Secondo quanto riporta un lungo lancio della Reuters, il Governo italiano starebbe trattando con le funzioni competenti dell'Unione europea la possibilità di una ricapitalizzazione precauzionale per le due banche venete salvate dal Fondo Atlante, che prevede quindi un intervento statale ma non l'applicazione di tutte le regole del bail in ad eccezione della conversione delle obbligazioni subordinate in azioni come sta avvenendo al Monte dei Paschi di Siena, e la cifra di cui si discute si aggira intorno ai 5 miliardi di euro.
Per comprendere meglio la questione è necessario fare un passo indietro e tornare alle due fallite ricapitalizzazioni della Banca Popolare di Vicenza prima, un aumento da 1,5 miliardi di euro, e di Veneto Banca poi (la richiesta al mercato era di un miliardo), in entrambi i casi a sostituirsi ad un mercato latitante fu il neonato Fondo Atlante gestito da Alessandro Penati e che sborsò 2,5 miliardi diventando proprietario pressoché assoluto delle due banche (oltre il 99 per cento nella prima e poco meno del 98 per cento nella seconda).
Ai nuovi proprietari e al ministero dell'Economia che segue da vicino la partita è stato immediatamente chiaro che le due banche non avevano un futuro stand alone, sia per motivi economici che reputazionali, e quindi stanno lavorando alacremente alla fusione dei due istituti per far nascere un'unica banca che prenderebbe il nome di Banca delle Venezie, ma vogliono approfittare dell'occasione anche per una profonda operazione di pulizia dei bilanci delle due banche, magari attraverso la creazione di una bad bank dove far confluire i non pochi crediti dubbi.
A questa operazione, il Fondo ha già destinato 938 milioni di euro e potrebbe utilizzare gli 1,7 miliardi del Fondo Atlante II non più utilizzati per le sofferenze del Monte dei Paschi, ma, anche con la trasformazione delle obbligazioni subordinate in azioni, non si giunge alla cifra di cinque miliardi di euro di cui le fonti vicine al dossier parlano. Lo sforzo residuo per lo stato sarebbe tutto sommato modesto e aggirarsi intorno a un miliardo di euro.
C'è poi la questione del piano industriale che dovrebbe utilizzare a pieno gli spazi aperti dalla forte ricapitalizzazione del Fondo per gli esuberi da 600 milioni di euro in tre anni, un'opportunità che difficilmente si ripeterà in futuro, nonché le evidenti economie di scala che si otterrebbero fondendo le due sedi centrali.
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