Quella di ieri era la quattrocentesima puntata apparsa su questo blog, il che significa che sono più o meno 450 le puntate del Diario della crisi finanziaria da quando questa avventura editoriale ha preso il via in contemporanea sul sito della UILCA, su quello dei giornalisti free lance, Flipnews, e su Rosso di Sera, per non contare i numerosi siti che hanno deciso di riprendere le puntate da loro ritenute importanti, il che non può che farmi piacere, anche per la quasi sempre corretta citazione della fonte.
Ho rivisto proprio ieri, utilizzando il motore di ricerca, la puntata contrassegnata dal numero cento e mi ha colpito un passaggio nel quale mi dicevo stupito di avere raggiunto quella quota, anche perché, pur avendo abbastanza chiara sin dall’inizio la traiettoria della tempesta perfetta, ero anch’io assordato dal cicaleccio dei commentatori, degli analisti e dei giornalisti più o meno embedded ai vascelli o alle corazzate che solcano il grande mare del mercato finanziario globale, un manipolo molto folto di persone che vedevano la ripresa pressoché dietro ogni angolo ed irridevano alle lucide analisi di Nouriel Rubini e di pochi altri che, anche in presenza dei record della borsa di Wall Street nell’ottobre 2007, continuavano a ripetere che il peggio, purtroppo, doveva ancora venire.
Non pretendo di sapere quali fossero le motivazioni alla base delle certezze di Nouriel o degli altri economisti che osarono allora porsi al di fuori del coro, ma so bene perché sono stato costretto a farlo io, che per oltre un decennio avevo continuato, dal mio osservatorio costituito da un ufficio studi sindacale che coincideva più o meno con me stesso, a scrivere che la crescita esponenziale della finanza strutturata legata a quel mix davvero micidiale rappresentato dalla globalizzazione, dalla finanziarizzazione e dalla deregolamentazione selvaggia ci avrebbe condotti, prima o poi, dritti, dritti verso una crisi molto differente da quei sussulti che si erano susseguiti dal 1987 in poi.
Non riesco a dimenticare le facce dei delegati ad un congresso tenutosi in una località dell’Italia centrale in un freddissimo mese di gennaio del 1998 quando ebbero modo di ascoltare queste tesi, ma la sorte volle che a quell’assise assistessero anche buona parte dei banchieri di primo piano allora operanti in Italia e non credo proprio che condividessero quell’analisi, né tanto meno la critica di quella forma di mercato oligopolistica che tanto facile e redditizia rendeva l’attività delle banche e delle compagnie di assicurazione, una forma di mercato che non è poi tanto cambiata nei dieci anni successivi.
Non meno stupite, d’altra parte, erano state le facce dei miei colleghi e superiori presenti ad una riunione di quella che poi sarebbe stata una divisione di Corporate & Investment Banking, quando, intorno al 1993 esprimevo, da economista della sala cambi, le mie perplessità sulla crescita davvero esponenziale del mercato dei derivati, in particolare di quella parte definita over-the-counter, sintomo, a mio modesto avviso, della trasformazione già allora in corso di un’attività di per sé essenziale per l’agire economico in quella sorta di immenso casinò a cielo aperto che sarebbe poi scoppiato in modo alquanto deflagrante quattordici anni dopo soltanto per le crescenti dosi di politica monetaria accomodante via, via iniettate dal cattivo Maestro di Bernspan, Alan Greenspan, uno che non del tutto a caso prese il posto di Paul Volker e resse le sorti della Federal Reserve per diciannove anni, servendo sotto ben quattro presidenti degli Stati Uniti d’America, uno dei quali gratificato dal doppio mandato!
Non meno stupite, infine, erano state le facce dei redattori del quotidiano Il Manifesto, quando, nel corso della crisi dell’ottobre 1987, primo battesimo del fuoco per il Maestro Greenspan che salvò Wall Street inondando letteralmente di liquidità il mercato, esponevo più o meno le stesse idee, anche se allora erano certamente un po’ più confuse, per il semplice motivo che i fenomeni sottostanti erano in moto da pochissimi anni e avrebbero trovato una valvola di sfogo cinque anni più tardi nel mercato dei cambi, attraverso l’assalto congiunto di George Soros e compagni alla sterlina britannica e alla lira italiana, costrette, con perdite, a svalutare selvaggiamente e a uscire alquanto ignominiosamente dall’allora Sistema Monetario Europeo.
I meno attenti tra i miei lettori forse non ricorderanno che, in quel tragico settembre del 1992, Governatore della Banca d’Italia era Carlo Azeglio Ciampi e presidente del Consiglio, a causa del sopravvenuto impedimento giudiziario di Bettino Craxi, era il dottor sottile, al secolo Giuliano Amato, che si profusero in anatemi contro l’orrida speculazione che sono stati per me un utile guida per decifrare le dichiarazioni di Bernspan, di Paulson e compagnia cantante nelle prime fasi della tempesta perfetta che, ad onta dei loro convincimenti, fra meno di quaranta giorni compirà il suo anno e mezzo di esistenza.
Certo, i redattori alquanto ideologizzati di un quotidiano che, allora come ora, porta orgogliosamente nella testata la scritta ‘quotidiano comunista', erano più che giustificati nel loro scetticismo di fronte alle strane idee di un collaboratore assiduo della testata, anche perché parliamo di cose avvenute ventuno anni orsono, ma quello che mi ha stupito davvero è stata la difficoltà di comprendere appieno le cause della tempesta perfetta da parte degli economisti di professione e titolari di cattedra in prestigiose università italiane che mi sono trovato a fianco nel corso del convegno sulla crisi finanziaria e le sue ricadute sociali non più tardi di nove mesi fa, donne e uomini che, peraltro sono certo in perfetta buona fede, erano davvero convinti che le cose sarebbero tornate come prima nel giro di pochi mesi, anche se aveva già tirato clamorosamente le sue cuoia l’orso di Stearns e l’azione di Lehman Brothers aveva perso in meno di un’ora il cinquanta per cento del suo valore per un rumor proveniente dall’Indonesia!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ mentre gli atti del convegno sono esportabili dal sito http://www.uil.it/ nella sezione del dipartimento di politica economica.