Su uno dei siti che più seguo, ho letto una bella intervista a un docente di economia che cerca di spiegare perché l'intonazione negativa o positiva di un mercato azionario tenda a venire riprodotta dai mercati che lo seguono, sulla scia dei fusi orari, ma devo dire che le spiegazioni che ne dà non mi convincono del tutto.
Quello su cui concordo è il ruolo di decision maker delle grandi compagnie di assicurazione delle banche più o meno globali, aggiungerei degli hedge funds, che creano un volume impressionante di scambi concentrati relativamente in poche mani.
Nelle quattro puntate del diario della crisi finanziaria dedicate alla potente e ancor più preveggente Goldman Sachs, avevo cercato di spiegare il ruolo di apripista di questa potente ex banca d'affari (ora è una commercial bank) nei mercati azionari, obbligazionari e delle materie prime, un esempio che viene seguito da molte entità concorrenti.
A fronte di questa nutrita pattuglia di grandi investitori, ci sono poi i piccoli e piccolissimi che sono nella maggior parte dei casi destinati a svolgere il ruolo di quello che un tempo veniva sprezzantemente chiamato il parco buoi, una definizione che è tutto un programma e che le cronache della tempesta perfetta ha visto spesso impantanato in mezzo al guado.