Dietro il calo dei listini statunitensi vi sono diverse componenti, non esclusa la crisi del debito in corso in alcuni paesi dell’area dell’euro, in primis l’insoddisfacente andamento del Non Farm Payrolls e la risalita per due mesi consecutivi del tasso di disoccupazione, ora al 9,1 per cento, dati che, insieme alla situazione tutt’altro che soddisfacente del mercato immobiliare, rafforzano i timori sulla lunghezza della crisi finanziaria e non a caso ad essere colpite sono le azioni delle grandi banche statunitensi che fanno compagnia ai colossi dell’energia da quando il prezzo del petrolio è calato di un buon 15 per cento rispetto al massimo di fase posto intorno ai 114 dollari al barile.
Ieri i listini europei e il principale indice giapponese sono andati in controtendenza rispetto alla chiusura di lunedì di Wall Street, seppure non con valori percentuali entusiasmanti, ma entrambe le aree economiche hanno rilevanti problemi da risolvere e difficilmente possono restare immuni al sentimento che sta influenzando gli investitori a stelle e strisce.