La
riunione di ieri dei ministri delle finanze dei diciassette paesi membri
dell’eurozona, il cosiddetto eurogruppo, è stata, sotto il profilo della
durata, la fotocopia di quella della settimana scorsa e anche ieri i ministri
sono rimasti inchiodati alle loro sedie per dodici ore consecutive, ma ben
diverso è stato il risultato, in quanto alla fine si è trovato un risultato che
ha accontentato tutti, compresa la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario
Internazionale, che insieme all’Unione europea formano la Troika.
L’accordo
prevede una maggiore gradualità nel piano di rientro del rapporto
debito/prodotto interno lordo che dovrà passare dall’attuale 170 per cento al
124 per cento nel 2020 e al 110 per cento nel 2022, concessioni sui prestiti
bilaterali, rinvio delle restituzioni e moratoria sugli interessi, restituzione
dei profitti fatti sui bond greci dalle banche centrali dei paesi dell’eurogruppo,
insomma un mix di misure che sgrava la Grecia dell’equivalente di 40 miliardi
di euro.
Dulcis
in fundo, viene autorizzato il pagamento in tre tranche di quei 44 miliardi di
euro di aiuti, di cui 31 a dicembre, che però, insieme al resto dell’accordo,
verranno ratificati solo il 13 dicembre prossimo in una nuova riunione dell’eurogruppo,
data scelta per dare modo a diversi parlamenti nazionali, tra i quali quello
tedesco, di ratificare l’accordo raggiunto.
Da oggi riprende la pubblicazione del diario della crisi finanziaria e ringrazio i lettori che hanno avuto la pazienza di aspettarmi dopo la lunga pausa che mi sono preso per riflettere sulla crisi del debito in Europa, una crisi che sarà ancora lunga e con forti conseguenze sull'economia reale, i redditi e l'occupazione.