Alle orecchie di Padoan e di Renzi sono suonate come miele le parole concilianti sulle possibilità che l'Italia trovi un accordo con l'Unione europea sullo spinoso argomento del salvataggio delle banche italiane senza dover ricorrere ai meccanismi di risoluzione previsti dall'apposita direttiva europea, una direttiva che prevede il bail in, ossia la partecipazione degli azionisti, degli obbligazionisti e dei depositi per la parte eccedente ai 100 mila euro (in Italia, secondo la nostra banca centrale, ve ne sono per 425 miliardi di euro) il tutto entro il limite massimo dell'otto per cento del totale dell'attivo della banca in questione.
A pronunciare queste parole sono persone come Angela Merkel, come l'arcigno presidente olandese dell'eurogruppo, come lo stesso ministro tedesco delle finanze, tutte persone che fino a poche ore prima si trinceravano dietro il mantra dell'inviolabilità delle regole, pur avendo, in tempi assolutamente non lontani, utilizzato centinaia di miliardi di euro di fondi pubblici, cioè soldi dei contribuenti per ripianare le perdite delle banche olandesi e tedesche appunto, cosa fatta anche dai governi di altri importanti paesi dell'area euro, in particolare Francia e Spagna.
Poiché è molto improbabile che i suddetti personaggi siano stati illuminati sulla via di Damasco, credo proprio che siano stati invece convinti da considerazioni molto più prosaiche al limite degli interessi di bottega e che sono rappresentate da un lato dalle difficoltà incontrate da un numero crescente di banche tedesche a rispettare le dure previsioni della vigilanza europea presso la Banca Centrale Europea (è di pochi giorni fa la notizia che la Deutsche Bank avrebbe fallito gli stress test della Federal Reserve, cui è soggetta in quanto banca globale, e sia in attesa di quelli disposti dall'EBA, mentre è nota a tutti la difficoltà che sta vivendo la Landesbank di Brema), mentre, dall'altro lato, vi è un timore crescente di rischio di controparte per le loro banche derivante dall'eventuale default di qualche importante banca italiana, compresa tra le cinque che sono state sottoposte agli stress test il cui esito sarà noto il 29 giugno.
D'altra parte, il fatto che l'accordo sia pressoché cosa fatta lo dimostra la mossa del fondo Atlante che si è offerto di rilevare 10 miliardi di euro di sofferenze nette dal Monte dei Paschi di Siena, una mossa che esaudisce i desiderata della vigilanza BCE ma che apre il problema della ricapitalizzazione della banca senese per colmare le perdite derivanti dalla cessione.
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