lunedì 16 giugno 2008

Ora i giornali si occuperanno finalmente dello scandalo bancario tra Italia e San Marino?


Non so se siano state le doti golfistiche di Herbert McDade a far pendere la scelta dell’ancora per poco onnipotente Chairman e Chief Executive Officer di Lehman Brothers, Richard Fuld, nei confronti del capo indiscusso del Fixed Incombe della blasonata ma alquanto disperata casa di investimenti newyorkese, promosso d’un colpo all’impegnativo ruolo di Chief Operating Officer, in sostituzione di Joseph Gregory, silurato ma mantenuto in azienda, così come è capitato, dopo solo sei mesi di incarico, alla bella e brava Erin Callan, l’ormai ex Chief Financial Officer rinviata alquanto brutalmente nell’ambito della divisione di Investment Banking ed ulteriormente umiliata dal fatto di essere sostituita dal suo un po’ anonimo numero due.

Certo, solo uno che gode del soprannome di Tiger Woods, sia per le performance sul green che nella sua attività professionale, poteva prendere sulle sue spalle quello che è indubbiamente l’incarico più impegnativo e rognoso esistente nel già non facile mondo dell’Investment Banking, così come in quello delle divisioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, ma, d’altro canto, McDade proviene proprio dal comparto di attività che è indubbiamente all’origine di buona parte dei guai attuali di Lehman e delle sue concorrenti, con il dovuto corollario che qualcuno ai piani alti della banca deve avere pensato che potesse anche essere l’uomo più indicato per tirarli fuori dai guai dopo che stasera (fuso orario europeo) dovrà affiancare il nuovo CFO in quella fossa dei leoni che sarà la sua prima conference call e nella quale dovrà illustrati i disastrosi risultati del secondo trimestre (il primo in rosso dalla quotazione nel 1984), ma, soprattutto, dovrà rispondere a tutte le domande che sono rimaste senza risposta nell’ultima performance di Erin.

Lasciando il magico mondo dell’alta finanza newyorkese ai suoi tanti guai, vorrei riprendere la vicenda che ho solo toccato di striscio ieri (pur dedicandole il titolo della puntata) e cioè lo scandalo meno ripreso dalla stampa nazionale italiana, quello relativo alla inchiesta denominata Alce Nero dagli inquirenti della procura di Forlì e nata in dicembre con una retata di dirigenti di banca e l’incriminazione per vari reati di un nutrito numero di imprenditori locali che si sarebbero avvalsi dei servigi di una banca romagnola monosportello a sua volta controllata dalla Banca Assett basta nella Repubblica di San Marino, il minuscolo stato incastonato sulla montagna del Titano che dalla metà degli anni Novanta desta le preoccupazioni e suscita indagini da parte della magistratura italiana e un’attenta vigilanza da parte della Guardia di Finanza.

Come ricordavo ieri, tutto è nato dal sequestro anonimo di in imprenditore che aveva appena prelevato dalla banca romagnola una ingentissima somma, pur non risultandone correntista, vicenda che portò poi a sviluppi molto diversi, in quanto si scoprì che la suddetta banchetta non era in realtà che un collettore di somme, tutte di provenienza italiana, che venivano portate al sicuro dagli occhi indiscreti del fisco, degli azionisti o degli invadenti familiari, o, come a volte potrebbe anche essere accaduto, di tutti e tre i soggetti in questione.

Letti i lunghi e circostanziati dispacci dell’agenzia ANSA diffusi in un tranquillo sabato di metà del mese di dicembre del 2007, ho aspettato, invano, di trovare paginate e paginate di giornali su quello che appariva anche a prima vista come un boccone ghiotto per la categoria dei giornalisti, più o meno economici, più o meno a vocazione investigativa.

Il fatto che, a prescindere dalle appartenenze di schieramento e della specializzazione, la notizia degli arresti e delle indagini non venisse riportata pressoché da nessun quotidiano nazionale destò già allora in me il sospetto che la vicenda avesse contorni molto diversi da quelli che apparivano e che ci doveva essere sotto un qualcosa di più sistemico, anche perché il metodo adottato dalla Assett ricalcava in modo impressionate quello che aveva reso famose tra gli imprenditori italiani banche di ben altra dimensione e che spesso avevano natura giuridica di diritto pubblico, anche se le stese disponevano di network internazionali di tutto rispetto, spesso composti da una fitta rete di filiali ed affiliate operanti in più continenti, oltre a vantare un posto di riguardo nel consesso delle banche internazionali.

Ma il mio stupore è vieppiù aumentato, quando, neanche dopo le dimissioni irrevocabili del governatore della banca centrale di San Marino (sic), i quotidiani e i settimanali italiani, dagli altri media è venuto un silenzio veramente assordante, hanno ritenuto che quanto stava accadendo sul suolo italiano fosse degno di interesse, un atteggiamento che in un mondo tutto sommato competitivo come quello dei media, non poteva non fare aumentare gli inquietanti interrogativi iniziali.

Devo ricordare che dedicai allora numerose puntate del Diario della crisi finanziaria alla vicenda ed all’atteggiamento apparentemente inspiegabile dei media, così come ricordo con piacere che, almeno a giudicare dalle statistiche fornite da Analytics di Google, la puntata più letta in assoluto in quei mesi è stata proprio quella dedicata al caso della piccola ma attivissima cassa monosportello romagnola.

Già allora, l’unica testata che si distinse per un blando interesse verso la vicenda era stato l’organo ufficiale della Confindustria, Il Sole 24 Ore, che, se non ricordo male, dedicò uno o due pezzi a quanto accaduto, una performance molto apprezzabile alla luce del fatto che tutti gli inquisiti svolgevano un’attività in qualche modo imprenditoriale.

Ma è stato solo sabato scorso che, seppur confinato nell’inserto Plus, il quotidiano ormai quotato in borsa ha deciso di rompere gli indugi ed ha dedicato un’intera pagina (quelle dell’inserto hanno un formato più piccolo di quello che caratterizza l’edizione normale) che riporta un articolo di Stefano Elli sull’inchiesta della procura di Forlì, accompagnato da una ricostruzione delle precedenti inchieste sull’attività non sempre irreprensibile delle numerose banche del Titano, dal crack Parretti-Florini, all’inchiesta Marmo Nero, dalle vicende che coinvolsero Wanna Marchi al crack Giacomelli, da Why Not all’improbabile agente segreto Scaramella, solo per citarne qualcuna e non dimenticando che personaggi come Gianpiero Fiorani, ex amministratore delegato della Lodi, e Massimo Faenza, a sua volta ex amministratore delegato di Banca Italease, hanno sempre considerato ospitali le molto accoglienti banche di San Marino.

Che la cosa avesse carattere sistemico sia a livello sanmarinese che italiano lo dovrà dimostrare il sostituto procuratore di Forlì, Fabio Di Vizio, ma sta di fatto che il magistrato ha emesso un ordine di esibizione nei confronti di 12 banche e 51 finanziarie di San Marino, un numero, guarda un po’, esattamente coincidente con l’intero sistema bancario del Titano, così come il numero delle finanziarie è esattamente pari a 51, mentre si ignora ancora cosa stia facendo il procuratore sul versante italiano, ma si sa che è attivamente affiancato dagli uomini della Banca d’Italia.
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Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/