giovedì 23 giugno 2016

La Guardia di Finanza apre un faro sulla Popolare di Vicenza


Su mandato della procura della Repubblica di Vicenza che indaga sui reati di aggiottaggio  e ostacolo alle attività di vigilanza, un nucleo di ufficiali della Guardia di Finanza  ha operato martedì una perquisizione della mastodontica sede centrale della Banca Popolare di Vicenza per acquisire documentazione su quanto avvenuto nel triennio 2012-2015, gli ultimi ma più intensi anni dell'era Zonin conclusisi con una perdita miliardaria di 1,4 miliardi di euro e che darà il via alla nuova gestione che poi affonderà sull'aumento di capitale da 1,5 miliardi, aumento andato praticamente deserto e che aprirà le porte al Fondo Atlante che si sostituirà al mercato divenendo proprietario del 99,3 per cento del capitale post aumento, acquisendo le azioni a 10 centesimi contro i 62 euro a cui erano state collocate in un non troppo remoto passato.

Due erano i meccanismi adottati ai tempi della gestione Zonin, allora dominus indiscusso della banca, all'attenzione della vigilanza europea e di quella della Banca d'Italia che agisce come braccio operativo della prima e sono la manipolazione deliberata dei profili Mifid di circa 58 mila clienti della banca vicentina, mentre più interessante per comprendere gli sviluppi patrimoniali e reddituali dell'istituto di credito è l'altro meccanismo, quello che vedeva una sorta di patto scellerato che prevedeva prestiti a imprenditori sia locali che provenienti da fuori regione in cambio della sottoscrizione di azioni della banca, ovviamente proporzionato a quanto si riceveva senza troppa attenzione al merito creditizio del richiedente, a meno di considerare garanzie le azioni acquisite a quei prezzi stratosferici e che ben presto perderanno verticalmente di valore.

Non so quale sia stata la reazione del capo della vigilanza europea, Daniele Nouy, e della sua collaboratrice tedesca che segue da vicino il dossier delle banche italiane alle relazioni dettagliate del doppio meccanismo messo i piedi dalla banca veneta, ma è certo che raramente si sono trovate di fronte a una frode di queste dimensioni che vede classificati come investitori professionali casalinghe, pensionati e altri cittadini che a stento distinguono un'azione da una obbligazione, persone che hanno visto andare in fumo i loro risparmi, giungendo in un caso recente di cronaca a compiere gesti estremi, anche se le evidenze palmari emerse aprono la strada al risarcimento totale di quanto hanno investito.

Ma le vere sorprese verranno dall'intreccio incestuoso tra acquisto di azioni e concessione di finanziamenti poi finiti, in larga parte, tra le partite incagliate della banca, basti pensare al caso di Alfio Marchini che di milioni di euro ne deve alcune decine, per non parlare dell'oscura vicenda lussemburghese. Le perdite miliardarie della Popolare di Vicenda nascono in realtà dalla somma di centinaia di posizioni nelle quali il credito erogato nasceva sin dall'inizio come sofferenza, mentre le azioni acquistate dagli stessi soggetti diventavano carta straccia.


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