lunedì 9 giugno 2008

Guai grossi per UBS negli Stati Uniti


Non si è ancora spento il clamore per l’operazione degli sattori fiscali tedeschi nei confronti del plotone di contribuenti facoltosi che avevano deciso di bypassare le noiose e costose incombenze fiscali in patria e collocare i propri “risparmi” per complessivi 9 miliardi di euro presso gli istituti bancari dell’accogliente e poco formale principato del Lichtenstein, informazioni ricevute concedendo la bella somma di 5 milioni di euro ad un ormai ex dipendente bancario del principato retto da Alois in cambio di qualche migliaio di file, che viene ora dagli Stati Uniti d’America una vera e propria bomba che, ove fosse confermata, metterebbe maggiormente nei guai la già disperata UBS.

Secondo quanto rivela, infatti, il New York Times, quotiodiano non proprio secondario nel panorama della stampa statunitense, il colosso creditizio extracomunitario UBS avrebbe deciso di correre ai ripari rispetto ad un’azione giudiziaria in corso in Florida ai danni di un suo ex dipendente, accusato di aver permesso ad un contribuente USA di mettere al riparo dagli occhi del fisco statunitense una somma che va dai 200 ai 300 milioni di dollari, consegnando alle autorità federali una lista di circa 20 mila contribuenti in posizione analoga per una somma complessiva che viene molto prudenzialmente stimata in 20 miliardi di dollari.

Ricordo ai distratti che, almeno negli USA, è molto facile, a prescindere dalla dimensione della banca tempo per tempo coinvolta, vedersi ritirare la licenza all’esercizio del credito, come peraltro ben sanno le banche straniere che sono già incappate in questa decisione un po’ draconiana della Federal Reserve, una decisione che può riguardare l’intera attività creditizia o limitarsi a specifici settori di attività, un incidente che ovviamente non fa molto bene alla reputazione della malcapitata banca e che induce immediatamente le autorità di vigilanza del paese dove la banca in questione ha sede ad aprire dossier che, a volte, possono produrre ulteriori guai.

Anche se sembrerà incredibile ai più, la Confederazione elvetica ha dovuto penare non poco in un passato non troppo remoto per evitare di finire sulla famigerata black list dei paradisi fiscali, paesi per i quali è qualcosa di più di un sospetto da parte delle apposite agenzie dei paesi maggiormente industrializzati la non eccessiva severità nel trattare le ingenti somme legate al narcotraffico, alla criminalità organizzata, al terrorismo internazionale e, the last but not the least, alla corruzione, inclusione evitata solo grazie ad una ferma moral suasion del governo e della banca centrale nei confronti di banchieri che vedevano nel massimo riserbo e nella loro disinvoltura un must assoluto per garantire il proprio successo e quello delle banche da loro guidate.

Pur avendo i giudici della Florida deciso di non concedere l’immunità e di incriminare Bradley Birkenfeld lo scorso 13 maggio, l’ex dipendente di UBS che, in realtà, era più che altro un procacciatore di affari, pur in presenza di una ampia collaborazione resa dall’ex banchiere, collaborazione dimostrata mediante ampie confessioni che hanno messo nei guai il costruttore Igor Oleincoff, a sua volta reo confesso per il reato di aver mentito in relazione alla sua denuncia dei redditi per il 2002.

La decisione della potente e multinazionale UBS di collaborare ampiamente con gli inquirenti sta, peraltro, gettando letteralmente nel panico quelle decine di migliaia di clienti statunitensi che si erano fidati delle assolute garanzie di anonimato garantite loro da Birkenfeld e dagli altri dipendenti di UBS impegnati alacramente nello stesso tipo di attività ed avevano in passato deciso di utilizzare le possibilità loro offerte di portare ingenti somme nei porti sicuri offerti da paradisi fiscali o altre forme di deposito/impiego delle somme esportate, non senza un’apposita lettera che il dipendente/procacciatore provvedeva a far firmare come scarico di responsabilità nell’operazione dell’UBS stessa, manleva della quale è molto difficile ipotizzare che la banca svizzera.

Ricordo che il il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/