno 30 miliardi di euro, o i cui assett rappresentino il 20 per cento del prodotto interno lordo del proprio paese.

Si tratta di una solluzione di compromesso che accontenta la Germania e la Francia che non volevano che il controllo della BCE si estendesse anche alle banche di dimensioni medie, in particolare le landesbank tedesche.

Per la vigilanza unificata è stato istituito un apposito comitato dei sorveglianti contro le decisioni del quale potrà essere fatto appello a un organismo avente un rappresentante per Stato e che potrà bloccare le decisioni dell'organismo costituito in seno alla BCE.

Il problema delle maggioranze in seno all'EBA, l'organismo che già vigila sulle banche dei 27 stati dell'Unione, è stato risolto prevedendo la cosidetta doppia maggioranza, quella tra i paesi dell'eurozona e quella tra i dieci paesi che ne sono fuori.

mercoledì 12 dicembre 2012

Quanto sono collegati i mercati


Su uno dei siti che più seguo, ho letto una bella intervista a un docente di economia che cerca di spiegare perché l'intonazione negativa o positiva di un mercato azionario tenda a venire riprodotta dai mercati che lo seguono, sulla scia dei fusi orari, ma devo dire che le spiegazioni che ne dà non mi convincono del tutto.

Quello su cui concordo è il ruolo di decision maker delle grandi compagnie di assicurazione delle banche più o meno globali, aggiungerei degli hedge funds, che creano un volume impressionante di scambi concentrati relativamente in poche mani.

Nelle quattro puntate del diario della crisi finanziaria dedicate alla potente e ancor più preveggente Goldman Sachs, avevo cercato di spiegare il ruolo di apripista di questa potente ex banca d'affari (ora è una commercial bank) nei mercati azionari, obbligazionari e delle materie prime, un esempio che viene seguito da molte entità concorrenti.

A fronte di questa nutrita pattuglia di grandi investitori, ci sono poi i piccoli e piccolissimi che sono nella maggior parte dei casi destinati a svolgere il ruolo di quello che un tempo veniva sprezzantemente chiamato il parco buoi, una definizione che è tutto un programma e che le cronache della tempesta perfetta ha visto spesso impantanato in mezzo al guado.

martedì 11 dicembre 2012

Le conseguenze economiche del ritorno in campo di Silvio Berlusconi

 
Da molte settimane non era un mistero per nessuno che Berlusconi aveva deciso di scendere in campo per giocarsi la sesta disfida elettorale dopo quelle vinte nel 1994, nel 2001 e nel 2008 e quelle perse, entrambe contro Romano Prodi, nel 1996 e nel 2006.

Ma, sotto il profilo economico, quella che si combatterà nel febbraio 2013 è una battaglia che si svolgerà nel momento più acuto della recessione e con i mercati pronti a punire severamente le proposte non in linea con un serio processo di risanamento delle finanze pubbliche, premessa, secondo l’Europa, di un processo di ripresa.

Berlusconi parte ai minimi nei sondaggi e lui e la sua possibile coalizione non arrivano al momento a più di un quarto dell’elettorato, ma vi sono diversi motivi per puntare su un recupero molto forte, forse non in grado di sconfiggere la coalizione di centro sinistra ma di limitare i danni.

Già oggi ha cominciato prendendosela con lo spread, definito un inutile feticcio e i cui movimenti verso l’alto non sarebbero stati che il risultato di vendite massicce effettuate dalle banche tedesche a cui si sarebbero poi accodate come un sol uomo una miriade di banche straniere.

Ma il piatto forte dell’uomo di Arcore sarà come al solito rappresentato dal fisco, a partire dall’Imu per il quale proporrà l’esenzione della prima casa all’attacco all’arma bianca contro l’anagrafe tributaria che avrà fra breve la possibilità di guardare tutti movimenti bancari del cittadino.

Funzionerà il richiamo agli animal spirits del cittadino evasore ed elusore? Le prossime settimane e i pochi mesi che ci separano dalle elezioni provvederanno a darci una risposta.

lunedì 10 dicembre 2012

La crisi politica affonda Piazza Affari


Il ritiro della fiducia da parte del partito di Berlusconi ha costretto Mario Monti ad annunciare le sue dimissioni al termine dell'iter del decreto legge di stabilità, la vecchia finanziaria, e accelerato il percorso che porterà alle elezioni anticipate in febbraio e non più il 10 marzo come era inizialmente previsto.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere e l'indice principale della borsa di Milano perde alle prime battute il 2,50 per cento, mentre il differenziale tra il BTP decennale e il Bund tedesco di pari durata è passato da 323 a 351 punti base, dei movimenti che potrebbero essere solo l'antipasto di quello che ci attende nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

A guidare al ribasso l'indice dei principali quaranta titoli sono come al solito le banche, con le tre principali che perdono oltre il 4 per cento, ma la giornata è ancora lunga e vedremo stasera quanto il comparto ha lasciato sul parterre.

Dopo aver passato giorni a calcolare quante misure prevedibilmente non vedranno la luce, ci si è accorti solo ieri che il vincolo di pareggio del bilancio non sarà verosimilmente iscritto nella costituzione e si trattava di un impegno solenne preso con l'Europa.

giovedì 6 dicembre 2012

Cosa succede al Monte dei Paschi di Siena?


Nell'ultima puntata del diario della crisi finanziaria mi interrogavo sul futuro del sistema bancario italiano, segnalando l'estrema criticità della situazione del Monte dei Paschi di Siena, o meglio della sua controllante, l'omonima fondazione che non sa più a che santo votarsi stretta dalle banche che hanno in pegno parte del capitale della banca e che premono perché entrino nuovi soggetti per rientrare di quanto hanno prestato alla fondazione stessa.

E' di ieri la notizia che Standard & Poor's ha declassato i bond della banca a livello di titoli spazzatura, una decisione, quella della società di rating, che non aiuta il già difficile compito del presidente Alessandro Profumo e dell'amministratore delegato, Viola, di portare la banca fuori dalle secche in cui si trova.

D'altra parte, la decisione di portare due esterni sulla tolda di comando della banca senese la dice lunga sulle difficoltà vissute dopo la costosa acquisizione di Antonveneta con la problematica integrazione della stessa e di Banca Toscana dentro il Monte dei Paschi.

Certo, la banca risulta una bella realtà con una dotazione di oltre 2 mila sportelli fortemente presenti in regioni ricche, il che fa pensare che il relativo dossier sia sulla scrivania dei decision maker di banche italiane e straniere.

martedì 4 dicembre 2012

Dove va il sistema bancario italiano?


In numerose puntate del diario della crisi finanziaria, ho affrontato il tema di come sarebbe uscito il sistema bancario italiano dalla tempesta perfetta, cercando di confutare la tesi ricorrente che la scarsa esposizione ai prodotti tossici della finanza strutturata rendeva le banche italiane più resistenti dei competitor stranieri agli alti marosi della più devastante crisi finanziaria dal secondo dopoguerra.

Basterebbe guardare la capitalizzazione di borsa dei primi cinque grandi gruppi per capire quanto infondata fosse quella tesi e per capire come quotazioni orgogliosamente espresse in termini di una certa quantità di euro siano ora cifrate, in un caso, in pochissime decine di centesimi, mentre in altri si fa una fatica tremenda a tenersi abbarbicati alla soglia di un euro.

Il bello è che nessuno sa come sia possibile uscire da questa situazione, anche perché la crisi morde e crescono le sofferenze, mentre l'unica cosa che non manca sono piani industriali a raffica conditi di tagli dei costi, in primis quelli del personale.

La situazione più critica è sempre quella del Monte dei Paschi di Siena, con la Fondazione ancora saldamente proprietaria che ha aperto le porte del capitale della banca a investitori volenterosi, ma che sa che, in un futuro non lontano, dovrà rassegnarsi a passare la mano.

lunedì 3 dicembre 2012

La Grecia a una svolta


I dettagli del buyback dei titoli greci in mano agli investitori privati, con percentuali tra il 30 e il 40 per cento mediante un'asta competitiva hanno soddisfatto i mercati e spianato la strada agli aiuti che saranno ratificati nella riunione dell'eurogruppo del 13 dicembre, mentre non c'è stato ostacolo nel passaggio al parlamento tedesco.

Quello che rimane certo è l'effetto recessivo delle ricette imposte dalla troika al governo greco e che renderanno molto difficile il rispetto dei target di deficit/prodotto interno lordo e debito/prodotto interno lordo a causa del restringimento del pil.

Come che sia, il fallimento della Grecia appare scongiurato e di questo stanno beneficiando tutti i titoli di stato dei paesi dell'eurozona, con lo spread tra BTP decennali e Bund di pari durata che si è portato, seppur di poco, al di sotto dei 300 punti base un livello che non veniva toccato dal 2010, miglioramento che sta riguardando tutta la curva, con i titoli a due anni al di sotto del 2 per cento.

Anche se è presto per parlare di fine della crisi del debito dell'eurozona, è evidente che questa è una giornata memorabile per i mercati del Vecchio Continente, anche perché i ribassisti devono sbrigarsi a ricoprire le proprie posizioni

venerdì 30 novembre 2012

Le mani di Draghi sulle banche europee


Le dichiarazioni di Mario Draghi sulla vigilanza bancaria unificata che va applicata indistintamente a tutte le banche hanno gettato lo sconcerto nel mondo bancario tedesco che sperava fossero esenti le banche pubbliche, fortemente difese dal governo che sperava fossero soggette ai controlli da parte della Banca Centrale Europea solo le banche di maggiori dimensioni. 

Non sono solo le banche tedesche a temere la nuova vigilanza, ma le altre, italiane comprese, tacciono e sono in attesa di capire cosa cambierà rispetto al controllo finora esercitato dalle banche centrali nazionali.

I tempi per l'entrata a regime della nuova vigilanza sono, tuttavia, alquanto lunghi e si prevede che non sarà operativa prima della fine del prossimo anno. Ma Draghi ha anche invitato i paesi membri dell'euro a altre forme di condivisione nella politica economica e in quella sociale, con chiaro riferimento alla necessità di riforma del mercato del lavoro, in particolare in Italia e Francia.

I mercati hanno vissuto ieri una giornata di festa sulle prospettive di un accordo negli Stati Uniti d'America sulla questione del debito, anche se in realtà le posizioni di democratici e repubblicani sono ancora distanti.

giovedì 29 novembre 2012

A che punto è la tempesta perfetta?


Ho già pubblicato in passato una puntata con questo titolo, ma credo sia il caso di tornare sull'argomento visto che vi è stata una sorta di mutazione genetica della crisi finanziaria da sommovimento legato al problema dei titoli della finanza strutturata a crisi del debito dei paesi dell'area euro e, come vedevamo ieri, del paese che è stato l'epicentro della tempesta perfetta, gli Stati Uniti d'America.

Al di là dei problemi di finanza pubblica che sono ora al centro dell'attenzione al di qua e al di là dell'Oceano Atlantico, la questione è capire che fine ha fatto la montagna di titoli della finanza strutturata posti al di sopra e al di sotto della linea di bilancio delle banche più o meno globali, al netto dell'enorme mole di titoli acquisiti a titolo definitivo dalla Federal Reserve e a titolo temporaneo dalla Banca Centrale Europea.

Se si considera che la massa iniziale di questi titoli veniva stimata intorno ai 75 mila miliardi di dollari, che molti sono stati messi a perdita nelle enormi svalutazioni fatte negli anni scorsi e che una parte sono passati nelle mani della Fed, non è azzardato pensare che siano rimaste in pancia alle banche titoli per qualche decina di migliaia di miliardi di dollari.

Va tuttavia detto che vi è stata una gestione attiva di questi titoli consistente, in buona misura, nello spacchettamento dei titoli più complessi, giungendo a titoli più gestibili e che potrebbero prevedere qualche forma di realizzo, ma tutto questo è un'altra storia che potrà essere disvelata solo in un prossimo futuro.

mercoledì 28 novembre 2012

La crisi del debito a stelle e strisce


Come soleva ripetere Giulio Andreotti, ad ogni giorno basta la sua pena, e questo è particolarmente vero per questa epoca sommersa dagli alti marosi della tempesta perfetta.

Non si è riusciti a tirare un sospiro di sollievo per lo scampato rischio di default della Grecia, che già tutte le preoccupazioni sono andate alla crisi del debito in corso al di là dell'Atlantico, dove si corre seriamente il rischio, ove falliscano i difficili negoziati tra democratici e repubblicani, di andare a tagli pesanti alla spesa pubblica.

Non vi è paese, come gli Stati Uniti d'America, dove gli effetti della crisi finanziaria si sono scaricati sul bilancio pubblico, appesantendo defict e debito, per non contare le megagalattiche iniezioni di liquidità decise da Bernspan con acquisti a fermo di titoli, spesso titoli spazzatura, a differenza della BCE che ha operato delle pronti contro termine seppure della durata di tre anni.

Con il rapporto debito/prodotto interno lordo giunto in breve tempo al 100 per cento, meno di Grecia e Italia ma molto di più dei paesi europei virtuosi, e il deficit fuori controllo, gli Stati Uniti affrontano una crisi fiscale senza precedenti e gli europei, stanchi di essere bacchettati da Oltreoceano, stanno alla finestra a vedere i risultati dello scontro in corso a Washington.




martedì 27 novembre 2012

La Grecia è salva?

 
                                                  

La riunione di ieri dei ministri delle finanze dei diciassette paesi membri dell’eurozona, il cosiddetto eurogruppo, è stata, sotto il profilo della durata, la fotocopia di quella della settimana scorsa e anche ieri i ministri sono rimasti inchiodati alle loro sedie per dodici ore consecutive, ma ben diverso è stato il risultato, in quanto alla fine si è trovato un risultato che ha accontentato tutti, compresa la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale, che insieme all’Unione europea formano la Troika.

L’accordo prevede una maggiore gradualità nel piano di rientro del rapporto debito/prodotto interno lordo che dovrà passare dall’attuale 170 per cento al 124 per cento nel 2020 e al 110 per cento nel 2022, concessioni sui prestiti bilaterali, rinvio delle restituzioni e moratoria sugli interessi, restituzione dei profitti fatti sui bond greci dalle banche centrali dei paesi dell’eurogruppo, insomma un mix di misure che sgrava la Grecia dell’equivalente di 40 miliardi di euro.

Dulcis in fundo, viene autorizzato il pagamento in tre tranche di quei 44 miliardi di euro di aiuti, di cui 31 a dicembre, che però, insieme al resto dell’accordo, verranno ratificati solo il 13 dicembre prossimo in una nuova riunione dell’eurogruppo, data scelta per dare modo a diversi parlamenti nazionali, tra i quali quello tedesco, di ratificare l’accordo raggiunto.

Insomma, è un po’ come un gioco dell’oca nel quale si va avanti, ma poi si torna indietro, anche se ritengo che vi è in tutti la consapevolezza della posta in palio e che il 13 dicembre ci sarà il disco verde per la salvezza della Grecia e dell’euro.

Da oggi riprende la pubblicazione del diario della crisi finanziaria e ringrazio i lettori che hanno avuto la pazienza di aspettarmi dopo la lunga pausa che mi sono preso per riflettere sulla crisi del debito in Europa, una crisi che sarà ancora lunga e con forti conseguenze sull'economia reale, i redditi e l'occupazione. 

martedì 6 marzo 2012

La crisi del debito mette a rischio l'euro?

Come i lettori ricorderanno, ho interrotto la pubblicazione delle puntate del Diario della crisi finanziaria quando è stato evidente che, almeno in Europa, la stessa si era trasformata in una crisi del debito pubblico, crisi da me prevista sin dai primi mesi della tempesta perfetta e sulla quale c'era poco da dire se non che avrebbe inevitabilmente portato a politiche deflazionistiche sia nei paesi destinatari di aiuti volti ad impedire il default del debito sovrano, sia nei paesi non destinatari di aiuti ma alle prese con le operazioni di consolidamento, Italia e Spagna in primis.

Sulla Grecia, l'Irlanda e il Portogallo si è talmente detto che ritengo superfluo aggiungere qualcosa, ma il problema è che le ricette che sono state applicate sono quelle classiche del FMI, che, con la BCE e l'Unione europea, forma la troika deputata a concedere gli aiuti ai paesi che li richiedono, ricette che deprimono la domanda aggregata, in particolare la componente consumi, deprimono le entrate fiscali a causa del ridotto livello di attività e all'aumento della disoccupazione, sostituendo queste entrate con altre legate a manovre draconiane che, è esemplare il caso della Grecia, portano ad una recessione profonda.

Il povero Keynes si rivolterebbe nella tomba rispetto a questo approccio che rischia non solo di fare altri milioni di disoccupati ma anche, come Joseph Stiglitz ha recentemente detto, di determinare la fine dell'euro, un'eventualità per lui certa per me tutt'altro che remota, a meno che non intervenga una profonda virata nelle scelte dei leaders europei, una svolta che metta al primo posto la crescita.