Alla fine Danielle Nouy, capo della vigilanza bancaria europea da quando questa è stata istituita, ha ceduto, sebbene il via libera alla fusione tra Banco Popolare e Banca Popolare di Milano sia informale e non ufficiale, sia avvenuto solo perché le due riottose banche con i loro ultimi chiarimenti avevano ceduto su tutta la linea alle richieste pressanti venute da Francoforte sia in termini di governance che di rafforzamento patrimoniale, per non parlare dei tempi di smaltimento delle sofferenze per giungere infine al venir meno della pretesa di autonomia della BPM per tempi da piano quinquennale di sovietica memoria.
Avendo vissuto in prima linea la prima e la seconda fase di ristrutturazione del sistema bancario italiano, quella per capirci in cui si giunse alla creazione di Unicredit e di Intesa San Paolo e alla sciagurata acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena, sì quell'operazione che tanti lutti inferse alla omonima fondazione senese, vedere questa operazione di fusione così rapida e così distruttrice di organismi societari pletorici e frutto di mediazioni spesso inconfessabili mi fa capire che qualcosa davvero sta cambiando nel sistema bancario italiano e che ha davvero ragione la Nouy quando afferma che molto ancora c'è da fare per giungere a quei livelli di concentrazione di cui da tempo va parlando anche il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi.
Se le assemblee straordinarie dei due istituti previste per maggio daranno il via libera, già nel novembre di questo''anno il nuovo gruppo vedrà la luce con 120 miliardi di impieghi, 2.700 sportelli, 4 milioni di clienti e un carico di sofferenze davvero notevole, anche perché in entrambe le banche che vanno a matrimonio il livello di copertura delle sofferenze supera di poco il 30 per cento, un livello di copertura molto basso che fa sì che la differenza tra le sofferenze lorde e quelle nette sia molto meno netta che nelle altre grandi banche italiane, il che, con un livello di sofferenze lorde più vicine ai 30 che ai 20 miliardi non può che preoccupare chi da Francoforte deve occuparsi di vigilare sulla sostenibilità dei bilanci delle banche dell'area euro.
L'aumento di capitale da un miliardo di euro che il Banco Popolare si è impegnato a varare, visti i tempi e gli sciagurati precedenti, verrà riservato agli investitori istituzionali e verrà effettuato in tempi brevissimi grazie alla regia e alla garanzia di Mediobanca, ma lasciatemi dire che con la trasformazione in società per azioni verrà finalmente detta la parola fine alla gestione sindacale della BPM, sindacato aziendale che dovrà accontentarsi di un rappresentante nel consiglio di amministrazione dell'entità risultante, a mezzi ovviamente con i loro colleghi dell'ormai ex Banco Popolare!
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