giovedì 21 luglio 2016

Le debolezze strutturali del sistema bancario italiano


E' ormai da più di sei mesi, in pratica dall'introduzione del nuovo sistema di risoluzione delle banche in crisi e della sua parte principale: il bail in, chela Banca Central Europea, l'OCSE e il FMI hanno messo sotto esame le banche italiane, in particolare per l'ingente massa di Non Performing Loans, cioè i crediti deteriorati, giunti alla cifra di 360 miliardi di euro, un dato che fa da riferimento per l'intensissima attività della vigilanza della BCE che tiene sì conto del fatto che le sofferenze lorde sono pari a 200 miliardi di euro e che quelle nette sono di "soli" 85 miliardi e la ragione di questa scelta della Nouy, il capo della vigilanza, risiede nel fatto che si considera che in condizioni di forte stress le banche non sarebbero in grado di utilizzare i pur ingenti accantonamenti effettuati negli anni e rischierebbero di entrare in una crisi di liquidità, una fattispecie di cui abbiamo avuto una prova generale nei primi giorni di agosto del 2007 quando nel grande mercato interbancario europeo vi fu un blocco totale della liquidità e che costrinse la Banca Centrale Europea a inondare letteralmente il mercato di quella liquidità che mancava proprio perché le 53 banche che partecipano all'Euribor non si fidavano l'una dell'altra.

Su tutto questo ho speso numerose puntate del Diario della crisi finanziaria, ma va rimarcato che il conto delle banche "risolte" o salvate dal Fondo Atlante ha ormai raggiunto il numero di sei e altre, anche di grandissime dimensioni, traballano e questo ha indotto il Governo italiano a varare un fondo da 150 per garantire le obbligazione delle banche e sta trattando per ottenere una sorta di parentesi temporale nella quale sostenere le banche maggiormente in difficoltà senza incorrere nella normativa che vieta gli aiuti di Stato a questo come a tutti gli altri settori produttivi dell'economia italiana, il tutto sfruttando la situazione eccezionale che si è venuta a creare dopo la Brexit ed anche grazie alla recentissima sentenza della Corte di giustizia europea che apre uno spiraglio in tal senso e di cui ho parlato nella puntata di ieri.

Ma, come sta evidenziando il processo di ristrutturazione in corso del colosso Deutsche che, a differenza delle banche italiane ha piuttosto un gigantesco problema sui derivati, il problema non è solo quello degli NPL, ma quello della abnorme rete distributiva delle banche italiane, cioè la rete delle filiali e degli sportelli, e che sempre più appare ridondante a causa dell'enorme sviluppo dell'internet banking, sempre più utilizzato dalla clientela che, per la parte legata al contante, si avvale delle decine di migliaia di bancomat, che sono peraltro sempre più evoluti.

Facendo due conti e vista l'entità dei tagli messi in atto da Duetsche, i tagli occupazionali nel settore creditizio italiano dovrebbero essere nell'ordine delle 30 mila unità, mentre la chiusura delle dipendenze dovrebbe essere nell'ordine delle migliaia di dipendenze!

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