giovedì 28 aprile 2016

Dove sta andando l'Unione europea?


Guardavo l'altro giorno le statistiche sul prodotto interno lordo dei maggiori paesi dell'orbe terraqueo e mi ha colpito l'assenza dell'Unione europea, ignorata dai redattori della lista stessa proprio come se, come accadeva all'Italia di tanto tempo fa, fosse poco più che un'espressione geografica e non un insieme di paesi che ospitano complessivamente 500 milioni di abitanti e che produce un PIL che, nel 2015, supera quello cinese di 2 mila miliardi di dollari ed è dietro soltanto ai potentissimi Stati Uniti d'America .

Ma quale è il motivo di questa irrilevanza che si moltiplica quando si passa a temi quali quello della politica estera e della difesa? Non è solo, e non è tanto, nelle posizioni degli euroscettici, un insieme che accomuna forze politiche e sensibilità molto diverse tra di loro, ma sta nelle posizioni di buona parte dei leaders politici dei paesi membri, che, fatta la moneta unica e fatti progressi in direzione dell'unione bancaria, non sembrano assolutamente disposti a cedere ulteriori fette di autonomia e si rinserrano pervicacemente nei loro confini sempre più circondati dagli stessi muri che erigono contro la marea umana dei migranti che al momento e sulla base delle esangui tendenze demografiche sembrano più una risorsa che una criticità, come insegnano le esperienze vincenti della Gran Bretagna e della stessa Germania, per non parlare della Francia post coloniale.

Chi pensa che un eventuale successo del referendum del 23 giugno sulla Brexit sia in realtà una questione di poco conto e afferente esclusivamente agli abitanti di quella che in tempi antichi veniva denominata Albione commetterebbe un tragico errore, perché si può discutere sull'impatto economico  negativo che l'uscita della Gran Bretagna potrà avere sugli abitanti di quelle terre, ma quello che è certo è che da quella scelta verrebbero spinte all'uscita di tanti altri paesi dell'Unione i cui governanti strizzano apertamente l'occhio alle spinte nazionalistiche e a quelle pulsioni che definire euroscettiche rischia di essere sempre più un tragico eufemismo.

Non è un caso che il presidente degli Stati Uniti d'America, una nazione con un'opinione dei decision makers non proprio favorevole all'Unione europea, si stia spendendo con vigore perché la Brexit fallisca, perché, al di là delle ricorrenti divergenze su quasi tutti i temi, avverte la necessità di un interlocutore che parli con una lingua sola su temi non secondari quali la finanza, la lotta al terrorismo jadista,il rapporto con Russia e Cina, la difesa e le questioni che compongono ogni giorno l'agenda dei potenti della terra!

Ma la posizione tedesca di chiusura sulle richieste della Grecia per poter accedere alla terza tranche di aiuti a suo tempo concessi dalla Troika, Fondo Monetario Internazionale-Unione europea-BCE, rischia di determinare a luglio un default del debito pubblico del paese ellenico e potrebbe creare le condizioni per una Grexit dall'euro.

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